La preziosa lezione di Luca De Filippo, originale interprete di Napoli città universale

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luca e Eduardo de Filippo

Luca De Filippo ha dimostrato che il teatro trova la verità nelle commedie di Eduardo e nei drammi di Pirandello, nelle opere di Beckett e in quelle di Pinter, e che Napoli è Napoli, ma è anche il modello di una universale condizione umana.

 

Toccò anche a Eduardo il difficile compito di liberarsi, come scrittore, come attore, come regista, del peso di essere figlio di Scarpetta, un dio del teatro napoletano: e nell’impresa non gli fu di nessun aiuto la diversità dei cognomi: tutta Napoli sapeva. Eduardo incominciò a muoversi sulla scena con uno stile tutto suo: tutta sua era la misura dei gesti, delle variazioni di voce, delle pause. Poi Eduardo incominciò ad ammirare Pirandello, e a prendere le distanze da un certo teatro comico francese, quello della pochade, con cui Scarpetta aveva contratto più di un debito, e, soprattutto, a forgiare una sua idea di Napoli e della lingua napoletana. Alla fine Eduardo contestò i critici che lo presentavano come scrittore di commedie: le mie sono tragedie greche, diceva. E ai suoi funerali Dario Fo disse, sull’arte di Eduardo, cose importanti: “..nel suo modo di usare l’arma dell’ironia come strumento di denuncia dell’ingiustizia non c’erano né rassegnazione, né rinuncia.. Eduardo adoperava il sarcasmo anche nelle scene più addolorate e patetiche, non poteva fare a meno di piantarci lo sganascio dell’ ironia.”: un’ ironia talvolta tragica, impastata di amore smisurato per Napoli, una Napoli concreta, reale, che non era metafora di niente: era solo Napoli. Dario Fo certificò che il teatro di Eduardo e quello di Scarpetta non solo erano distanti, ma si collocavano in due dimensioni assolutamente estranee l’una all’altra.

Eduardo parlava poco di Scarpetta, Luca De Filippo parlava spesso di suo padre, e di suo nonno. Del padre egli ha condiviso fino all’ultimo la battaglia per i ragazzi a rischio: dal 2008 era presidente della Fondazione “Eduardo De Filippo” e da poco, ha ricordato il sindaco di Napoli De Magistris, aveva accettato di dirigere la scuola de Teatro Stabile San Ferdinando. In tutta la sua carriera Luca si è confrontato senza sosta e senza paura con le opere del nonno e del padre, ma ha interpretato e talvolta diretto anche opere di Pinter Beckett Molière Feydeau Pirandello, è stato attore di film. Con lucida coerenza, e sollecitato da una passione smisurata per il teatro, Luca De Filippo ha cercato di realizzare un importante progetto culturale, “contaminare” stili e idee teatrali diversi, Feydeau e Pinter, Scarpetta e Beckett, alla ricerca di quel principio che unifica il comico e il tragico, e tutti le variazioni del ridere e del sorridere.

Quando, nel pieno della maturità artistica, interpretava le commedie di suo padre, nessuno in platea sentiva il bisogna di far paragoni tra la recitazione di Luca e quella di Eduardo: il figlio incantava letteralmente il pubblico pronunciando le battute con un ritmo particolare, che qualcuno ha definito “grottesco”, perché accelerazioni e lente dilatazioni vocaliche si alternavano magistralmente, in un rapporto suggestivo con gli effetti stranianti della mimica facciale, come se in ogni gesto e in ogni battuta Luca De Filippo si proponesse di “citare”, una alla volta, tutte le “maschere” che hanno costruito il teatro moderno, e di coniugare l’asciutto rigore del teatro di Beckett con la prolissità comica di certe “entrate” di Feydaeu. Qualche critico ha sostenuto che egli ha portato in scena, con una evidenza forse eccessiva, la sua visione pessimistica dell’uomo e della storia, e tutta l’ amarezza del disincanto. Altri, considerando anche i modi particolari con cui egli usava la lingua napoletana, ha ritenuto che Luca De Filippo vedesse Napoli come la metafora universale di un’umanità smarrita e delusa, e che proprio questa visione segnasse il punto di massima distanza tra lui e il padre. Questa lettura pare confermata dalla interpretazione che a partire dal 2003 Luca diede, sotto la regia di Francesco Rosi, di alcuni capolavori di Eduardo, in particolare della “commedia” “Le voci di dentro”.

Ma l’analisi del contributo che Luca De Filippo ha dato al teatro italiano è solo all’inizio. Il vuoto che egli lascia è abissale, ma la sua lezione di attore è un patrimonio non meno prezioso di quello lasciato da Eduardo De Filippo, il quale amava ricordare, citando Pirandello, che ogni interprete di un testo teatrale diventa coautore di quel testo. E per lo stesso motivo la Napoli di Luca De Filippo non è meno vera di quella di Eduardo, e forse anche della Napoli di Scarpetta. Noi tutti dobbiamo ringraziare Luca, perché ci ha sollecitati a guardarci intorno e a “vedere”, negli altri e in noi stessi, ciò che era nascosto, o che noi non volevamo vedere. E questo è il compito dei grandi attori. Non a caso, quando gli domandavano perché tutti amavano Eduardo, Luca rispondeva. “ Forse perché ha il coraggio di dire e di far vedere come stanno le cose”.