LA FORMAZIONE DELLE CLASSI CON GLI ALUNNI DIVERSAMENTE ABILI

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Il caso che trattiamo quest”oggi riguarda la possibilità o meno di includere nella stessa classe due alunni diversamente abili. Sulla materia di è espresso il Tar del Lazio.

La formazione della classi è sempre un momento delicato per gli alunni, ma quando c’è un alunno diversamente abile l’attenzione per il suo inserimento deve essere ancora maggiore, per poter creare quelle condizioni che favoriscono le attività scolastiche, in un clima di serenità ed armonia.
Proprio per questo la normativa in materia di tutela dei soggetti diversamente abili impone che in ogni classe scolastica vi sia solo un bambino disabile, salvo casi particolari legati alla minore gravità dell’handicap.

Il caso
I genitori lamentano che il proprio figlio, portatore di handicap, con diagnosi di autismo grave, necessiterebbe di spazio e tranquillità al fine di usufruire proficuamente delle ore di insegnamento; invece, il figlio è stato inserito in una classe formata da ventidue bambini ma con un altro bambino affetto da handicap. I genitori lamentano che la presenza di un altro alunno disabile creerebbe un grave disagio al proprio figlio perché negherebbe la socializzazione con i compagni e la piena inclusione nella classe, che è essenziale per la crescita e per l’apprendimento.

Sull’argomento si è espresso il TAR del Lazio, sez. III quater, sentenza 10.10.2007 n° 9926, la cui posizione riportiamo in sintesi.

La normativa in materia di tutela dei soggetti diversamente abili impone che in ogni classe scolastica vi sia solo un bambino disabile, salvo casi particolari legati alla minore gravità dell’handicap. Nello specifico del caso si rileva come, appare fondata , la dedotta violazione, da parte delle autorità scolastiche, delle regole generali di formazione delle classi.
Nella classe vi erano due alunni diversamente abili, per cui è fondata la dedotta violazione del secondo comma, primo periodo, dell’art. 10 del D.M. 3 giugno 1999 n. 141 che pone il precetto per cui di regola, in una classe non vi può essere che un bambino diversamente abile. La possibilità di più svantaggiati è prevista solo in via eccezionale: «…la presenza di più di un alunno in situazione di handicap nella stessa classe può essere prevista in ipotesi residuale ed in presenza di handicap lievi».

Nel caso, deve in primo luogo escludersi la sussistenza di quest’ultima condizione in quanto è evidente che, l’ipotesi prevista dalla norma, implica la “non gravità” di tutti i bambini handicappati, e non di uno di essi (come implicitamente sembra suggerire la relazione depositata dalla scuola).
La gravità della condizione del bambino era, da sola, tale da non tollerare altre presenze nell’ambito del gruppo, e comunque si rileva come in base alla descrizione della situazione, anche le condizioni riferite dalla scuola dell’altro bambino non sembravano assumere il carattere della lievità («immaturità globale dei prerequisiti» per l’apprendimento «in un’organizzazione borderline»).

In una seconda prospettiva si rileva come, dato che è incontestato che la classe era formata da 22 alunni, per cui era stato anche violato il secondo periodo del ricordato secondo comma dell’art. 10 del D.M. 3 giugno 1999 n. 141 per cui «Le classi iniziali che ospitano più di un alunno in situazioni di handicap sono costituite con non più di venti iscritti; per le classi intermedie il rispetto di tale limite deve essere rapportato all’esigenza di garantire la continuità didattica nelle stesse classi.»

In sostanza la disposizione consente, limitatamente alle classi successive eventuali sforamenti solo quando ricorrono esigenze di continuità didattica. Il che nella specie non è in concreto avvenuto.
In conclusione il ricorso dei genitori viene accolto.

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