Utenti indignati per aver ricevuto a casa le bollette pazze della Gori. Nonostante la gestione sia nelle mani di un privato l’acqua è, come sostiene il Magistero ecclesiale, un “bene comune” e “di tutti”, da gestire in modo “solidale”.
Noi cittadini siamo giustamente molto arrabbiati contro la GORI. Non bastavano le tante tasse da pagare. Ci mancava solo la GORI per un ulteriore salasso.
Ed allora è “rivolta” contro le “bollette pazze” contro la società che fornisce l’acqua a numerosi comuni vesuviani. Il motivo della “rivolta” sta nel fatto che la società che si occupa della gestione dei servizi idrici, ha inviato bollette ai cittadini con la dicitura “recupero partite pregresse ante 2012” e precisamente dal 2006 al 2011. Una richiesta che presenta molti dubbi di legittimità. E fanno bene i tantissimi cittadini, che, preoccupati si stanno rivolgendo alle associazioni dei consumatori e ai sindaci dei 76 comuni ricompresi nell’Ambito Ato 3 per chiedere chiarimenti. E’ una situazione che rasenta l’assurdo.
Tutti dobbiamo mobilitarci contro questa che è una vera ingiustizia. E’ nostro dovere salvaguardare gli interessi dei cittadini. Colgo l’occasione per ricordare le tante battaglie che hanno visto in prima linea anche la Chiesa locale, insieme ai tanti Comitati civici, per impedire il fenomeno della privatizzazione dell’acqua. La Chiesa ha sempre affermato “Il principio della destinazione universale dei beni si applica naturalmente anche all’acqua, considerata nelle Sacre Scritture come simbolo di purificazione. In quanto dono di Dio, l’acqua è elemento vitale, imprescindibile per la sopravvivenza e, pertanto, un diritto di tutti”.
L’utilizzazione dell’acqua e dei servizi connessi deve essere orientata, perciò, al soddisfacimento dei bisogni di tutti e soprattutto delle persone che vivono in povertà. Un limitato accesso all’acqua potabile incide sul benessere di un numero enorme di persone ed è spesso causa di malattie, sofferenze, conflitti, povertà e addirittura di morte: per essere adeguatamente risolta, tale questione deve essere inquadrata in modo da stabilire criteri morali basati proprio sul valore della vita e sul rispetto dei diritti e della dignità di tutti gli esseri umani. Ecco perchè l’acqua, per la sua stessa natura, non può essere trattata come una mera merce tra le altre e il suo uso deve essere razionale e solidale.
La sua distribuzione rientra, tradizionalmente, fra le responsabilità di enti pubblici, perchè l’acqua è stata sempre considerata come un bene pubblico. L’acqua è quindi un vero bene comune, che esige una gestione comunitaria, orientata alla partecipazione di tutti e non determinata dalla logica del profitto. Il suo diritto deve essere garantito anche sul piano normativo, mettendo in discussione quelle leggi che la riducono a bene economico. Dobbiamo, allora, tutti impegnarci e sostenere i movimenti, i comitati e le associazioni che mirano a salvaguardarla come bene comune e diritto universale, evitando che diventi una merce privata o privatizzabile. L’acqua è fonte di vita.
Privatizzare l’acqua significa diventare proprietari della vita altrui. Perciò l’acqua deve restare (o ri-diventare) pubblica. Chi la gestisce deve essere attento a non farne un oggetto di conflitto. Nel Messaggio per la “Campagna di fraternità 2004”, Giovanni Paolo II scriveva ai vescovi del Brasile: “Dono di Dio, l’acqua è elemento vitale, imprescindibile per la sopravvivenza e, pertanto, un diritto di tutti”.Anche Papa Benedetto XVI così scriveva: “All’origine di non poche tensioni che minacciano la pace sono sicuramente le tante ingiuste disuguaglianze ancora tragicamente presenti nel mondo. Tra esse particolarmente insidiose sono le disuguaglianze nell’accesso a beni essenziali, come il cibo, l’acqua, la casa, la salute” (Messaggio per la Giornata della pace 2007).
“La Chiesa ha una responsabilità per il creato e sente di doverla esercitare, anche in ambito pubblico, per difendere la terra, l’acqua e l’aria, doni di Dio Creatore per tutti” (Messaggio per la Giornata della pace 2010). Per il Magistero ecclesiale l’acqua è dunque un “bene comune” (cioè di tutti e non di una parte, di una multinazionale, di un gestore privato), “bene di tutti”, (e quindi non mercificabile) e va gestita in modo “solidale” (ovvero bisogna garantire l’accesso a questo bene essenziale a tutti, soprattutto ai più poveri e indigenti).
Una gestione privata dell’acqua violerebbe tutti questi principi inalienabili legati all’acqua. Purtroppo, nel mondo, tale diritto è precluso a un gran numero di esseri umani, ponendo un grave problema di giustizia. Un quarto della popolazione del pianeta, infatti, non ha accesso ad una quantità minima di acqua pulita, mentre oltre 2,5 miliardi di persone non hanno accesso ai servizi igienico-sanitari di base, determinando anche la diffusione di gravi malattie endemiche. L’acqua è un bene prezioso e la sua accessibilità è limitata; dobbiamo quindi imparare ad usarla con sobrietà e senza spreco. E’ impegno di tutti preservare e custodire questo grande dono di Dio, che S. Francesco definiva “et humile, et pretiosa et casta”.
(>Fonte foto: Rete Internet)
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