RIAPRONO LE SCUOLE, RICOMINCIANO GLI SQUILLI

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    Per qualche giorno avevamo rimosso l”ansia delle albe agitate delle scuole. Da stamattina, invece, si riprende con la convinzione che sono gli squilli del telefono a dettare il futuro della giornata scolastica. Di Ciro Raia

    Si riprende. In verità, a parte i giorni delle feste comandate, non si è mai chiuso se non per studenti e professori. Si riprende col suono della campanella d’entrata. Ma non sono gli squilli prolungati, che mettono ansia! Sono gli squilli intermittenti del telefono a segnare di nuovo le albe agitate delle scuole. Quelli che annunciano una malattia, un impegno improcrastinabile, un giorno di L.104 (per chi ce l’ha) per sopraggiunti ed imprevisti problemi del familiare assistito, un ritardo per un ingorgo stradale e -se piove- per una maledetta interruzione della scorciatoia sterrata ma battuta da tutti i ritardatari.

    Non c’è differenza negli squilli del telefono: tutti uguali. A pochi minuti dall’inizio delle lezioni sembra -quasi sempre- un bollettino di guerra: sono assenti quattro professori, due bidelli, un assistente amministrativo e, se è una giornata nera, anche il segretario. Bisogna, allora, dividere le classi (c’è sempre chi ha da fare un compito in classe o ha un’aula troppo angusta e chiede di essere esonerato da eventuali responsabilità nei confronti di danni a persone), scrivere l’ordine di servizio per i bidelli (chi sta ai cancelli, chi sorveglia l’ingresso, chi provvede a spostare gli alunni nelle varie classi, chi controlla, contemporaneamente, corridoio, bagno e palestra), chiedere al superstite personale di segreteria di essere sollecito nello svolgimento dei propri compiti (che significa, almeno per una volta, rinunciare al rito del caffè del bar, alla sigaretta sul ballatoio, alle telefonate mattutine ai vari familiari ed amici).

    Madonna santa! Per qualche giorno avevo rimosso tutto. Mi cullavo ancora nei sorrisi, nei baci e negli abbracci dell’ultimo giorno di lezione prima delle vacanze. Gli auguri, sinceri o falsi che siano, non si negano a nessuno. Il tempo delle festività riserva antidoti per ogni tipo di veleno.

    Da stamattina, invece, si riprende. Il preside è un fascista. Sì, è un fascista e rompicoglioni, perché non fa fumare negli uffici (nostalgia dei tempi in cui si viveva in un impasto di afrori, nicotina e panini con la mortadella), ha vietato l’uso dei cellulari e quello delle macchinette da caffè sparse ai quattro angoli della scuola (sapientemente azionate dalle mani della bidella o della stessa professoressa), è stato poco comprensivo (sinonimo elegante di molto scorbutico, molto incazzato) alla richiesta di un giorno di malattia, è stato disumano nei confronti dei bidelli (come si fa sorvegliare, contemporaneamente, bagno e corridoio?), non ha avuto tatto col personale di segreteria (tutti hanno avuto o hanno un parente o un amico, che chiedono attenzione giornaliera!).

    Dopo, poi, l’angosciante suono della campanella si aggiungono gemme a gemme: il professore, solito incallito ritardatario, non intende accettare in classe tre alunni arrivati in ritardo; la professoressa di religione chiede un intervento perché la classe non ha fatto i compiti durante le vacanze (“Fai una ricerca sulla festa del Natale nel mondo”); la bidella del secondo piano è incavolatissima, invoca una ramanzina (mi era parso, però, che avesse detto una romanzina) perché già alla prima ora alcune ragazze hanno fatto richiesta di un assorbente (“e che è? A casa non avevano niente, a scuola subito hanno le mestruazioni?”).

    Intanto, ci sono già i genitori in attesa di essere ricevuti, con le loro querimonie: l’insegnante di lettere del corso P è un assente abitudinario; quello di strumento musicale prende troppi permessi di studio e se ne va, invece, a suonare con … come si chiama quel cantante? ora mi sfugge il nome; l’intervallo concesso ai ragazzi è troppo breve, non ce la fanno a consumare la colazione; l’intervallo concesso ai ragazzi è troppo lungo, si perdono preziosi minuti alle lezioni…
    Stamattina non piove; meno male! Altrimenti c’era anche da combattere con le infiltrazioni d’acqua, il lucernario senza sigillante, l’ufficio tecnico comunale, che sta, da alcuni anni, espletando una gara per la manutenzione degli uffici scolastici.

    Finalmente un momento di calma. Mi affaccio in sala professori. Che sbaglio! Sono bersagliato da domande a cui non so rispondere: a che età si potrà andare in pensione? E i sindacati che posizione hanno? Ma la liquidazione sarà in contanti o in titoli di Stato? L’insegnamento non è un lavoro usurante? Si affaccia anche un bidello, che reclama un incremento d’organico per il prossimo anno o, quanto meno, una richiesta per alcune unità di LSU (lavoratori socialmente utili), perché, per quello che si guadagna mensilmente, non vale proprio la pena lavorare (so che non c’è un costrutto logico ma è un costrutto consueto).

    – Colleghi, tra qualche settimana si chiude il primo quadrimestre… cominciate ad approntare le valutazioni, confrontatevi, tenete conto delle programmazioni, del Pof, della partecipazione degli alunni ai tanti progetti, ai Pon…
    – Ah, preside, lei vuole parlare per forza e sempre di didattica!

    Un paio d’anni fa, il settimanale “Io Donna” promosse una ricerca sui docenti delle scuole europee e sulle loro retribuzioni. Tra gli intervistati, un docente tedesco dichiarò che insegnava educazione fisica e matematica (prassi frequente) e che il suo stipendio dipendeva dal numero delle ore effettivamente lavorate; un docente spagnolo disse, invece, che il proprio stipendio non prevedeva scatti per anzianità ma aumenti rapportati al superamento di esami in corsi di aggiornamento professionale; un docente francese, infine, rivelò che era il preside a stabilire stipendi e incarichi (secondo la valenza personale) da assegnare, secondo il principio che più si era richiesti dalle famiglie degli studenti, più si guadagnava. Ancora utopie, dalle nostre parti, per le quali, però, non rinuncio ad esprimere almeno i desideri!

    Perciò, vorrei che dei lavoratori della scuola non si facesse di un’erba un fascio, vorrei che si riconoscesse la professionalità di chi lavora con scrupolo e sapienza, vorrei che si premiasse l’etica di chi è puntuale nelle presenze e negli orari; vorrei che il numero degli alunni per classe costituisse un ulteriore piccolo metro per la retribuzione… Invece, no. Tutti uguali, tutti sottoposti all’effetto della pialla, della cartavetro, del livellamento (in basso, del lavoro e del prodotto).

    Un giorno, negli uffici del vecchio provveditorato agli studi, ero alla ricerca di una soluzione condivisa (e legale) per l’assegnazione di ore di sostegno a un docente su cattedra orario esterna (su due scuole) e in allattamento (1 ora in meno al giorno). Io, in verità, mi preoccupavo della sorte (integrazione e sostegno) dell’alunno disabile. Un sindacalista, senza mezzi termini, mi invitò a non preoccuparmene troppo e mi ricordò che i diritti dei lavoratori, frutto di lotte e di conquiste, erano molto più sacrosanti delle mie preoccupazioni, come dire, pedagogiche. No, non ero in un altro paese; e non ero nemmeno in un altro tempo! Ero in Italia ed era il mese di ottobre del 2011.

    Ora dalla segreteria mi avvertono che, prima di denunciarmi per comportamento antisindacale, una delle O.O.S.S. di categoria chiede copia di tutta la documentazione riguardante la contrattazione integrativa d’istituto.
    Sì, si, preparatela. Se ne parla domani.
    Fortunatamente, il suono della campana sopraggiunge a decretare la fine della giornata scolastica (almeno di quella con la presenza degli alunni nelle classi).

    Ma chissà quanto guadagna un preside!
    Se qualcuno è interessato a saperlo, può collegarsi al sito di ogni scuola: ci dovrebbero essere, tra le altre cose, anche il curriculum vitae e il cedolino del (preside) dirigente scolastico.
    In ogni caso, sul sito della “mia” scuola queste informazioni ci sono.

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