L’articolo e il quadro a corredo, rappresentano, con sobrietà, le condizione delle donne dell’ >infima plebe e della piccolo borghesia a metà ottocento. Di Carmine Cimmino
A metà del secolo XIX Salvatore De Renzi, nella “Topografia medica”, descrive Napoli e il territorio vesuviano in una prospettiva, diciamo così, sanitaria. Le piogge di marzo, abbastanza frequenti, rendono umida l’atmosfera e abbassano la temperatura, i giorni umidi e quelli secchi si alternano di continuo: tutto questo provoca immensi sconcerti di salute , e le congestioni sanguigne non tardano a produrre de’ processi flogistici nella macchina, con infiammazioni, reumi, catarri, e sovente apoplessie e morti subitanee . I villaggi di Barra, San Giorgio a Cremano, San Giovanni a Teduccio, Portici, Resina, Torre del Greco e Torre Annunziata sono di salubre stazione, eccetto la parte bassa di Barra e di San Giovanni, in cui dai venti dell’ovest sono portate le esalazioni delle vicine paludi.
Somma, San Sebastiano, Massa, Pollena, Ponticelli soffrono impetuosi venti intorno l’ovest e il nord, che portano, soprattutto a Ponticelli, le esalazioni delle paludi. Torcigno, Poggiomarino e i due Bosco vanno soggetti ai venti di levante e meridionali, che portano le esalazioni della pianura del Sarno, che sono nocive. Ottajano, San Giuseppe e San Gennarello sono salubri ma più freddi, sotto l’influenza dei venti di nordest e hanno un rigido inverno. Somma e Sant’ Anastasia sono esposti ai vapori dell’umida vallata che sta loro innanzi, e nell’inverno sono freddi, ma mai sotto lo zero. Il coltissimo primario degli “ Incurabili “ chiama Terzigno con il nome antico e “filologico“, Torcigno.
Agricoltori e pastori per il loro lavoro vanno soggetti a febbri intermittenti, reumi cronici, ostruzioni, asciti, piaghe scorbutiche alle gambe . Danni alla salute sono prodotti dalle officine dei conciapelli, dei fabbricanti di candele di sego, di corde armoniche e di oggetti di piombo, e dai fusari, le vasche in cui si mette a mollo la canapa. I medici di città di solito prescrivono il salasso alle donne gravide: la pratica indebolisce il nascituro “fin dall’utero materno”. I medici di provincia non hanno questa cattiva abitudine e perciò i parti difficili sono assai rari e i bambini nascono più robusti. Molte madri avvolgono i neonati in fasce troppo strette, anche oltre i primi mesi di vita, e, dimenticando i precetti dell’ etica e della medicina, “lasciano“ l’allattamento dei figli a “femmina prezzolata”.
Si fuma troppo: soprattutto sigari. Fino a trenta anni prima fumavano solo i marinai: ora il vizio si è diffuso in tutte le classi sociali. I sigari, i liquori e anche l’abuso di caffè danneggiano il cuore: negli ultimi anni è cresciuta – dice De Renzi – la frequenza degli aneurismi. Agli Incurabili, su circa mille ammalati cronici che vengono curati ogni giorno, un’altissima percentuale di uomini è affetta da malattie veneree, che spesso aggravano le altre affezioni. La percentuale delle donne colpite da infezioni di tale tipo è otto volte minore: anche per questo il numero delle vedove supera di gran lunga quello dei vedovi. Le carni vaccine possono essere dannose, perché spesso sono o di animali morti di malattia o di animali nutriti nei pascoli poco grassi prossimi alla città; pericolose sono anche le carni conservate nelle grotte, perché si gonfiano di umidità.
Il consumo eccessivo di pesci salati e di carne di maiale spiega la diffusione delle malattie cutanee “che sembrano in questo paese non risparmiare nessuno”: spesso “sono complicate da vizio venereo”. I legumi e le castagne provocano in chi fa vita sedentaria e nei deboli di stomaco flatulenze, emorroidi, indigestione e acidità; in estate, per il calore, mettono in subbuglio anche gli stomaci robusti. Troppo elevato è il consumo di frutta e ortaggi: ne nascono sconcerti viscerali, congestioni sanguigne e seriose dell’addome, soprattutto nell’infima classe, che mangia frutti o acerbi o guasti: e da qui diarrea, dissenteria, febbri gastriche. Dannosissimo è il vino misturato, che produce coliche, cardialgie, danni alla digestione, malattie nervose.
Tra l’altro, il vino del Vesuvio è troppo spiritoso e eccitante. Le donne portano corsetti troppo rigidi, che comprimono petto e addome, e da qui tisi e indigestioni. La vita sedentaria provoca astenia, clorosi, cachessia, emorroidi, tabe, che colpiscono l’esercito dei funzionari, i notai, i sarti, le sarte, i calzettai, le tessitrici, gli orefici e gli argentieri. Sono esposti a tisi, emottisi e coliche tutti quelli che lavorano a contatto con esalazioni chimiche: 150 fabbricatori di porcellana, 175 carbonari, 5 acquafortisti, 80 fonditori di caratteri tipografici, i distillatori di liquori e di olio. Tisi tracheale e polmonare colpiscono quelli che trattano materiali “capaci di elevarsi in polvere sottile”: pettinaioli, bambaciari, e cioè coloro che producono bambagia, canapai, cappellai, cordai, farinari, marmorari, matarazzari, tessitori, parrucchieri, segatori, stuccatori, tagliamonti, falegnami, maccaronari.
Emottisi, tisi laringea e polmonare incombono su chi dal mestiere è costretto a gridare senza sosta: nella sola città di Napoli 2000 venditori di commestibili al minuto, 860 venditori di altri oggetti, 160 venditori di carne cotta, 280 pescivendoli, 780 fruttajoli, 830 ciabattini, 160 attori, 1200 tra oratori sacri e forensi. I lavoratori esposti alle “esalazioni animali e putride” vanno soggetti alle malattie putride, alla tabe, alle piaghe scorbutiche. Quelli troppo esposti al fuoco si ammalano di vari tipi di flogosi, febbri, infiammazioni alla pleura e allo stomaco, risipole: 1550 cuochi, 1000 fabbri, 120 schioppettieri, 70 ferracavalli, 150 ferracocchi, 80 calderari, 470 fornai, 50 friggitori, 400 panettieri, 70 pizzajoli, 230 ripostieri, circa 300 tavernari. In tutta la provincia di Napoli i tavernari sono quasi 600. I 900 mulattieri, i circa 1000 carrettieri e i quasi 5000 cocchieri di Napoli e della sua provincia non solo sono esposti alle variazioni del clima, ma per il continuo scotimento soffrono di coliche, flatulenze, gastroenteriti, tabe mesenterica, ernie, aneurismi.
Frequente è lo scorbuto tra coloro che abitano accanto ai luoghi paludosi, a Volla, alle sorgenti del Sarno, a Cimitile, ad Acerra: il viso piombino, i denti cariati e smossi, edemi, paralisi, cancrene parziali sono manifestazioni di questa grave malattia. Lo scorbuto viene curato – scrive De Renzi – con nasturzio, crescione e carni di vipera. Diffusa tra le donne è la clorosi: e ciò dipende, secondo l’illustre medico, dal clima, dalla vita poco esercitata delle donne, e soprattutto dalla vivacità delle loro passioni, che però sono, ordinariamente, compresse e deluse. Il quadro di Palizzi che accompagna l’articolo traduce in immagini la diagnosi di De Renzi: questa e quello rappresentano, con rigorosa sobrietà, l’analisi più profonda della condizione in cui versano, a metà dell’ Ottocento, le donne dell’ “infima plebe“ e della piccola borghesia nella provincia napoletana.
(Quadro: Filippo Palizzi, “Paese vesuviano”, 1856-58)