La stazione della Circum di Terzigno racconta antiche storie, che sembrano di oggi:

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1903- 1907: la storia della strada d’accesso alla stazione. Nel 1909 la rivolta dei contadini di Terzigno contro “il focatico” e la fuga in treno di un commissario di P.S. Nel 1912 la stazione San Giuseppe di Ottajano diventa San Giuseppe Vesuviano.

La Napoli- Ottajano – San Giuseppe, ferrovia a vapore e a scartamento ridotto di m.0,950, entrò in funzione nel febbraio del 1891; la prima locomotiva, costruita dalla Miani e Silvestri, si chiamò “Vesuvio”, come la locomotiva che mezzo secolo prima aveva inaugurato la Napoli-Portici.

Nel primo anno si effettuavano 9 corse da San Giuseppe a Napoli, e 9 da Napoli a San Giuseppe, su un tempo di percorrenza di circa 70 minuti: le fermate al casello 9, cioè a Guindazzi, e a Costantinopoli, cioè a Rione Trieste, erano “facoltative”. Giova dire che l’ultimo treno partiva da Napoli alle ore 21,15 e arrivava a San Giuseppe alle ore 22,31: oggi l’ultimo treno per Ottaviano parte da Napoli, quando parte, alle ore 20.

Nel luglio del 1901 la “Società Anonima per la Ferrovia Napoli- Ottajano” (capitale versato L. 1.800.000 ) assunse il titolo di “Società anonima per le Strade Ferrate Secondarie Meridionali concessionaria delle linee Napoli- Ottajano e Circumvesuviana” (capitale sociale versato L. 4.500.000): il Principe di Sirignano presiedeva il Consiglio di Amministrazione, e l’ing. Emmanuele Rocco era l’ Amministratore Delegato. Il 28 dicembre 1904 entrò in funzione il tronco San Giuseppe –Terzigno-Poggiomarino-Sarno e si realizzò così il progetto di collegare Napoli con l’agro sarnese attraverso il Vesuviano interno.

Nel 1912 il Comune di Ottajano non si oppose a che nella stazione di San Giuseppe il vecchio cartello “ San Giuseppe di Ottajano” venisse sostituito da un cartello nuovo: “ San Giuseppe Vesuviano”: San Giuseppe era Comune autonomo già da 20 anni. Quando si dice la burocrazia… Nel 1919 il Commissario Regio di Terzigno protestò perché l’orario invernale della ferrovia non teneva conto dei ritmi della vita a Napoli, dove il “movimento affaristico” cominciava non prima delle ore 11.

Ma torniamo all’inizio della storia. Già nel 1902 l’ing. A. Capuano aveva fatto notare quanto fosse pericolosa l’idea di costruire un “ponticello” sull’alveo Aponte “per rendere accessibile il piazzale della futura stazione di Terzigno”: sarebbe stato necessario “ridurre la luce dell’alveo”, con conseguenze catastrofiche: il rigurgito delle acque avrebbe devastato “le campagne adiacenti, con pregiudizio diretto e indiretto dei fabbricati”, e poiché nelle piene i torrenti vesuviani trasportano tronchi, rami d’albero e pietre, la furia dell’alveo avrebbe potuto “produrre perfino lo scalzamento del ponte”.

Gli amministratori di Ottajano, irritati da questi ragionamenti da iettatore, affidarono l’incarico di progettare la strada d’accesso alla stazione all’ing. Luigi Ragosta, che teneva studio in Napoli, a via Tribunali 169. E così incominciò una giostra di delibere, di note, di raccomandate e di ingiunzioni tra il Comune di Ottajano, il Corpo Reale del Genio Civile, la Prefettura, la Sottoprefettura di Castellammare, e la Società della Ferrovia: non mancarono gli interventi dell’ on. Guarracino, che comunicava le sue mosse con “pizzini” su carta intestata della Camera dei Deputati (vedi foto).

A un certo punto il progetto del Ragosta si perse tra i fascicoli degli uffici, e quella strada d’accesso alla stazione di Terzigno divenne un incubo. Il 4 maggio 1905 l’ amministratore delegato della Circum, ing.Rocco, scrisse al sindaco di Ottajano: “Malgrado le reiterate insistenze fatte da questa Società, malgrado le continue promesse fatte da questa Amministrazione Comunale niente è stato ancora fatto circa la costruzione della strada di accesso alla nostra stazione di Terzigno. Un tale stato di cose ha fatto sì che la detta stazione trovasi in condizioni talmente anormali, che il Real Ispettorato delle SS.FF. minaccia persino la chiusura dell’esercizio.”.

Se ciò fosse successo, il Comune di Ottajano sarebbe stato chiamato a pagare i danni.
Una nota dell’ Ufficio Espropriazioni della Società Meridionale di Elettricità ( 25/11/1904) ci illumina sul “ dietro” del problema. Per aprire la strada bisognava espropriare vaste porzioni di “campagna”, e i proprietari – due di essi erano stati consiglieri comunali- si opponevano con ogni mezzo. L’eruzione del 1906 smontò le resistenze e risolse il problema.
Questa strada e il piazzale della stazione furono, il 20 luglio 1909, il teatro della rivolta dei contadini di Terzigno contro l’ordinanza del Regio Commissario di Ottajano, che, per porre riparo ai “ danni vesuviani”, istituiva una “sovrattassa del focatico di 20 centesimi”.

Le carte non dicono tutta la verità: gli abitanti di Terzigno si agitavano da mesi, esacerbati dal sospetto che i cospicui fondi stanziati dal governo per la ricostruzione di Ottajano devastata dall’eruzione fossero stati ripartiti dal gen. Durelli in modo poco equo, a quasi esclusivo vantaggio degli ottajanesi del Centro Abitato. L’ordinanza dei 20 centesimi appiccò il fuoco alle polveri: i contadini occuparono la piazza “del Terzigno” e bloccarono con carri e pietre via Passanti. Una guardia campestre corse ad Ottajano, e diede l’allarme precipitandosi nell’ufficio del vice- commissario di P.S. cav. Ussani.

Le carte d’archivio sull’ “affare” Cuocolo ci descrivono l’Ussani come un funzionario orgoglioso del suo ruolo: indicavano questo suo orgoglio una certa eleganza nel vestire, la sicurezza di sé, e il bastone di giunco di Malacca, da cui non si separava mai. Il cavaliere decise di affrontare di petto il problema: scese alla stazione di Ottajano, salì sul primo treno utile e sbarcò a Terzigno: lo scortavano solo la guardia campestre e quattro carabinieri: egli credeva che una scorta più corposa avrebbe eccitato gli animi dei rivoltosi.

Ma come esce nel piazzale, capisce che gli animi sono già eccitati al massimo grado: i contadini, “brandendo mazze, forconi e randelli, e vociando tutti gli abbasso che venivano alle loro labbra” (così scrisse un giornalista), circondano il vice- commissario, e “i più temerari sballottano di qua e di là” lui e la sua scorta, i carabinieri reagiscono, i facinorosi retrocedono, ma solo per “iniziare una fitta sassaiola”. In quel momento arriva in stazione, da San Giuseppe, il treno n. 148; il capotreno Michele Solimene, resosi conto della situazione, invita l’ Ussani, la guardia campestre e i carabinieri e salire subito in carrozza.

I cinque battono saggiamente in ritirata. Il capotreno ordina l’inversione di rotta e il treno riporta a Ottajano i cinque, salvi e quasi del tutto sani: graffi e ammaccature non sono preoccupanti. Nulla sappiamo sul destino della canna di Malacca del vice-commissario.
La giornata finisce come è facile immaginare: accorrono a Terzigno, da Napoli e da Castellammare, 30 carabinieri e una squadra di agenti di polizia, vengono arrestati “i più temerari”, una ventina: torna la calma. Ma è una calma apparente.
(Foto: Mimmo Paladino, Cratere, magma, lapilli, olio su tela)

LA STORIA MAGRA