Un mare di chiacchiere. La serie A dovrebbe chiamarsi “Petardi League” (la Repubblica). Oggi il commento ecumenico di Gianni Mura, ieri il realismo cinico di Brera. Quando responsabile delle bombe è tutta la società italiana.
I bombaroli e i lanciatori di pietre juventini e torinisti, il pugile Denis e gli “avvertimenti” di bergamaschi e di cagliaritani ai giocatori di cui sono tifosi non sarebbero riusciti a scuotermi dall’apatia in cui mi aveva indotto il solito “pasticcio” domenicale della Viola e del sig. Montella , se non ci fossero stati i commenti dei sigg. Tavecchio e Allegri: in attesa di quello che dirà la Litizzetto.
La quale Litizzetto, quando i tifosi olandesi devastarono alcuni monumenti di Roma, commentò: mica erano napoletani…Cosa volesse dire, non lo sapeva nemmeno lei. Il problema della signora è che è convinta di essere una principessa della comicità, e il suo amico Fazio Fabio le dà spago. Ma vi sfido a trovare, in tutte le trasmissioni di “Che tempo che fa”, una sola tirata della Litizzetto che non finisca in allusioni sessuali. La signora conosce solo questo schema comico: una monotonia insopportabile: il contrario della comicità.
Poiché non tollero il vittimismo, non mi permetto di dire: se la bomba carta l’avessero tirata i napoletani… Ma è certo che se l’avessero tirata i napoletani, nessun commentatore della carta stampata e della televisione si sarebbe fatto sfuggire l’ occasione saporosa per fare un “pezzo” di sociologia spicciola sulla violenza della “plebe” di Napoli e sulla fatale tendenza dei tifosi partenopei a trasferire in una partita di calcio l’aggressività che scorre nelle vene della città. Avrebbero riciclato, i giornalisti, le articolesse dedicate a Genny’a carogna: il quale fu il solo a pagare – ma era facile prevederlo – per la serata di Napoli- Fiorentina, segnata dal lutto per una giovane vita spezzata e dal disastro di immagine per il calcio italiano e per il sistema dell’ordine pubblico della capitale.
Invece, per i casi e per i casini di Torino le colpe e le responsabilità vengono spalmate su tutta la società italiana. Anzi, il presidente del Torino, con una ardita acrobazia logico-linguistica, ha detto che a Torino i guai li hanno combinati non i tifosi, ma i non tifosi. Il Sig. Allegri, che allena la Juve, ha detto: “Chi porta i bambini allo stadio è un folle”. E mi dispiace che Gianni Mura, sapiente del calcio, libero pensatore e allievo di Gianni Brera, abbia dato ragione al toscano: anche se subito dopo ha esortato lui e noi tutti a non rassegnarci, a convincerci che il vero folle è colui che va allo stadio “come andasse alla guerra”. (la Repubblica, 27 aprile).
Il guaio è che i tifosi non capiscono le prediche: lo stesso giornale di Mura, il giorno dopo, comunica che la serie A italiana è la “Petardi League”, che ci sono stati già 25 casi quest’anno, e che nelle curve degli stadi italiani è più facile far entrare delle bombe di carta che bottigline di succhi di frutta. Il sig. Tavecchio, presidente della Federcalcio, dice che a memoria sua questo è l’episodio più grave: ma è “una memoria corta” obietta, polemico, Gianni Mura. Che però non può pretendere che il sig. Tavecchio si ricordi, per esempio, dell’ottobre del ’79: allo stadio Olimpico di Roma un tifoso della Lazio fu ucciso da un razzo che partì dalla curva opposta e gli esplose in faccia.
Il sig. Tavecchio dice anche che il lancio della bomba carta a Torino è stato un gesto “eversivo”: eversivo, una parola grossa, che tira in ballo il ministro dell’interno, lo sfortunato Angelino Alfano, su cui pare che un dio irato si diverta, da qualche tempo, a scatenare tuoni, fulmini e tempeste. Ma non stuzzicate l’on. Alfano, non fategli perdere la pazienza: se no, lui è capace di dire quello che tutti sanno, ma che, detto dal ministro dell’interno, suona meglio, fa più effetto: e cioè che la testa della vipera è l’intreccio delle relazioni pericolose tra il tifo organizzato e le società di calcio. Ma poiché questo dente dolente non verrà mai estirpato, bisogna rispondere al blabla dei predicatori di circostanza con l’ironia.
Bisogna dire ad Allegri che i bambini vanno portati allo stadio oggi più di ieri, perché allo stadio capiranno subito, per analogia, che sono “sbarcati” in una società agitata da lanci non solo di razzi e di pietre, ma anche di cavolate di ogni genere: una società in cui la lealtà è dannosa, la fortuna ha in mano quasi tutte le redini e in molte partite l’arbitro fa l’arbitro e contemporaneamente gioca per una delle due squadre. Nell’intervallo della partita ai bambini bisognerà leggere lo scambio epistolare tra Gianni Brera e un tifoso di Bari. Il quale, avendo preso troppe botte in curva e essendosi convinto che la violenza negli stadi “era inestinguibile, poiché ci sono troppi deficienti per poterla vincere”, decise di non andare più allo stadio, e chiese a Brera cosa pensasse di questa decisione.
E l’inarrivabile Maestro diede una sontuosa lezione di verità: una verità cinica, come conviene che sia la verità. “Se il violento cretino si vede puntualmente celebrato dalle cronache giornalistiche, alla lunga finisce per sentirsi protagonista” e persevera nel vizio, per vanità. “ La bestia umana è molto complicata. Nella felice Italia si ammazza un uomo al minuto: che i morti allo stadio siano un paio all’anno mi sembra, tutto sommato, un fatto meraviglioso.”. Era l’ ottobre del 1986. Da allora ad oggi, che oceano di chiacchiere………