Mezzogiorno di fuoco, di gioia e di musica: “Le Vie del gusto” alla Pizzeria Iervolino

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Sabato il viaggio delle “Vie del Gusto” è felicemente partito nel segno “musicale” della perfezione: i fritti, le pizze e la chitarra dello chef Gianfranco Iervolino; le musiche scelte come sottofondo da Mauro Lanzieri; il concerto fotografico “condotto” da Giovanni Sodano; le birre maliose del birrificio “Delle Cave”; la soddisfazione di Carmela D’Avino per il numero notevole dei convitati e per la loro corale allegria.

 

I “fritti” che hanno aperto il “mezzogiorno di fuoco” delle “vie del gusto” alla Pizzeria Iervolino rientrano a pieno titolo nella schiera dei “fritti” napoletani di cui Guglielmo Peirce scrisse che le friggitorie napoletane “vendono ai loro clienti qualche cosa che voi mangiate, che sentite in bocca, sotto i denti, ma che non esiste e che tuttavia vi sembra di vedere”. Se riconosciamo anche ai “fritti” la virtù che Brillat – Savarin e Peirce stesso attribuivano a tutti i “piatti” capaci di affascinare il gusto, e cioè la magica capacità di evocare immagini e di suscitare fantasie, bisogna dire che i “fritti” di Iervolino hanno acceso i fuochi e la luce della cordialità tra tutti i convitati, anche tra quelli che non si conoscevano, e si incontravano per la prima volta. Hanno contribuito al “miracolo” anche le birre del birrificio “Delle Cave” di Brusciano, il cui patròn, Marco Delle Cave, ha svelato la presenza del miele di castagno nella birra “Ribelle” e del mosto dell’aglianico di  “Fiore Romano”, fornito da Luigi Romano nella birra “Divina”: queste birre hanno reso lievi i sapori dei “fritti”, hanno purificato l’intensità del “fuoco” preparando la strada all’incontro con i tre tipi di pizza proposti dallo chef Iervolino: “salsiccia e broccoli”, “margherita” e “marinara”. Era fatale che l’armonia che si dispiegava nella sala richiedesse una musica vera: abbiamo mangiato i fritti sulle note “graffianti” delle canzoni di Renato Carosone scelte da Mauro Lanzieri e le pizze si sono simbolicamente “adagiate” sul letto musicale che Gianfranco Iervolino, talentuoso come pizzaiolo, ma anche come cantante, ha preparato traendo dalla sua chitarra le melodie affascinanti di “Carmela”, di “Era de Maggio”, di “Palcoscenico”. L’amore per la musica fa sì che Gianfranco Iervolino non possa sbagliare né un fritto, né una pizza, nemmeno se lo volesse: Salvatore Micera, figlio di Nicola detto “pallino”, preparava quasi ogni giorno i suoi “fritti” e le sue pizze per il grande musicista Mercadante, di cui conosceva a memoria le opere, e pareva che le sue mani si muovessero intorno agli impasti e sui ripieni ispirandosi ai motivi del Maestro. A Napoli anche le “voci” dei venditori ambulanti di “fritti” e di pizze parve a Cesare Caravaglios che avessero la struttura dei “canti a figliola”, con la nota finale strascicata, simbolo del gesto delle mani che stendono con accurata lentezza l’impasto. Lo chef Iervolino ha dichiarato che quando scrive un menù “ci tiene” a mettere insieme “cibi sensoriali, a portare in tavola i ricordi della famiglia”, a riscoprire i “prodotti della nostra terra”. Insomma, è stata una serata di sistemi musicali: la musica vera e propria, l’armonia del cibo, la dolcezza della cordialità, il fascino delicato e sereno della bellezza delle signore, l’avvolgente ritmo della voce di Sonia Sodano, bella presentatrice e raffinata regista della serata, la sinfonia dei loquaci silenzi e degli sguardi di Carmela D’Avino, soddisfatta di questa prima tappa del Viaggio lungo le Vie del Gusto e del numero notevole di amici che avevano detto sì alla sua proposta. Di tutto questo lascerà memorabile e raffinata testimonianza l’arte fotografica di Giovanni Sodano, che tante arti conosce e pratica con la genialità e l’emozione richieste dalla musica. Una nota storica. Nel ‘700 molti viaggiatori stranieri notarono che innumerevoli erano le taverne di Napoli, dei Campi Flegrei, del Vesuviano, che lì il vino scorreva a fiumi, su pasti luculliani, preparati da osti e da cuochi come se la cucina fosse un rito. Napoli era dunque una città “crapulona, orgiastica e bacchica”? Così si permetteva di presentarla qualche viaggiatore italico. Ed era una calunnia vistosa. Napoli, tra carestie, guerre, pestilenze e servitù, “trovava il tempo e il modo di eccitarsi, il tempo e il modo di essere allegra, sempre con squisito gusto artistico, quietando con un buon pranzo e affogando con vino generoso la sua millenaria tristezza….Tutto nelle taverne napoletane allietava la provvisoria, fittizia, euforica felicità di qualche ora: il festoso tintinnio dei bicchieri e l’allegro incrociarsi dei saluti, l’odore del ragù e lo sfrigolio delle fritture di triglie e calamari, il profumo dei vini, il suono appassionato di mandolini e chitarre, il canto.” (Giuseppe Porcaro). Certo, nelle taverne c’era e c’è la fittizia felicità di qualche ora: ma la pizza di Gianfranco Iervolino cancella, come per magia, il “fittizia” e lo sostituisce con “genuina, concreta e duratura”.