I fatti della cronaca e le parole di Renzi fanno capire qual è l’Italia progettata dallo sconcio neoliberismo che accomuna il berlusconismo,il PD,i salotti del Capitale d’Assalto, e la casta, che ha saputo legalizzare per decreto i suoi reati.
Nella puntata di “Report” del 26 ottobre, intitolata ” Fammi un favore”, la Gabanelli ha ricostruito le storie dell’Expo di Milano e del “Mose” di Venezia: due macchine colossali, pensate e realizzate anche per distribuire agli amici e agli amici degli amici quintali di danaro nostro, sotto lo scudo di leggi approvate all’unanimità, e in un lampo. Nella rete smisurata delle mazzette sono rimasti impigliati i controllori, i controllati, magistrati, dirigenti, uomini in divisa. Si è scoperto che Venezia e Milano sono popolate da ciechi e da muti: chi doveva vedere e parlare, non vedeva, e se vedeva, non parlava. Al confronto, certi mafiosi sono puri e schietti come ragazzini il giorno della Prima Comunione.
Luca Trada, della Rete No Expo, spiega a quelli di “Report” che il terreno su cui è stato allestita l’Esposizione è una proprietà privata, appartiene a un membro del Comitato promotore, e il membro ” è legato” a un ministro in carica(> Il sussidiario.net del 26-27 ottobre conferma che ho sentito bene). Aggiunge il Trada che è previsto dagli statuti che una manifestazione di tale portata venga allestita su suolo pubblico. Ma le leggi esistono per essere modificate. E infatti c’è una legge che consente a un unico soggetto di occuparsi degli appalti del “Mose” e di >decidere se e a chi affidare i subappalti, senza gara. A chiamata diretta. Ride il sig.Galan, il Doge, il Presidente della Regione Veneto, respingendo, in un primo momento, la proposta di patteggiamento, poichè solo i ladri patteggiano. Poco dopo accetta di patteggiare. Quella “risatella” non la dimenticherò più. Un giorno potrei incontrarlo, questo tizio dal tristo sorriso, e fargli un’intervista per il nostro giornale, e chiedergli di spiegarci che significava quella “risatella”….
La confortante serata di “Report” è stata conclusa degnamente da Grazia Mannozzi, docente di diritto penale, che ci ha ricordato che i ladroni del “Mose” e di altri consimili macchine costruite per succhiare soldi, hanno patteggiato, e perciò passeranno qualche mese ai domiciliari nelle loro ville: poi, avendo scansato l’interdizione dai pubblici uffici, potranno ricandidarsi. E mi par giusto: i ladroni esperti valgono tanto oro quanto pesano. La loro esperienza va tutelata, migliorata, se è possibile, e tramandata. A questo punto, mi pare che la devastante imperfezione della democrazia italiana sia provata anche dal doppio ordine legislativo: ci sono le leggi per “noi”, ci sono le leggi per “loro”, che lor signori hanno approvato e continuano ad approvare, a Roma e nei consigli regionali, per tutelare i propri interessi, per rendere legali atti che, se fossero compiuti da “noi”, sarebbero reati, e reati anche gravi.
Chi pensa che il sig. Renzi abbia il compito di demolire il PD compie un errore di prospettiva storica, confonde la causa con l’effetto. L’abominevole connubio tra il PD e i berlusconiani è stato celebrato, nei santuari dell’Expo , del “Mose” e nei sacrari affini, da Bersani, da Monti e da Letta nipote, perchè così aveva ordinato il Capitalismo d’ Assalto. Renzi è figlio di questo matrimonio, è un Berlusconi in maniche di camicia, stradaiolo, bagnato nella salsa di Fucini più che di Collodi, un furbo a cui i maghetti e le fatine hanno detto di parlare parlare parlare: e lui parla parla parla, si ingegna, baroccheggia, e infine paragona chi difende l’art.18 a uno che cerca di mettere il gettone nell’iPhone. Pare che questa “agudeza” gli sia venuta spontanea: se è vero, dobbiamo preoccuparci, per lui, e per noi, che da lui siamo governati. E dovrebbe preoccuparsi soprattutto Crozza: Renzi fa la parodia di Renzi meglio di lui, meglio di qualsiasi comico::
Ma poi le parole si vendicano, e così al sig. Renzi esce di bocca che già nel 2011 aveva capito che l’Italia era “scalabile”. Dice proprio così, “scalabile”: e noi subito comprendiamo che ha frequentato la scuola primaria dalle parti di Arcore e si è perfezionato nei salotti del Capitalisti Assaltatori. Un suo amico, il finanziere Davide Serra, vuole limitare il diritto di sciopero dei lavoratori pubblici ( C.d.S., 26/10).
Dunque per il sig. Renzi pare che l’Italia sia una società quotata in Borsa, un’azienda che si può scalare e conquistare, dopo averla cotta, ovviamente, e squassata, perchè il prezzo scemi, e le azioni diventino carta straccia. L’opera di sconquasso è a buon punto. Nel timore che qualcuno non abbia correttamente compreso il messaggio dello “scalabile”, il fiorentino aggiunge che è finito il tempo del “posto fisso”. Qualche testa d’uovo – alla Leopolda ce n’erano parecchie- cerca di salvare il capo del governo chiosando che una cosa è il “posto fisso”, un’altra è il contratto a tempo indeterminato.
Il principio potrebbe anche essere condiviso, se il sig. Renzi e i suoi, in via preliminare, avessero pubblicato il dossier Cottarelli sulle “partecipate” e avessero garantito la cancellazione di tutti i “posti fissi”, anche di quelli di cui dispone la casta: una foresta di sedie inchiodate per terra tra le prefetture, i comandi militari, le baronie universitarie e i labirinti delle burocrazie ministeriali e regionali. Ma forse il sig. Renzi voleva riferirsi solo ai posti fissi di “noi”, che stiamo fuori del Castello, al di qua del vallo. Una cosa è certa: egli non ha mai letto le opere di Francesco Guicciardini. E se le ha lette, non le ha capite. E’ un peccato. Se avesse letto, e capito, i capitoli che Guicciardini dedica alla “guerra del gesso”, avrebbe rispetto e timore delle parole. E parlerebbe di meno.