GOVERNO E CAVA VITIELLO. MUORE IL SOGNO DEL PARCO NAZIONALE DEL VESUVIO

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    Il piano del governo e di Bertolaso è chiaro: cava Vitiello sarà aperta, prima o poi. E allora, come dare torto ai cittadini che lottano per difendere la loro terra? Di Amato Lamberti

    La strategia di Bertolaso, e quindi del Governo, è ormai chiara. Cava Sari resterà aperta e accoglierà in prevalenza i rifiuti prodotti dai diciotto Comuni che fanno parte del Parco del Vesuvio. I rifiuti della discordia, quelli di Napoli, andranno, oltre che a Chiaiano, al termovalorizzatore di Acerra che diventa dedicato alla città di Napoli, in attesa che la stessa si doti di un proprio termovalorizzatore. È probabile che i rifiuti che si sono negli ultimi giorni accumulati per la strada, e che sono largamente putrescenti e, quindi, inutilizzabili dal termovalorizzatore, prendano la strada di Chiaiano, con tutte le conseguenze che già hanno reso impraticabile la discarica vesuviana. Mi riferisco ai miasmi dovuti alla presenza di umido nei rifiuti urbani.

    Per quanto riguarda i rifiuti prodotti dagli altri Comuni della provincia di Napoli, per ora non viene detto nulla, ma appare probabile che verranno distribuiti sulle discariche provinciali ancora in funzione, alcune delle quali, come Tufino e Giugliano, dichiarate esaurite da tempo, ma anche sulle discariche ancora capienti dell’avellinese e del beneventano, contando sulla scarsità dei residenti nelle vicinanze delle discariche.
    Al di là di ogni altra considerazione, una cosa sembra certa: il Parco del Vesuvio continuerà ad ospitare discariche, gestite forse meglio di quanto si è fatto finora, ma pienamente operative.

    Quando Cava Sari sarà stracolma e non più utilizzabile, si passerà a Cava Vitiello, per
    ora congelata visto che la Sari ha ancora diversi mesi di vita prima di poter essere colmata; anzi, se la si utilizza come le discariche Paenzano di Tufino, sopraelevate fino a quando i camion cominciavano a ribaltarsi, potrebbe durare anche qualche anno. Tanto, al posto di un invaso gli abitanti di Terzigno si troverebbero una bella collina che prima o poi potrebbe anche riempirsi di alberi, speriamo non da frutta.

    D’altra parte, avrà pensato l’efficientissimo Bertolaso, i diciotto Comuni del Parco da qualche parte dovranno pure sversare i loro rifiuti e quale migliore soluzione di una discarica in casa, bella, larga e capiente, come Cava Vitiello, la discarica più grande d’Europa. Se poi la casa è il Parco Nazionale del Vesuvio tanto meglio: le folle di turisti che affollano Pompei, oltre all’antiquarium a Boscoreale potranno visitare, o almeno ammirare, la più grande discarica d’Europa, con il suo corredo di migliaia di gabbiani che volteggiano e si azzuffano per qualche brandello di carne o di pesce.

    Il destino è segnato: c’è poco da scherzare. Come insegna Giugliano, ma anche Parete, S.Maria la Fossa, Lo Uttaro, una discarica segna il destino e lo sviluppo del territorio circostante. Quasi sempre lo desertifica, ma può anche dar vita a un distretto industriale del rifiuto, a cominciare da una piattaforma di stoccaggio di rifiuti industriali da riciclare e riutilizzare, per finire a inceneritori e termovalorizzatori. Certo, gli abitanti dei Comuni vesuviani avevano immaginato un altro futuro, fatto di agricoltura biologica, di vini ed olii di qualità, di accoglienza turistica, di valorizzazione delle risorse ambientali, a cominciare dal Vesuvio, dall’aria e dall’acqua, ma anche dei monumenti, delle chiese, dell’archeologia che pian piano stava venendo alla luce, delle tradizioni popolari ancora vive ed attive.

    Forse è per questo che sono così irritati, delusi, incazzati e anche un po’ sfiduciati. Certo i miasmi rendono oggi l’aria irrespirabile e fanno pensare a conseguenze anche gravi sulla salute; non si può vivere senza poter aprire le finestre in luoghi celebrati per la salubrità dell’aria; non si può vivere senza poter uscire a farsi una passeggiata e sedersi all’aperto in una trattoria a mangiare il pezzo di stocco e bere vino vesuviano. Ma vedrete che gli odori saranno via via abbattuti; certo non completamente; sempre di una discarica si tratta.

    Ma quel futuro, bello, pulito, di qualità, immaginato e perseguito, dopo tante incertezze, ricordiamolo, rischia di restare un sogno: e, dovrebbero ricordarlo i nostri governanti, non è facile, anzi è dolorosissimo e fa venire il sangue alla testa della gente, essere costretti a rinunciare ad un sogno, specialmente quando finalmente, dopo anni di attesa e di contrasti, stava crescendo e cominciava, anzi, a correre.

    Come dargli torto se lottano anche aspramente per difendere un futuro di sviluppo e di benessere del territorio vesuviano che non avrebbe più costretto i loro figli e nipoti ad andarsene lontano per cercare lavoro e speranza.
     

    LA RUBRICA DI AMATO LAMBERTI