Il ruolo cruciale dello psico-oncologo per il benessere della persona malata di cancro e dei suoi familiari

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Il cancro è un’esperienza intensamente personale, traumatica e spesso isolante. Per decenni, l’approccio della comunità medica all’oncologia è stato un paradigma radicato quasi esclusivamente nelle scienze biologiche. L’attenzione era rivolta alla malattia come un’entità tangibile, un tumore da rimuovere chirurgicamente, una cellula maligna da colpire con la chemioterapia o la radioterapia. Questa strategia ha portato a notevoli progressi nei tassi di sopravvivenza, tuttavia ha inavvertitamente trascurato una dimensione critica della malattia: la persona che la sta vivendo. Il paradigma contemporaneo riconosce che il cancro non è semplicemente una patologia biologica, ma una crisi sistemica che colpisce l’intero individuo, toccando ogni aspetto della sua esistenza: biologico, psicologico, familiare, sociale, culturale e spirituale.

 

Una diagnosi di cancro è raramente solo un evento medico; è un cambiamento sismico che altera la vita. Mentre le conseguenze immediate e ovvie sono quelle fisiche—la fatica, il dolore, la nausea, la perdita dei capelli—gli effetti più duraturi e spesso meno affrontati sono quelli psicologici, emotivi, sociali e spirituali. Nel momento in cui una persona sente la parola “cancro”, il suo intero mondo interiore ed esterno viene profondamente scosso. Il suo equilibrio psicologico viene interrotto, il suo panorama emotivo diventa un mare in tempesta, la sua vita sociale può diventare fonte di stress e le sue credenze spirituali sono spesso messe a dura prova. L’esperienza può portare a una crisi fondamentale dell’identità. I piani di una persona, le sue aspirazioni e il suo stesso senso di chi è e chi è destinata a essere vengono improvvisamente messi in discussione. Il sé sano, con la sua chiara traiettoria e aspettative, viene bruscamente sostituito da un “sé paziente” la cui esistenza è ora definita, almeno in parte, da una malattia che mette a rischio la vita. Questo profondo cambiamento crea una forma di dolore anticipatorio, in cui gli individui piangono non solo la potenziale perdita della vita ma anche la perdita del futuro che si aspettavano di vivere. Questo senso di un futuro perduto, e la paura di un presente incerto, è un fattore che contribuisce in modo significativo agli alti tassi di depressione e ansia osservati in questa popolazione. Il cancro ha un profondo effetto a catena sull’intero sistema familiare del paziente. I propri cari vengono immediatamente spinti nel doppio ruolo di caregiver e sistema di supporto emotivo. Questo può creare immensi oneri emotivi e pratici per la famiglia, portando spesso a proprie sfide di salute mentale, esaurimento del caregiver e attriti nelle dinamiche familiari. La malattia del paziente diventa la malattia della famiglia.

I dati di recenti studi epidemiologici tracciano un quadro chiaro della prevalenza del Distress Emozionale, un disagio psico-sociale tra i pazienti oncologici. Questo disagio si manifesta lungo uno spettro, che va da quella che potrebbe essere considerata una reazione “normale” a una situazione grave, che include comprensibili fluttuazioni dell’umore, a veri e propri disturbi mentali che richiedono un intervento clinico. Il Distress Emozionale, forma negativa e debilitante di Stress che si manifesta come un’esperienza emotiva spiacevole, caratterizzata da sofferenza, ansia e una sensazione di sovraccarico e incapacità di far fronte alle situazioni è il principale costrutto psicosociale usato per indicare le componenti non somatiche (psicologiche, sociali e spirituali) dell’esperienza della malattia oncologica. Il Distress nei pazienti oncologici è un’esperienza che può influenzare negativamente la capacità di affrontare il cancro, i suoi sintomi fisici e il trattamento e quindi sulla qualità di vita. Inoltre, può influenzare l’adesione ai trattamenti e, di conseguenza, la sopravvivenza.  Il 30-45% dei pazienti sperimenta distress psicologico di grado moderato o severo, esso si esprime su un continuum che va da sentimenti di vulnerabilità, tristezza e rabbia e paura, fino a problemi che hanno come esito la depressione, l’ansia, l’isolamento e le crisi esistenziali e spirituali. (Ziegler, Hill et al., 2011; NCCN Guidelines distress management 2012). La prevalenza di queste condizioni può essere riassunta come segue:

Distress emozionale: 50% – 70%

Ansia clinicamente significativa ~30%

Depressione maggiore 20% – 35%

Il Distress Emozionale è considerato come il sesto parametro vitale in oncologia – al pari della temperatura, il respiro, il battito cardiaco, la pressione arteriosa e il dolore (Builtz & Carlson 2006); si evidenzia l’importanza del valore di questo parametro come screening di primo livello per condizioni cliniche gravi e complesse che necessitano di intervento psicologico e in alcuni casi anche di tipo psichiatrico. Il Distress deve essere riconosciuto, monitorato, documentato e trattato in tutte le fasi della malattia. Il NCCN raccomanda di utilizzare una semplice domanda con un test il Termometro del Distress di facile utilizzo e autosomministrato al paziente: “Qual è il tuo distress su una scala da 0 a 10?”

Cosa fare? Come affrontare questa complessa problematica? La risposta è: una cura integrale e integrata psico-oncologica.

La psico-oncologia è una branca interdisciplinare, nata negli Stati Uniti negli anni 50, presso il Memorial Sloan-Kettering Center di New York (sotto la guida dello psichiatra Sutherland,  che realizza il primo servizio autonomo finalizzato all’assistenza psicologica del paziente affetto da cancro), che si occupa degli aspetti psicologici ed emotivi legati alla diagnosi e alle cure del cancro, supportando pazienti e familiari in tutte le fasi della malattia (diagnosi, trattamento, remissione, cure palliative) per migliorare la qualità della vita, gestire ansia e stress e promuovere un equilibrio complessivo tra mente e corpo. La componente `bio` è il cancro stesso, il tumore, il suo stadio e le manifestazioni fisiche della malattia e del suo trattamento. La componente “psico” comprende il mondo interiore del paziente, i suoi pensieri, le sue convinzioni, le sue emozioni e i suoi meccanismi di coping. Ciò include la sua rappresentazione mentale della malattia, la sua percezione del proprio futuro e l’impatto della malattia sul suo senso di sé. La componente `sociale` riconosce l’ambiente esterno del paziente: la sua famiglia, i suoi amici, la comunità e l’accesso alle risorse. Uno psico-oncologo non si limita a trattare la depressione di un paziente in isolamento; valuta come quella depressione stia influenzando i sintomi fisici del paziente (bio) e le sue relazioni con la sua famiglia e comunità (sociale).

La disciplina della psico-oncologia non è, quindi, solo un’aggiunta o un “conforto”. È una componente essenziale della cura oncologica ottimale, spostando la disciplina da un servizio periferico e opzionale a una parte centrale e non negoziabile del piano di trattamento medico. In un modello veramente multidisciplinare, il team di cura—che include oncologi, infermieri, assistenti sociali, dietisti e psico-oncologi—si riunisce regolarmente per discutere il caso di ogni paziente. L’obiettivo finale di questo processo è la “co-costruzione” di un piano di trattamento. Il paziente non è un ricevente passivo della cura ma un partecipante attivo e potenziato nel proprio percorso di trattamento, in un processo decisionale condiviso responsabilizzante, aumentando il senso di autonomia e controllo in una situazione in cui spesso la persona malata di cancro si sente solo e impotente.

Dott. Giuseppe Auriemma

Medico Psichiatra Psicoterapeuta, ASL NA 1 Centro

Psico-Oncologo

Coordinatore SIPO (Società Italiana di Psico-Oncologia) Se