Rotti i sigilli si continuano a scaricare rifiuti nell’alveo del Cavone. A nulla è valso il sequestro dell’area e il clamore nazionale.
Talvolta non sappiamo come si possa andare avanti nella vita facendo salti mortali con la propria coscienza. È vero che non siamo tutti quanti uguali e ci rendiamo conto che chi nasce tunno nun po’ addiventà quadrato ma allo stesso tempo continuiamo a chiederci il perché si faccia finta di non vedere certe cose, a maggior ragione quando queste ti si ritorcono contro.
I casi in cui ciò avviene possono essere tanti ma, al momento, perché ancora attuale, quello che più ci preme segnalare è quello della discarica a Santa Maria a Castello, in quel di Somma Vesuviana. Sì, lo sappiamo, è già arrivata la RAI a ufficializzare il suo stato, con i suoi canonici strombazzamenti e con tanto di elogio della forza pubblica ma a noi, che siamo testardi, la cosa non ci quadra e vogliamo insistere, perché, essendo presenti sul territorio, oltre a sapere come vanno certe cose, accantonate prima e dimenticate poi, vorremmo anche viverci in questi luoghi, con un minimo di dignità e soprattutto di salute.
In effetti, la discarica, in località Vallone di Castello quella che culmina nell’alveo Cavone in una cascata di ignobile e puzzolente monnezza, non è spuntata all’improvviso ma è il frutto rancido di anni di sversamenti abituali e questo a prescindere il fatto che nelle immediate vicinanze vi siano un ristorante e un dimora privata tutt’altro che abbandonati. Che sia servita anche a loro, la facilmente raggiungibile ed estemporanea isola ecologica? Non c’è dato saperlo ma possiamo immaginarlo!
Ma andiamo avanti, le forze dell’ordine, queste sì, sono intervenute, ma solo dopo la segnalazione di un privato cittadino al ministero dei Beni Culturali e Ambientali che, a loro volta, hanno contattato l’Ente Parco, che ha deciso finalmente di fare qualcosa, denunciare quello che era ben noto a tutti, tranne che a loro. Si potrà ora obiettare che se tutti conoscevano la discarica, perché si è deciso soltanto ora di accorgersene? Ignavia? Forse omertà imbottita di qualunquismo? Ma a parte questo, cosa ci voleva, per chi era deputato a vigilare sull’ambiente, ad affacciarsi, nei loro giri in camionetta, su quella bella balconata di monnezza? E lo stesso vale, a maggior ragione, per la polizia municipale, quella che il territorio ben conosce e soprattutto le sue vicissitudini ma anche noi, ben sappiamo da chi dipendono i nostri vigili e quanto la politica sia l’essenza del loro lavoro, soprattutto in periodo elettorale.
Probabilmente le elezioni avranno molto a che fare anche in questa caduta dalle nuvole di chi ha denunciato, ma per noi questo conta poco, infatti, nelle nostre peregrinazioni vesuviane non abbiamo potuto fare a meno di notare che il luogo in questione aveva i sigilli rotti e vi si continuava tranquillamente a sversare tutto lo scibile dell’umano rifiuto. Cosa avranno pensato di recintare con un esile e irrisorio nastro bicolore di plastica? E chi pensavano di fermare con un semi nascosto A4 plastificato che segnalava il sequestro di quell’area, visto che non c’era nessuno a vigilare il rispetto di tale ingiunzione? Misteri vesuviani!
Domenica scorsa, mentre scendevamo dal Somma, dopo aver partecipato a una giornata di pulizia dei sentieri che portano al Ciglio, la nostra curiosità ci ha spinti fin lì, fino al luogo del delitto e abbiamo visto ristoranti e pizzerie raggiungibili su un ricco tappeto di rifiuti, a pochissima distanza c’era l’ormai endemico eternit, sbriciolato qua e là come se niente fosse. Su questo sfondo, nella pineta, qualcuno svolgeva un servizio fotografico per una cerimonia; potere dell’inquadratura!
Forse è questo il nostro vero problema, abbiamo un immagine ridotta della nostra realtà, usiamo il teleobiettivo solo su quello ci interessa e quasi mai usiamo il grandangolo, a meno che non si voglia che il particolare si perda anch’esso nel generale.