L’attesa è finita: il prossimo 20 ottobre l’amministratore delegato di Stellantis, Antonio Filosa, incontrerà per la prima volta le organizzazioni sindacali a Torino. Un confronto richiesto da mesi e che arriva in un momento decisivo, soprattutto per il destino dello stabilimento di Pomigliano d’Arco, cuore produttivo del gruppo in Campania.
La fabbrica campana, dove nasce la Fiat Panda, pur essendo leader di vendite in Italia, da oltre un anno vive una situazione difficile: turni sospesi, cassa integrazione e un utilizzo ridotto della forza lavoro che coinvolge migliaia di famiglie. I sindacati hanno fissato con chiarezza i temi: garantire nuovi modelli ibridi a tutti gli stabilimenti italiani ed evitare che Pomigliano resti bloccata fino al 2028, anno in cui dovrebbe arrivare la nuova piattaforma “small”. Troppo lontano, avvertono le sigle, per un sito già messo a dura prova.
La Fim-Cisl, con il segretario Ferdinando Uliano, chiede un “vero piano industriale per l’Italia”, mentre la Uilm di Rocco Palombella e Gianluca Ficco insiste sulla necessità di tempi certi per la produzione. La Fiom, attraverso Samuele Lodi, sollecita risposte vincolanti, sottolineando che la sopravvivenza dell’automotive in Italia è una questione di interesse nazionale.
A complicare il quadro c’è anche la crisi della Trasnova, azienda di logistica interna a Pomigliano, che con la scadenza della commessa a dicembre ha annunciato licenziamenti per tutti i 288 addetti. Al tavolo convocato al Mimit, Stellantis non si è presentata, lasciando lavoratori e sindacati soli a chiedere almeno ammortizzatori sociali straordinari e la possibilità di un riassorbimento diretto da parte del gruppo.
La vertenza Trasnova è diventata il simbolo delle incertezze sul futuro dello stabilimento: senza logistica non c’è produzione, e senza un piano chiaro i lavoratori restano ostaggi di proroghe e cassa integrazione. La domanda che si ripete è netta: Stellantis investirà davvero in Italia o considera gli impianti nazionali un peso da gestire al minimo?