Cattelan ci dice con la “banana” che “il mondo dell’arte è una commedia” (N.Bellario)

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La notizia che “Comedian”, la “banana” di Cattelan, è stata venduta per sei milioni di dollari corre sui “social”, provoca commenti il cui tono si può facilmente immaginare e suggerisce imitazioni talvolta spiritose. Perciò è interessante capire qual è il “messaggio” che l’autore dice di aver affidato alla banana, cosa pensano i critici e qual è il programma dell’“arte relazionale”, di cui Cattelan è uno dei più importanti rappresentanti. La lezione di Duchamp e la “banana rosa” di Andy Warhol.

America”, un water d’oro, perfettamente funzionante, “costruito” nel 2016 per il Museo Salomon Guggenheim; “Him”, una statua che raffigura Hitler inginocchiato intento a pregare, venduta a 17 milioni di dollari (immagine in appendice); “Tre bambini impiccati”, tre manichini appesi ad un albero nel 2004, a Milano, in piazza “XXIV Maggio”; “l.o.v.e., libertà odio vendetta eternità”, titolo di un dito scolpito in marmo di Carrara, alto m.4, 60, collocato, nel 2010, su una base di quasi 7 metri davanti al Palazzo Mezzanotte, sede della Borsa di Milano (immagine in appendice): non dimentichiamo che Maurizio Cattelan è autore anche di queste opere, che hanno provocato polemiche chiassose. Cattelan fa parte, anzi è il massimo rappresentante, secondo Nicolas Bellario, di quell’ “arte relazionale” che porta l’arte fuori dai musei e sceglie come spazio l’intero “contesto sociale” (Nicholas Bourriaud).

Insomma, Cattelan prosegue spedito lungo la strada aperta nei primi anni del ‘900 da Marcel Duchamp il quale si definiva “anartista” e affermava che fare arte vuol dire prendere un oggetto già fatto (readymade), staccarlo dal luogo in cui normalmente è collocato, e, dichiarandolo un oggetto artistico, “esporlo” in uno spazio comunemente destinato all’arte: lui fece l’operazione con un water- orinatoio. La banana messa all’asta alla Sothebi’s era stata comprata poco prima presso un fruttivendolo, a 30 centesimi, e poi è stata venduta a quella cifra che, scrivono sul “Fatto quotidiano”, è un oltraggio alla miseria. Il compratore ha detto che si divertirà a mangiarla: ma Bourriaud fa notare che non potrà mangiarla, perché quando l’opera gli verrà consegnata, egli la troverà già fradicia e dovrà sostituirla con un’altra banana, seguendo le indicazioni dal manuale fornitogli dalla casa d’aste. L’opera, non per caso, si intitola “Comedian”, e i critici favorevoli a Cattelan dicono che ancora una volta egli ha voluto prendersi gioco del mondo dell’arte, e che continua “a mettere in scena la tragicommedia degli artisti contemporanei”. Lo ha scritto Jonathan Jones, critico del “Guardian”, e poi ha aggiunto: “Come ha detto Damien Hirst, i mercanti sono persone sgradevoli che vendono m….a a degli idioti. Cattelan ha continuato a battere per anni sullo stesso punto, ma in maniera più spiritosa”.

A me è piaciuto molto il commento di Jason Farago, critico d’arte del New York Times: “La banana richiederà di esser rimpiazzata, e Cattelan ha già suggerito ai fortunati collezionisti di sostituire il frutto ogni 7-10 giorni. Sul perché la banana di Cattelan abbia catturato l’immaginazione del pubblico, è questione che ha a che fare col prezzo e con l’impressione da ‘vestiti nuovi dell’imperatore’ che aleggia attorno alla classe internazionale dei collezionisti che sta adulando l’opera ad Art Basel. E ha anche qualcosa a che fare con il potenziale comico delle banane. Non credo che un ananas attaccato alla parete potesse suscitare lo stesso carico di viralità”. Farago conclude però rassicurando il pubblico: “non sei un filisteo senza speranza se trovi che tutto questo sia abbastanza assurdo. L’assurdità, e la frustrante sensazione che una cultura che un tempo incoraggiava opere di sublime bellezza e ora permette solo scherzi stupidi, sono il marchio di fabbrica di Cattelan”. Farago cita “I vestiti nuovi dell’imperatore”, una straordinaria fiaba scritta da Hans C. Andersen e pubblicata nel 1834. Questa fiaba merita un commento a parte perché sviluppa una “lezione di vita” valida ancora nel nostro tempo, e anche perché è una preziosa metafora dello stato in cui si trova oggi il mondo dell’arte, con i suoi artisti, i suoi critici, i suoi mercanti. In questo mondo cercheremo di entrare, almeno un poco, con una serie di articoli. La banana “metaforica” è diventata “oggetto” dell’arte del ‘900 prima ancora di Cattelan. Nel 1966 Andy Warhol fu spettatore di un concerto dei Velvet Underground, una rock band sperimentale che venne licenziata subito dopo l’esibizione, che agli organizzatori era apparsa volgare e banale. Ma Warhol fu conquistato dalla musica dei Velvet, iniziò a collaborare con loro e “disegnò” la copertina del loro primo disco. Vi disegnò una banana, che venne coperta con una buccia adesiva: tolta via la buccia, appariva la banana di color rosa: è facile immaginare quali polemiche abbia scatenato la chiara allusione sessuale.