Le ricette di Biagio: ‘o ppane ncarrozza. Era “’a marenna” degli ambulanti di via Toledo.

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Ippolito Cavalcanti, duca di Buonvicino, nel capitolo in lingua napoletana della sua “Cucina teorico- pratica” pubblicata nel 1847 (era la quinta edizione) dà la ricetta del “pane ncarrozza” fatto non con la mozzarella, ovviamente, ma “cu na fella de provola” che, messa in mezzo a due fette di pane, verrà prima “nfarinata” e poi “passata dint’a l’uovo sbattuto”. I venditori ambulanti di via Toledo compravano questa sfiziosa “marenna” alla “cantina di Verdone” che “metteva frasca” nel vico Campane a Toledo. Gli ambulanti di Toledo descritti da Francesco De Bourcard: gli imbrogli dei venditori di libri. In appendice l’immagine del quadro “Via Toledo” di Carlo Brancaccio.

 

Ingredienti: gr.400 di pane raffermo casareccio (8 fette per 4 persone); gr. 400 di mozzarella; 4 uova: olio per friggere; farina, 20 cl. di latte; sale. Liberare dalla crosta le fette di pane, tagliare la mozzarella a fettine e adagiarle sulla carta assorbente, perché si asciughino. Sistemare 4 fette di pane su un tagliere di legno, disporre su di esse le fette di mozzarella e poi ricoprirle con le altre fette di pane, come a formare dei sandwich. Mettere in una ciotola un po’ di farina, e acqua fredda in un’altra ciotola, far ruotare ogni “sandwich” prima nella farina, facendo in modo che vengano ricoperti anche i bordi, e poi nell’acqua: acqua e farina saranno la “colla” che tiene insieme i tre strati. E’ importante che la mozzarella, mentre si cuoce, rimanga all’interno delle due fette di pane.( L’immagine è presa dal sito “Giallozafferano”, la ricetta da “Enogastronomia.it).

 

Carlo Celano ci dice che via Toledo venne aperta tra lo Spirito Santo e il Palazzo Reale dall’architetto Ferdinando Manlio, per ordine del primo viceré Don Pietro di Toledo, da cui la via prese il nome. Ci dice De Bourcard (Usi e costumi di Napoli e contorni, 1853) che la strada era “talmente affollata, in ogni ora del giorno, che chiunque non è uso di stare in Napoli cammina siffattamente stordito in tale strada che corre rischio di trovarsi sotto i piedi dei cavalli, o schiacciato da qualche carrozza”. Era dunque fatale che Toledo fosse anche la strada dei venditori ambulanti. C’erano i cartolai “che con una risma di mediocre carta che comprano alla fabbrica del Fibreno e qualche pacco di penne tra le mani ti assordano gridando a piena gola: a sei fogli a grana.

Essi facevano concorrenza ai cartolai che tenevano bottega nella stessa strada. C’erano i venditori di fiammiferi e di “cerini fosforici” che erano conservati in una scatola: e spesso accadeva che “per qualche favilla di sigaro” tutto andasse in fiamme, e si accendesse anche la zuffa tra il venditore e colui che aveva provocato il danno. Sull’onestà di questi venditori di fiammiferi De Bourcard esprime un giudizio severo, accusandoli di vendere “la scatoletta” a poco prezzo solo perché in essa ci sono pochi fiammiferi. Cerchi di sfuggire a questi venditori e “ti trovi fra i piedi una cesta con una quantità di libri vecchi, avanzo di qualche editore fallito o di un sequestro fatto a povero studente”. Questi libri avevano tutti lo stesso prezzo, 5 grana a volume – 100 grana formavano un ducato – , ma c’erano anche i librai girovaghi che vendevano “ristampe di romanzi o di opere edite in altre città italiane e estere – furto letterario a cui non si potrà mettere fine nel nostro paese se non si provvede alla legge che garantisca agli autori il frutto del loro ingegno.”

Ma il primato delle vendite toccava ai “galantariari o chincaglieri ambulanti” che vendevano “forbici, temperini, stuzzicadenti, tabacchiere, rasoi, generi di profumeria, spazzole per gli abiti, spazzolini per i capelli e per i denti, posate, coltelli da tavola e lumi di notte”: insomma, “la grossa chincaglieria”. E se i loro fornitori alzano il prezzo della merce, essi fanno muro, non comprano nulla fino a quando i fornitori non riducono le loro pretese.

Quando i galantariari vendono la chincaglieria alla gente, chiedono in prima battuta una somma alta, per poi “restringersi a un terzo del prezzo che hanno chiesto”. “Essi vanno girando Toledo di giorno e di sera; entrano in tutti i caffè, si fermano dinanzi a ogni tavolino”, offrono la loro merce; “avrai un bel dire che non te ne fa bisogno, che non vuoi spendere danaro; essi allora incominciano a lodare l’oggetto che vogliono vendere, promettendo darlo a buon mercato; ma se alla fine non possono fare faccenda, conchiudono col chiederti il mozzicone del sigaro, che con rincrescimento devi staccare dalla bocca e darglielo”. Esiste ancora questo tipo di venditore ambulante? Io dico di sì.

(foto: giallozafferano blog)