Pietro Esposito secondo posto al Festival di Napoli con “Sulo tu”. La musica tra sogni e progetti

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Un pezzo scritto a quattro mani con Michele Buonocore, il traguardo di Casa Sanremo. Pietro Esposito parla del suo futuro musicale tra tradizione e futuro.

Giovanissimo, Pietro Esposito a 21 anni ha già un bel bagaglio di esperienze per la sua età. Non aveva ancora diciott’anni quando insieme al suo gruppo, all’epoca i “Five Stories”, arrivava ai Boot Camp del talent X Factor, una delle tante tappe che aggiungevano esperienza a quella voglia di emergere non sempre facile da seguire. Nato nel quartiere di Barra, la voglia incontenibile di emergere, i miti da seguire come fanno tanti giovani tra Bruno Mars e Ed Sheeran. Pietro voce e chitarra, conquista a poco a poco quella fiducia che riesci ad ottenere non solo credendo in quello che fai, ma incontrando chi in quello che fai, ci crede veramente. E così proprio l’incrocio con Michele Buonocore segna la svolta, la tre giorni al Teatro Politeama per il Festival di Napoli, il secondo posto con il pezzo “Sulo tu” scritto con lui, sono l’incoraggiamento che dopo lo scioglimento della band, mancava.

“Ho conosciuto Pietro quando ancora era con i Five Stories- racconta Buonocore- era l’anima portante del gruppo, stile pop, molto inglese, mi ha colpito da subito. Ho cercato con la mia esperienza di far tornare in lui la voglia di rimettersi in gioco, dopo lo scioglimento della band e un momento di sfiducia. Venivo dalla vittoria al Festival di Napoli, del premio della Critica Internazionale Gianni Cesarini, e ho sentito l’esigenza di mettermi a disposizione del suo talento. Dovevamo trovare l’equilibrio giusto tra il sound napoletano e la voglia di aprirsi ad un suono internazionale, così con un mio brano scritto circa una quindicina d’anni fa a fare da matrice, abbiamo creato insieme “Sulo tu”, che ha vinto il secondo posto sorpassando i quasi 600 ragazzi in gara. La nostra collaborazione continuerà con la pubblicazione di un suo singolo, con la Future Artist, io sarò orgogliosamente al suo fianco, come collaboratore e anche un po’ come porta fortuna. È pieno di talento e ha permesso anche a me di trovare quel giusto mix tra tradizione e innovazione. Una boccata d’aria che mancava da vent’anni alla canzone napoletana”. È a Pietro che chiediamo di raccontare percorsi ed obiettivi dopo l’importante traguardo.

Pietro come convivono in te le radici napoletane e la voglia di un sound internazionale…

«Sono napoletano, la musica napoletana oltre ad essere riconosciuta internazionalmente è comunque quello che ho dentro. Le radici che ti formano, poi naturalmente c’è quello che coinvolge diversamente, un sound americano, inglese, ma esiste un modo per far convivere entrambi».

Come comincia il tuo percorso?

«Inizialmente da solo, poi insieme a un gruppo vocale. Eravamo cinque, due voci e tre chitarre, un progetto bello in cui credevamo tanto. Purtroppo non è andato avanti».

Quanto è difficile farsi spazio in questo mondo?

«Molto faticoso, soprattutto in certe realtà che non sempre aiutano. Trovarsi tra meccanismi oscuri poi è qualcosa che non sempre riesci ad accettare».

Insieme siete stati ad XFactor.

«Si, quattro conferme, standing ovation, poi alla seconda fase, quella dei Boot Camp ci siamo appena seduti e subito alzati. Come dicevo, certi meccanismi ti restano oscuri…»

Poi l’incontro con Michele Buonocore.

«Ci siamo incrociati proprio ai tempi di XFactor tramite un amico comune, Maurizio De Franchis. Dopo lo scioglimento del gruppo, abbiamo iniziato a collaborare».

Con lui avete scritto il pezzo “Sulo tu” vincitore del secondo posto al Festival di Napoli…

«È stato importante, un modo per dire che potevo farcela, per dimostrare che potevo farcela».

Tra qualche mese sarai a Casa Sanremo…

«Si ci sarò e sarà un nuovo trampolino di lancio».

Cosa vedi nel futuro prossimo?

«La musica sempre. È il mio modo di comunicare, di esplorare, crescere».

La musica come…

«Come linguaggio universale, per raccontarsi senza barriere, senza limiti».

Lavorerai ancora insieme con Buonocore?

«Sicuramente, ci sono progetti che ci legano professionalmente e umanamente».