Negli anni ottanta sotto la supervisione e la guida di Achille Bonito Oliva, la Transavanguardia italiana è proiettata nel circuito internazionale dell”arte neo-espressionista anche grazie a protagonisti campani.
Gli anni ottanta, dal punto di vista artistico, rappresentano un punto in cui al versante esplosivo e fortemente politicizzato che aveva caratterizzato i decenni precedenti subentra un momento dove all’energica socializzazione, le nuove generazioni, forse disorientate da drammatici eventi come il terrorismo e gli anni di piombo, oppongono una disillusione che le porta di fatto ad allontanarsi completamente da qualsiasi ideologia, rifugiandosi in una dimensione strettamente personale.
D’altronde quella del pendolo che, superate le difficoltà inerziali inverte la corsa e si precipita a percorrere il cammino opposto è una tendenza che nell’arte si ripete spesso e volentieri, confermando l’idea di un’alternanza bipolare, come era stata teorizzata da numerosi critici d’arte fin dall’inizio del Novecento. Corsi e ricorsi della storia (dell’arte, in questo caso) di vichiana memoria, insomma. In ambito italiano il ritorno al figurativo, dopo il rifiuto del eccessivo concettualismo e di ogni precedente avanguardia informale (si pensi all’Arte povera), esperienze che in nome di precise istanze ideologiche negavano il valore stesso dell’arte, coincide con l’affermarsi della Transavanguardia, un movimento tanto complesso quanto eterogeneo, che avrà modo di diffondersi al di là dei confini nostrani, consacrandosi a livello internazionale come uno dei fenomeni artistici più significativi degli anni ottanta.
Quello della Transavanguardia – lo ha ricordato spesso Achille Bonito Oliva che, della Transavanguardia è stato il mentore, ispiratore e organizzatore e che per conto suo, è nato a Caggiano, nel salernitano – è un fenomeno che spicca con una radice segnatamente campana. Dei “Magnifici Cinque”, infatti, Mimmo Paladino e Nicola De Maria sono beneventani – Paladino è nato e ha ancora uno studio a Paduli mentre De Maria è di Foglianise, non lontano da Benevento – e Francesco Clemente è nato a Napoli. Una trattazione esaustiva del movimento è dunque propedeutica e necessaria al fine di considerare le caratteristiche dei suoi fondatori, nostri conterranei, presi singolarmente, lanciati sulla scena pittorica mondiale e sulla cresta dell’onda da oltre trent’anni.
"La transavanguardia ha risposto in termini contestuali alla catastrofe generalizzata della storia e della cultura, aprendosi verso una posizione di superamento del puro materialismo di tecniche e nuovi materiali e approdando al recupero dell’inattualità della pittura, intesa come capacità di restituire al processo creativo il carattere di un intenso erotismo, lo spessore di un’immagine che non si priva del piacere della rappresentazione e della narrazione".
Achille Bonito Oliva presentava così il movimento, nel 1979, coniandone la denominazione di Transavanguardia (oltre l’Avanguardia) identificandovi uno spiraglio pittorico fondamentale che rappresenta per l’Italia l’occasione di inserirsi a livello internazionale nel circuito dell’arte moderna, monopolizzato dai mercanti americani i quali, a suon di dollari, hanno fatto la fortuna di artisti indubbiamente validi come David Salle o Jean-Michel Basquiat.
In accordo con il fenomeno mondiale neo-espressionista, la Transavanguardia intende recuperare la figurazione, e attraverso toni talvolta ironici o passionali, si riallaccia liberamente ad un passato remoto, decisamente storicizzato: attinge al ricco spettro di possibilità pittoriche offerto dalle avanguardie, a prescindere da qualsiasi valutazione di ordine ideologico, nel nome di quei valori pittorici che per decenni avevano conosciuto un azzeramento che aveva toccato l’acme definitivo con l’Arte Concettuale.
Le possibilità espressive offerte sono molteplici e si prestano alle più eclettiche sperimentazioni; i principali punti di riferimento culturale diventano le esperienze nostrane del Futurismo e della Metafisica, ma non mancano chiare suggestioni cezanniane, surrealiste e, ovviamente, espressioniste, a loro volta intrise di esperienze d’arte popolare, da intendersi nella sua accezione più ampia, che spazia dalle reminiscenze folcloristiche del paesino più sperduto fino ai fotoromanzi a diffusione di massa.
(Fonte foto: Rete Internet)


