America’s Cup e turismo “degli eventi”

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    L’amministrazione cittadina punta forte sui grandi eventi per rilanciare l’immagine della città. In realtà questi eventi non sono tanto “grandi” e non giustificano il mare di polemiche e chiacchiere che li circonda.

    Nelle ultime settimane si è parlato molto di America’s Cup. L’evento ha dato il là ad una resa dei conti politici ed è rimasto coinvolto nei venti che da mesi agitano la città. Tra chiacchiere e accuse tutti si sono sentiti in dovere di esprimere un’opinione, a volte a proposito, altre dimenticando l’oggetto della discussione. A Napoli, forse solo a Napoli, eventi sportivi prestigiosi ma in fondo limitati possono essere caricati nel bene e nel male di significati quasi mitici.
    Quattro giorni di regate sono diventate da una parte il crocevia per il rilancio dell’immagine e del turismo nella città, dall’altro la summa di tutti gli sprechi.

    Il caos di una città si vede anche da questo; pochi giorni di gare non trovano una giustificazione in sé, come succede in altre realtà normali, ma diventano nella propaganda di favorevoli e contrari “uno strumento di rinascita” oppure “un inutile spreco”, come se un paio di belle riprese televisive al golfo di Napoli durante le gare e qualche turista in più possano rilanciare la città o far male a qualcuno. Al solito, il senso della questione si è perso subito.
    La storia recente ha mostrato che i grandi eventi sportivi e culturali possono essere uno strumento di promozione dell’immagine di una città e di riqualificazione del tessuto urbano. Olimpiadi, Mondiali, grandi fiere, hanno sicuramente un impatto positivo nel breve periodo.

    Il numero dei turisti durante i giorni delle manifestazioni, inutile dirlo, aumenta in modo esponenziale; a questo effetto “momentaneo” si associano benefici più duraturi se la città è in grado di mettersi in mostra in modo convincente. Gli effetti a breve e lungo termine sul turismo sono accompagnati poi dagli investimenti materiali per la costruzione di strutture sportive o culturali, per l’ampliamento della rete infrastrutturale e per servizi di vario tipo. In questo caso si tratta di miglioramenti destinati a durare, anche se non mancano esempi di strutture inutilizzate o abbandonate alla fine dell’evento.

    Aumento del numero dei turisti nei giorni della manifestazione, (possibile) effetto propaganda a medio-lungo termine, investimenti in infrastrutture e servizi (sportivi e culturali, ma anche di trasporto, di manutenzione, ecc.): questi sono i tre palcoscenici sui quali va misurato l’impatto di un evento sull’economia della città. Se il primo è sempre presente – in proporzioni diverse – gli altri due sono più direttamente collegati alla durata e alla visibilità della manifestazione.
    Il caso di scuola per capire questo rapporto sono le Olimpiadi di Barcellona del 1992. Le risorse e la programmazione messe in campo dalla capitale catalana per i Giochi sono diventati un esempio di politica coerente ed efficace, con effetti a lungo termine.

    I soldi, da soli, non bastano; Barcellona è stata in grado di intervenire con investimenti mirati e duraturi, con l’attenzione rivolta alle Olimpiadi (quindi strutture sportive) ma la mente proiettata già in avanti, sull’obiettivo di rendere la città un polo turistico e un centro di affari (trasporti, alberghi, uffici). Il centro storico è stato “pulito” e riqualificato; il lungomare è tornato a nuova vita con strutture e servizi per i turisti; uffici, musei e alberghi sono sorti un po’ ovunque, dando alla città un’immagine moderna e accattivante.
    Agli inizi degli anni Novanta Barcellona era esclusa dai flussi turistici, con la miseria di poche decine di migliaia di presenza straniere all’anno.

    Nel 2010 la città catalana è diventata la quarta meta europea per numero di turisti, con oltre 10 milioni di “notti-letto” prenotate in un anno. I numeri parlano da soli.
    La retorica sui grandi eventi confonde le acque. Napoli non è Barcellona e l’America’s Cup non è comparabile alle Olimpiadi. Eppure su questi pochi giorni di retate sono state costruite polemiche infinite, che hanno le radici in problemi più seri e strutturali (viabilità, crisi economica, delegittimazione politica del sindaco) e hanno trovato nella gara un canale di sfogo.
    L’America’s Cup non toglie e non aggiunge niente al decadimento napoletano. Porta un po’ di turisti e foto in più da lanciare sui giornali, non ammazza i ristoranti abbracciandosi con la Ztl.

    I fondi per l’evento (si parla di cifre dai 15 ai 20 mln) poggiano in parte sulle risorse europee del FESR. D’altra parte non è a colpi di grandi (piccoli) eventi che la città e il turismo possono trovare ossigeno.
    I 4 giorni che stanno togliendo il sonno ai napoletani non sono il bene o il male assoluto. Sono fumo negli occhi per i problemi strutturali della città, che da lunedì prossimo ritorneranno, sempre gli stessi. L’unica Olimpiade alla quale Napoli può aspirare, adesso, è quella delle chiacchiere inutili.