Le elezioni regionali sono state vinte anche da quei capi politici che hanno dominato l”Italia: De Mita, Scotti, Di Donato. E sono state perse da chi per tre lustri ne ha imitato la pratica di governo.
Caro Direttore,
finalmente una Pasqua come Dio comanda! Una Pasqua di resurrezione. Una Pasqua nel segno della festa ebraica, nata per commemorare la liberazione dalla schiavitù dall”Egitto. A urne aperte, per Napoli e la Campania si aprono nuovi scenari e si preparano giorni di grande elaborazione di idee, di interventi, di attività destinate a trasformare una realtà sonnacchiosa se non proprio agonizzante in un elegante atelier.
Finalmente, la Campania felix si è liberata dal giogo ventennale (ma, forse, anche trentennale) di una vetusta classe politica e si è affidata a virginee, oltre che onestissime, figure di rampanti politici (“chi partecipa attivamente alla vita pubblica, alla pubblica amministrazione, alla direzione, al governo di uno Stato, di una città, dimostrando particolare abilità nelle arti del governo e nei maneggi diplomatici”, in S. Battaglia, Grande dizionario della lingua italiana, Utet) o, forse, di inossidabili politicanti (“chi si dedica all”attività politica senza disporre della necessaria preparazione o unicamente per soddisfare le proprie ambizioni”, in M. Cortelazzo e P.Zoli, Dizionario etimologico della lingua italiana, Zanichelli).
Il futuro della Campania felix è ora (o è ritornato ad essere), saldamente, nelle mani di Ciriaco De Mita (anni 82, esponente della vecchia Dc, ha ricoperto, negli anni, ruoli di responsabilità e potere in coalizioni di centrosinistra, centro e centrodestra), Enzo Scotti (anni 77, sindaco di Napoli nel 1984 e più volte ministro in governi di centrosinistra), Giulio Di Donato (anni 64, vicesindaco di Napoli nelle giunte Valenzi, vicesegretario nazionale del Psi di Craxi, ora segretario dell”Udeur di Mastella), Clemente Mastella (anni 64, ministro nei governi Berlusconi e Prodi) oltre che di mogli (Lonardo, presidente del consiglio regionale della Campania con Bassolino), di figli (Caldoro) e di nipoti d”arte (Gava).
Certo, chi è stato sconfitto sul campo non ha fatto niente per arginare lo tsunami delle urne. Arroccamento di posizioni, clientelismo, affarismo, familismo, trasformismo. Mica è poco? Oltre, naturalmente, a una sanità allo sfascio, alla nauseabonda questione dei rifiuti, alle omertà e alle faide di partito. Tutti fatti che hanno finito col vanificare quelle cose buone, che pure sono state fatte. Ma chi se ne frega! Il motto della nostra classe dirigente è crudo ma realista: “A un palmo dal mio culo fotta chi vuole”.
“C”è una frase di Truman Capote che spesso mi è girata nella testa in questi anni, vera e terribile: “Si versano più lacrime per le preghiere esaudite che per quelle non accolte”. Se ho avuto un sogno, è stato quello di incidere con le mie parole, di dimostrare che la parola letteraria può ancora avere un peso e il potere di cambiare la realtà. Pur con tutto quello che mi è successo, la mia preghiera, grazie ai miei lettori, è stata esaudita. Ma sono anche divenuto altro da quel che avevo sempre immaginato. Ed è stato doloroso, difficile da accettare, finchè ho capito che nessuno sceglie il suo destino. Però può sempre scegliere la maniera in cui starci dentro”. (Roberto Saviano, “La bellezza e l”inferno”, Mondadori, 2009).
Caro Direttore, penso che per la Pasqua ti aspettassi un contributo più dolce, quasi una pastiera. Ti capisco, ma proprio non ci riesco. D”altra parte, siamo ancora in piena settimana di passione. E la mia passione dura da troppo tempo; non certo quanto dura, però, quella della mia terra, della Campania felix, dell”Italia (“Ahi serva Italia, di dolore ostello,/ nave sanza nocchiero in gran tempesta,/ non donna di province, ma bordello”, [Dante, Purgatorio, Canto VI]), della nota Repubblica delle Banane.
È, il nostro, il paese del “Grande fratello”, non c”è da meravigliarsi. Il grande fratello è il condimento della nostra giornata, ci fa appassionare alle sciocchezze, ci fa vivere in diretta le liti dei protagonisti, i loro amori, le loro bugie, le loro ansie, le loro depravazioni. È tutto così bello; vuoi mettere il Grande fratello con queste assurde vicende trite e ritrite, che ci propina la società e la politica? “Il Grande Fratello vi guarda. Dentro all”appartamento una voce dolciastra leggeva un elenco di cifre che aveva qualcosa a che fare con la produzione della ghisa. La voce veniva da una placca di metallo oblunga, simile a uno specchio opaco:Quell”apparecchio, che veniva chiamato teleschermo, si poteva abbassare ma non mai annullare del tutto.”, (George Orwell, “1984”, Mondadori, 1950).
Come si fa a meravigliarsi, Direttore, se nella realtà quotidiana accadono le stesse cose che un Grande fratello porta fin dentro le nostre case? Lo so, è scandaloso ciò che sto per scrivere. Ma se i partecipanti al Grande fratello sono presentati sin”anche mentre fanno l”amore, perchè, poi, un amplesso non potrebbe essere ripetuto in una classe, come di fatto è avvenuto? C”è, sicuramente, da dire che l”insegnante presente nella scuola di Salò era un po” coglione; che, forse, interpretava la sua professione come un mestiere alienante (ma la logica della scuola-azienda non è questa?); che rispondeva alla necessità (burocratica) dell”interrogazione più che all”etica ed alla profondità dell”educazione.
Ma, in fondo, i ragazzi della II C della scuola media di Salò, non hanno fatto altro che riproporre ciò che la televisione ha riproposto, sin nelle loro camerette, più volte! Questo è veramente scandaloso! Anzi, ciò che è ancora più scandaloso, è che nessuna scuola, nessuna società, nessuna politica si sia mai preoccupata nè si preoccupa di offrire, proporre, presentare modelli per facilitare la scelta della maniera in cui stare dentro al proprio destino.
(Fonte foto: Rete Internet)