La cultura dell”illegalità può avere come sponda anche la musica. Il business della musica neomelodica delle famiglie malavitose e l”industria delle cerimonie in provincia di Napoli. Di Amato Lamberti
Della camorra si può parlare da molti punti di vista anche se non bisogna dimenticare che si tratta comunque di una organizzazione criminale di stampo mafioso, tesa cioè più al potere che al denaro, nel senso che vuole governare il territorio sul quale controlla tutte le attività economiche, da quelle criminali a quelle legali. E per controllare il territorio non può fare a meno di controllare le articolazioni dello Stato, a partire dalle Pubbliche Amministrazioni, ma anche la produzione dell’immaginario che sul piano simbolico ne legittima l’esistenza e il potere.
A voler discutere della produzione, attraverso le canzoni neomelodiche, dell’immaginario della camorra si deve comunque tenere conto che si tratta di un fenomeno complesso nel quale vanno tenuti distinti, a mio avviso, diversi livelli o meglio “funzioni”, in quanto articolano modelli di analisi e strategie di comprensione. Nel dettaglio, bisognerebbe distinguere:
una funzione “musicale”, o espressiva;
una funzione, per così dire, “contenutistica”, del “significato” anche e soprattutto “simbolico”;
una funzione “identitaria”, che potremmo anche definire come livello proiettivo;
una funzione “commerciale”, il livello del prodotto- merce;
una funzione “imprenditoriale” dell’immaginario, che si rappresenta nelle “grandi cerimonie”.
Come hanno rilevato Marco Santoro e Roberta Sassatelli, in "La voce del padrino", le modalità di funzionamento sociale o psicosociale della musica non sono ancora chiare, né si ha una visione nitida dei mille modi in cui essa viene utilizzata e sfruttata nella vita sociale. Ma è certo e documentato che la musica è una risorsa che viene strategicamente mobilitata per produrre le scene, le routine, le situazioni che costituiscono la vita sociale. La musica accompagna gli eventi più importanti che scandiscono le biografie individuali e quelle collettive. Non c’è cerimonia o rito che non sia accompagnato dal suono di una voce o di uno strumento. La musica è un potente fattore di costruzione delle comunità.
Questo è tanto più vero per la musica “popolare”, in tutte le sue accezioni, da quella folklorica di tradizione contadina a quella di protesta delle periferie urbane degradate. In entrambi i casi la musica costruisce delle arene comunicative che si aprono a spazi sociali pubblici per interazioni comunicative che sono necessarie alla condivisione di significati e alla costruzione di identità collettive. Nel caso della camorra potremmo anche parlare di strumenti multimediali di fascinazione criminale, perché la cultura dell’illegalità può avere come sponda anche la musica: basta pensare a canzoni come " ‘o latitante" e " ‘o capoclan".
Il primo autore di testi neomelodici fu, verso la fine degli anni ’80, Luigi Giuliano, detto "Lovigino", boss camorrista del quartiere Forcella. Fu lui che organizzò la diffusione del genere in tutta la città utilizzando il circuito delle radio e delle televisioni locali oltre a quello delle "bancarelle" ad ogni angolo di strada. Da allora la musica neomelodica è diventato un lucroso business per le famiglie malavitose da alimentare con ogni mezzo. Tra i compositori più amati dai fan della musica neomelodica c’è Rosario Armani, paroliere per eccellenza del filone musicale a cui si è affidato anche il regista Garrone per il film Gomorra; il suo vero nome è Rosario Buccino, da anni latitante per reati contro il patrimonio. Una delle agenzie di promozione più importanti della canzone neomelodica è "Bella Napoli" il cui titolare Carmine Sarno, detto "o topolino", è fratello di Ciro Sarno, detto " ‘o sindaco", capo del clan Sarno, oggi all’ergastolo.
Tra i cantanti si possono ricordare Tommy Riccio, Nello Amato, Fabrizio Ferri & Marianna, Leo Ferrucci, Nello Liberti. Per avere una idea del successo dei video su Youtube basti pensare che " ‘o latitante" ha finora avuto 171046 visualizzazioni; "Sta vita fa paura", 222259 visualizzazioni; " ‘o latitante" è stato censurato da Youtube, ma è ancora reperibile in rete, dopo aver superato i 500000 contatti. Non tutta la canzone neomelodica è collegata ad organizzazioni criminali ma i contenuti rimandano alla "cultura" camorrista, anche se per molti giovani delle oscene periferie di Napoli rappresentano un modo per riscattarsi, almeno simbolicamente, dalla propria condizione.
Espressione musicale e significato si saldano comunque nella canzone neomelodica. È l’uso che delle canzoni viene fatto a definirne il significato sociale; è ciò che di essi si crede e i contesti in cui essi vengono inseriti a condizionarne la forza simbolica, la capacità di attrazione e la presa sui soggetti.
Nei territori della camorra, che sono spazi territoriali, ma soprattutto sociali e simbolici, la musica, le canzoni dei neomelodici, assumono la funzione di collante culturale finalizzato a costruire identità individuale e collettiva. I simboli della camorra sono quindi elementi costitutivi dello stesso fenomeno, della sua identità, delle identità di chi lo incarna, lo rappresenta, lo rende socialmente vivo. Ma nello stesso tempo la canzone neomelodica riesce a far emergere passioni e può diventare un veicolo potente per dare visibilità ad una certa subcultura urbana, quella delle periferie degradate e angoscianti, spesso criminali, anche al di fuori del suo territorio.
Ma la forma culturale della canzone ha un carattere che ben si presta alla mercificazione globale. Infatti, essa si giova di tecniche di produzione e distribuzione sempre più standardizzate che si possono anche saldare a business anche più estesi e articolati; possono diventare “impresa” e di un tipo tutto particolare, quello della “cerimonia totale”.
In tutta Italia è ormai invalsa l’abitudine a festeggiare anche con qualche lusso quelli che vengono considerati i momenti importanti della vita, la nascita, il matrimonio, primo fra tutti, ma anche altri momenti legati a liturgie religiose. Nel Mezzogiorno questa abitudine dà luogo a vere e proprie esibizioni di spreco economico finalizzate a rappresentare il potere della famiglia. In provincia di Napoli tali forme di ostentazione e di spreco raggiungono livelli spesso paradossali anche perché si è sviluppata una vera e propria "industria delle cerimonie" che permette, per così dire, di realizzare ogni sogno. Peccato che su questo business abbia allungato le mani la camorra.
Quello che impressiona della camorra è la sua capacità di trasformare in business ogni attività di cui si impadronisce. Entra nell’edilizia; non si limita a costruire strade, case, palazzi; si impadronisce del trasporto dei materiali, da quelli di costruzione a quelli di scavo; si impadronisce della produzione del cemento; si impadronisce di tutti i segmenti delle molteplici forniture necessarie alla realizzazione di ogni costruzione; diventa il dominus dell’intero comparto produttivo.
Il comparto produttivo delle cerimonie, dal battesimo al matrimonio, è un business che solo in Campania vale diverse centinaia di milioni di euro e alimenta una economia fatta di limousine a noleggio, di ristoranti e alberghi sontuosi, barocchi, monumentali, modello Sonrisa, di acconciatori, fotografi, cineoperatori, di catering pantagruelici, di orchestrine, di cantanti neomelodici. La cifra è sempre quella hollywoodiana anni trenta, il grande Gatsby ma anche Al Capone e il proibizionismo; basti pensare alle locations, all’arrivo in elicottero degli sposi, all’uso delle carrozze con cavalli per i bambini e le bambine.
La forza del modello è chiaramente simbolica. Una simbologia di potenza economica ma anche sociale e culturale. Dal punto di vista degli attori e dei partecipanti si copia il modello delle nozze “reali”, quelle che si vedono in televisione, nelle telenovelas come nelle “grandi cerimonie dei media”. Che la resa sia paradossale, di un kitsch esplosivo e onirico poco importa, riguarda noi che apparteniamo ad altra cultura, non loro che quell’evento l’hanno sognato e immaginato proprio a quel modo. Non parliamo quindi solo di cantanti e di canzoni o di un business che fattura centinaia di milioni l’anno ma anche della cultura che sta alla base di queste scelte e che si estende dal sottoproletariato fino al ceto medio di quell’hinterland “sfrantummato” che costituiscono i territori della camorra, intesa come organizzazione e come “spirito”, modo di vivere e di pensare anche i rapporti sociali oltre che la propria personale identità.
Se la musica è un mezzo per la costruzione della realtà sociale, il controllo sulla distribuzione delle risorse musicali diventa, a sua volta, una importante risorsa della istanza di potere della camorra sulle persone e sul territorio, anche perché si accompagna ad un business sempre più importante. Da notare che questo fenomeno locale è diventato globale grazie al proliferare dei social network: i videoclip amatoriali vengono diffusi soprattutto grazie a Youtube e di tutte le canzoni esistono molti video diversi.
Anche questa capacità della camorra di utilizzare le nuove tecnologie, le nuove mode soprattutto giovanili, è sorprendente e forse varrebbe la pena di approfondirne ragioni e caratteristiche.
(Fonte foto: Rete Internet)