Le elezioni Regionali in Campania si sono concluse da qualche settimana. Tra i candidati sommesi – Mocerino, Guerra, Allocca, Demitry – nessuno di essi (chi in modo prevedibile, chi un po’ meno) è stato eletto in Consiglio Regionale. C’è un dato però di cui si parla sempre troppo poco, il dato dell’astensione.
Nei primi 30 anni di vita della nostra Repubblica, l’affluenza alle urne è stata del 93% e fino al 1994 non è mai scesa sotto l’86%. Poi il 75% nel 2013, il 73% nel 2018, fino alle ultime elezioni Politiche del 2022 alle quali ha partecipato il 64% degli aventi diritto. Alle più recenti elezioni Europee del 2024 ha votato addirittura solo il 48.3%. Spostando il focus sulle recenti elezioni Regionali, alla tornata di poche settimane fa in Veneto, Puglia e Campania, hanno votato il 43.6% degli aventi diritto. Una minoranza. In termini assoluti significa che oltre 7 milioni di cittadini (veneti, pugliesi e campani) non hanno partecipato al voto, il cui esercizio è definito come un «dovere civico» dall’art. 48 della nostra Costituzione.
Ormai il non-voto nel nostro Paese non è un caso isolato occasionale, ma una tendenza strutturale, un disinteresse preoccupante che non può non riguardare la tenuta democratica del nostro Paese. Nello “Spirito delle Leggi”, Montesquieu scriveva: «La tirannia di un principe in un’oligarchia non è pericolosa per il bene pubblico quanto l’apatia del cittadino in una democrazia».
Secondo gli ultimi dati Istat, tra il 2003 e il 2024 si è osservato un calo generalizzato della cosiddetta “partecipazione invisibile”, intesa come informarsi e discutere di Politica. Nel 2003, ad informarsi con regolarità di Politica era il 66.7% degli uomini e il 48.2% delle donne; nel 2024 sono diventati il 54.1% degli uomini e 42.5% delle donne. A non informarsi mai di Politica sono il 60.2% dei 14-17enni e il 35.4% dei 18-24enni. Degli oltre 15 milioni di cittadini con più di 14 anni che non si informano mai di Politica, il 63% lo fa per disinteresse, il 22.8% per sfiducia nella Politica, il 7.1% per mancanza di tempo da dedicarvi.
Sicuramente tanto dipende dalla scomparsa dei Partiti politici, un tempo organizzazioni strutturate e ramificate sui territori, con sezioni attive e capaci di formare e sfornare classe dirigente. Durante tutta la Storia della Prima Repubblica, gli iscritti ai Partiti politici rappresentavano oltre l’8% della base elettorale (gli iscritti solo di DC e PCI erano quasi 3 milioni), oggi non arrivano al 2%. L’annacquamento dei Partiti, la sfiducia verso di essi, l’incapacità di porre anticorpi ai diffusi fenomeni di corruzione e clientelismo, oltre l’impossibilità da oltre 30 anni di scegliere i propri parlamentari su base nazionale, sono sicuramente fattori che hanno contribuito ad allargare la forbice tra cittadini e impegno politico.
Allo stesso tempo, però, questo mancato impegno sembra andare in contrasto con un altro dato, la forte partecipazione attiva dei cittadini nelle attività di volontariato: il 9.1% della popolazione con più di 15 anni (circa 4.7 milioni di persone) ha svolto attività di volontariato in forma organizzata. Questo fa pensare che la motivazione del distacco dalla Politica vada ricercata nella qualità dell’offerta e perciò, di nuovo, all’interno dei Partiti. I cittadini devono sentire la responsabilità del voto, ma allo stesso tempo i Partiti devono essere in grado di offrire agli elettori una ragione per andare a votare, una prospettiva, una speranza, soluzioni concrete alle difficoltà quotidiane.
Se è vero che la Politica ha delle colpe, allo stesso tempo l’assenza di un’offerta politica degna non può essere l’attenuante degli italiani che non votano. La frase «se i cittadini non si interessano alla Politica, la Politica si interesserà comunque di loro» è proverbiale perché l’astensione non può rappresentare lo schiaffo all’incapacità delle istituzioni di comprendere e risolvere i problemi reali delle persone. Nel suo celebre discorso agli ateniesi, Pericle andò a dire: «Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile». Piuttosto, proprio l’assenza di una Politica con la P maiuscola dovrebbe rappresentare la ragione per battezzare l’inizio del proprio impegno di partecipazione alla vita Politica. Un’ondata di ex-astenuti che travolga Partiti e istituzioni, rinnovandoli e innovando le città, rinunciando al disimpegno, allo sconforto individuale e scoprendo forme anche nuove di impegno collettivo e di partecipazione attiva.
A Somma, la partecipazione al voto è scesa dal 60.8% delle Regionali 2020 al 51.6% di pochi giorni fa. Tra meno di 6 mesi si terranno le elezioni Comunali. Come ci arriveremo? Ci saranno elementi di novità nella discussione pubblica? Ci sarà una discussione pubblica o si ripeterà l’ennesima desolante e sterile raccolta di voti priva di contenuti? Cosa hanno fatto la Politica, i Partiti e il mondo civico per stimolare la partecipazione dei sommesi? Manifesti, accuse, risse continue, duelli all’ultimo sangue e accordi all’ultimo minuto. C’è spazio per qualcosa di sano che non chieda voti ma chieda solo il coraggio di una nuova riscossa civile? Oppure lasceremo che la discussione sia ancora una volta appannaggio dell’autoreferenzialità dei soliti noti? Come direbbe De André, «continuerai a farti scegliere o finalmente sceglierai?».
A cura di Giovanni Maiello



