La Chiesa difende il diritto al lavoro. A ribadirlo è lo stesso Papa Francesco. Incontrando la plenaria del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, il pontefice ha ricordato il “diritto fondamentale al lavoro e l’accesso al welfare per tutti”.
Si fa un gran parlare, in questo periodo, dell’articolo 18. Anni addietro la nostra Commissione diocesana è intervenuta con un documento molto apprezzato per difendere i diritti acquisiti dei lavoratori. La politica, soprattutto quella attuale, ha sempre la capacità di spostare i veri problemi. E’ molto più “mediatico” parlare di riforme del mercato del lavoro che affrontare il vero ed unico problema: la mancanza di lavoro e, soprattutto, “come” creare lavoro. Questo deve fare la politica. Per questo i nostri governanti sono stati eletti e (ancora) strapagati. La Chiesa, particolarmente con Giovanni Paolo II ha riscoperto la “teologia” del lavoro.
Ma anche Papa Benedetto e Papa Francesco hanno ribadito il diritto-dovere del e al lavoro. Ultimamente lo ha ribadito con forza Papa Francesco, incontrando la plenaria del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, affermando il ” diritto fondamentale al lavoro e accesso al welfare per tutti”. Per il papa “lo Stato di diritto sociale non va smantellato e in particolare il diritto fondamentale al lavoro. Questo non può essere considerato una variabile dipendente dai mercati finanziari e monetari. Esso è un bene fondamentale rispetto alla dignità, alla formazione di una famiglia, alla realizzazione del bene comune e della pace”.
Così come “l’istruzione e il lavoro, l’accesso al welfare per tutti sono elementi chiave sia per lo sviluppo e la giusta distribuzione dei beni, sia per il raggiungimento della giustizia sociale, sia per appartenere alla società e partecipare liberamente e responsabilmente alla vita politica, intesa come gestione della res publica”. Poi Papa Francesco con chiarezza ha detto: “Visioni che pretendono di aumentare la redditività, a costo della restrizione del mercato del lavoro che crea nuovi esclusi, non sono conformi a una economia a servizio dell’uomo e del bene comune, a una democrazia inclusiva e partecipativa”. Il tema del lavoro è da sempre al centro del pontificato di Bergoglio che ha ribadito più volte che senza di esso “l’uomo non ha più la dignità”. Nel suo discorso Francesco ha puntato il dito anche contro l’odierno sistema economico dove “lo sfruttamento dello squilibrio internazionale nei costi del lavoro fa leva su miliardi di persone che vivono con meno di due dollari al giorno”.
Per il Papa “un tale squilibrio non solo non rispetta la dignità di coloro che alimentano la manodopera a basso prezzo, ma distrugge fonti di lavoro in quelle regioni in cui esso è maggiormente tutelato. Si pone qui il problema di creare meccanismi di tutela dei diritti del lavoro, nonchè dell’ambiente, in presenza di una crescente ideologia consumistica, che non mostra responsabilità nei confronti delle città e del creato. La crescita delle diseguaglianze e delle povertà mettono a rischio la democrazia inclusiva e partecipativa, la quale presuppone sempre un’economia e un mercato che non escludono e che siano equi. Si tratta, allora, di vincere le cause strutturali delle diseguaglianze e della povertà”. Anche Mons. Galantino, segretario CEI è intervenuto sull’articolo 18, che “riguarda il mondo del lavoro, i lavoratori, ed essendo un tema straordinariamente importante ritengo – ha detto – non lo si possa affrontare sventolando bandiere, attraverso la contrapposizione, perchè quella del “contro” è una categoria sterile, che alla fine potrebbe consegnarci, se solo frutto di compromesso, soluzioni a mezz’aria che non sono quelle che servono all’Italia, ai giovani, ai lavoratori”.
“Il rispetto del lavoratore – ha spiegato Galantino – non può e non deve essere affidato unicamente a regole e regolamenti. Perchè il datore di lavoro dev’essere prima di tutto una persona leale, che ama il bene comune, che rispetta davvero gli altri e la loro storia. Perchè se non lo è, io penso che non esistano regole o leggi che tengano”. “Ma vi siete resi contro – ha poi chiesto il vescovo – di quanti datori di lavoro, per licenziare al di là o al di fuori dell’articolo 18, si inventano fallimenti per mettere sulla strada la gente? Il problema non è solo la legge, l’articolo 18: è anche la formazione seria degli imprenditori, e cioè che siano veramente persone moralmente sensibili. Perchè se non si è sensibili al bisogno dell’altro, questa gente troverà il modo purtroppo di mettere sotto i piedi la gente, articolo 18 o non articolo 18. Mentre conosco tantissimi imprenditori, la stragrande maggioranza, che questa preoccupazione ce l’hanno. Per cui dobbiamo enfatizzare quello che di bello fanno questi”.
Mi sorge il dubbio che la “guerra” tra le parti, sull’articolo 18, nasconda qualche problema interno al PD e che il Presidente del Consiglio, ancora una volta, voglia spostare il vero problema. Meno slogan e più fatti. Oggi i nostri giovani stanno morendo di precarietà. Non bisogna aggiungerne altre. Il vero problema è la disoccupazione che è aumentata e il lavoro non c’è. Facciano presto e subito. Ma rispettando la dignità. Di tutti e di ciascuno.
ANNUNCIARE, DENUNCIARE, RINUNCIARE