Già nel passato abbiamo tentato di spiegare perché è tradizione che l’8 maggio, giorno sacro al nostro Patrono, San Michele, noi Ottavianesi mangiamo piselli. Quest’anno raccontiamo qualcosa di nuovo: la storia del legume è lunga e complessa, è una storia verticale, perché, da sempre, il suo sapore conquista i potenti e gli umili, e inoltre tocca spazi importanti della cultura popolare. Quando c’è l’aglio non c’è “fattura che quaglia”.
Ingredienti: gr. 300 di piselli freschi già sgranati, 2 patate, gr. 150 di mozzarella, gr. 100 di prosciutto cotto tagliato a dadini, 3 cucchiai di grana padano, 1 spicchio d’aglio, una cipolla, olio, pepe nero, sale. In una padella, nell’olio, fate riscaldare moderatamente l’aglio e la cipolla tritata, aggiungete i dadini di prosciutto cotto, e dopo qualche minuto calate i piselli, che lascerete cuocere per circa 30 minuti. Negli ultimi 6 minuti di cottura unite ai piselli le patate, tagliate a tocchetti e già lessate “al dente”. Infine, disporrete su patate e piselli, dopo averli insaporiti con il pepe nero, le fettine di mozzarella e il grana padano, coprirete la padella, lascerete che la mozzarella si sciolga bene e servirete dopo pochi minuti (www.giallo zafferano).
In alcuni documenti del ‘700 San Michele viene invocato dagli esorcisti perché espella dall’anima e dal corpo dell’indemoniato gli spiriti del male, e a lui le folle atterrite dei fedeli si rivolgono perché venga in loro aiuto quando le acque delle cisterne diventano putride, quando le paludi esalano miasmi mefitici e quando sulle terre vesuviane si abbattono, prima e dopo le eruzioni, le micidiali e misteriose piogge acide, che rendono sterili la campagna, e forse anche le donne e gli uomini, come raccontano le “vammane”. E’ l’affascinante mistero dei “luoghi di forza”, che sprigionano energia: lo sono le grotte di Mitra e di San Michele, e i colli su cui i Bizantini e i Longobardi costruirono i santuari e le chiese sacri all’Arcangelo; lo erano i “temena”, gli spazi su cui i pagani innalzavano i loro templi e che venivano individuati, con riti complicati, da sacerdoti dotati di particolari poteri. I cristiani edificarono le loro chiese sulle rovine di questi templi per sfruttare non solo pietre e travi, ma anche il fascio delle forze che – anche i seguaci di Cristo ne erano convinti – venivano su da quei luoghi. E dunque San Michele ci protegge dal Vesuvio non solo per la facile analogia tra fiamme dell’Inferno e lave del vulcano, ma anche perché il cratere, le bocche, le lave e gli ammassi di cenere sono, per antica tradizione, “luoghi di forza”. E’ probabile che gli Ottavianesi abbiano collegato i piselli al culto dell’ Arcangelo, non solo perché a maggio iniziava la raccolta del legume e partiva un “mercato” importante per i contadini del territorio, ma anche per la convinzione, assai diffusa, che i piselli sono salutari per il corpo e per l’anima. Ancora negli anni ’60 del ‘900 le “zie” dei cortili di Ottaviano consigliavano di far mangiare pasta e piselli, e piselli con le uova, alle ragazze e ai ragazzi che si mostravano troppo irrequieti, tristi e malinconici, e a tutti coloro che trascorrevano notti agitate da sogni brutti e strani. I piselli, insomma, venivano considerati dalla cultura popolare l’esatto contrario delle fave, legume condannato come diabolico già dagli Egiziani e da Pitagora. Fino agli anni ’70 del sec.XIX i “signori” di Ottajano, durante la processione del Santo Patrono, facevano preparare in piazza San Michele e in piazza San Giovanni pentole piene di pasta e piselli, e ne offrivano un mestolo a coloro che seguivano San Michele: era, per così dire, un rito esorcistico collettivo, che mirava a liberare il popolo anche da certi “cattivi “pensieri diffusi, già prima dell’unità d’Italia, da pericolosi personaggi che osavano proporre la divisione delle terre demaniali tra i contadini e una più equa ripartizione dei tributi. Ma non tutti credevano nella capacità dei piselli di liberare gli Ottajanesi da questi terribili pensieri: i piselli piacevano anche al brigante Pilone e alla sua “comitiva”, e i “signori” di Ottajano non avrebbero mai dimenticato ciò che Pilone aveva combinato. Nel “piatto” di oggi c’è un cibo sicuramente “diabolico”, la patata. Ma oltre ai piselli c’è anche l’aglio, e con l’aglio non c’è “fattura che quaglia”.
(FONTE FOTO:GIALLOZAFFERANO)