I crimini commessi dalle donne hanno un impatto diverso sull”attenzione generale. In particolare, sono i fatti di sangue quelli che destano maggiore scalpore.
Di Simona Carandente
Attraverso i resoconti delle cronache giudiziarie, e processi sempre più mediatici, l”immaginario collettivo tende ad identificare chi abbia commesso un reato, di qualsivoglia tipologia, con dei connotati quasi esclusivamente maschili.
Tuttavia, mutuando uno “stile criminale” dagli Stati Uniti, territorio d”elezione per i più duri casi giudiziari, anche in Italia si assiste ad una lenta ma graduale inversione di tendenza: sono difatti in aumento, secondo recenti statistiche, i reati commessi dalle donne, che non più vittime dei loro aguzzini salgono agli onori delle cronache in una nuova veste.
A parte i casi di criminalità cd. comune, che vedono le donne autrici di truffe, spaccio di sostanze stupefacenti, furti e reati minori, è il reato di sangue per eccellenza quello che desta maggior scalpore, oltre a sollevare maggiori perplessità sociali e morali.
In America, le donne che commettono omicidi rappresentano solo il 12% del totale, e la media mondiale rimane invariata, ancorandosi all”incirca sul 10%: probabilmente, proprio la rarità del fenomeno spiega la rinnovata attenzione di studiosi e non, stante l”assoluta novità del tema e la mancanza di studi seri dedicati alle assassine.
Se gli uomini uccidono in maniera più violenta, commettendo omicidi in raptus di intensa rabbia, oppure nel corso di risse, rapine o per commissione, le donne hanno dovuto ricorrere ad espedienti “originali”, a causa della minore forza fisica. È scientificamente dimostrato come nella donna l”iter verso la commissione del reato sia il prodotto di un”intima riflessione, covato a lungo nelle coscienze, che genera orrore ma anche un indiscutibile fascino.
F. Tennyson Jesse paragonava nei suoi scritti la donna che uccide ad una pantera, capace di inseguire la sua preda giorno dopo giorno, di aspettare il momento giusto e torturarla per puro capriccio, arrivando ad uccidere la vittima prescelta per pura crudeltà .
Occorre peraltro evidenziare come i crimini di sangue maturino, nella donna, come reazione a violenza subite in ambito familiare, facendo sì che esse vengano viste come delle vittime, e non come carnefici ed artefici di gravissimi reati.
Tuttavia, è possibile affermare che la donna che commette omicidi, anche in base ai dati concreti ed alle testimonianze raggiunte al riguardo, abbia alle spalle un vissuto drammatico, fatto di abusi, di disturbi della personalità , o comunque di passioni indomabili, arginabili solamente ricorrendo a rimedi estremi.
A Castiglione delle Stiviere vi è una struttura giudiziaria destinata alla più invisa delle popolazioni carcerarie: quella composta dalle donne che hanno ucciso i propri figli ed il partner. Nell”ospedale psichiatrico di Castiglione viene adottato un metodo innovativo, posto che a garantire la sicurezza non vi sono agenti di polizia penitenziaria ma solo infermieri.
Scopo della struttura, oltre a far scontare a donne incapaci di intendere la pena detentiva inflitta, quello di immettere nel tessuto sociale persone recuperate, passando attraverso un lungo percorso interiore, fatto di cure specialistiche ma soprattutto di amara ed attenta riflessione. (mail: simonacara@libero.it)
(Fonte foto: Rete Internet)