A poco più di due anni dalla legge contro lo stalking, il Ministero per le pari opportunità evidenzia l”aumento delle denunce. Di parere opposto l”Osservatorio nazionale sullo stalking, che invece ne registra un calo. Di Simona Carandente
Più di due anni fa, ed in particolare nell’aprile del 2009, veniva introdotto nell’ordinamento italiano il reato di "atti persecutori", comunemente noto come stalking, con lo scopo di rendere perseguibili in sede penale tutta quella serie di comportamenti a carattere persecutorio, posti in essere nei confronti di vittime predesignate, di tenore tale da ingenerare persistenti stati di ansia o paura e costringere le stesse a mutare le proprie abitudini di vita.
Una legge da perfezionare, a tratti assolutamente lacunosa, che ha però consentito a migliaia di persone di liberarsi, almeno per un periodo determinato, dei loro molestatori: stando ai dati forniti dal Ministero per le pari opportunità, si sarebbe registrato un trend in costante crescita, con 568 denunce nel gennaio 2010 e più di 1300 tra gennaio e febbraio 2011, con una media nazionale di 100 stalker arrestati al mese in media. Dati incoraggianti, per i quali il numero di persone rivoltesi alla giustizia, per denunciare la condizione di vittime di atti persecutori sarebbe in costante ascesa, implicando di riflesso una generale e diffusa fiducia nella macchina della giustizia e nel regolare funzionamento di quest’ultima.
Tuttavia, di opposto tenore appaiono i dati dell’Osservatorio nazionale sullo stalking, per il quale invece le denunce di atti persecutori sarebbero in calo, addirittura del 25 %, potendo il fenomeno ascriversi alla sfiducia verso l’autorità ma anche ai costi della giustizia che, specie per chi non può accedere al gratuito patrocinio, continuano ad essere inaccessibili. Il vero problema, denunciato dall’Osservatorio nazionale ma non solo, rimane quello della tutela della vittima, sia durante il processo che dopo, posto che la misura cautelare del divieto di avvicinamento prevista dalla norma ha una durata limitata nel tempo.
Accanto alla tutela penale, sia in sede giudiziaria che strettamente cautelare, mancano infatti degli strumenti di repressione delle condotte illecite di carattere rieducativo, quali ad esempio la previsione di un percorso di risocializzazione per gli stalker, coadiuvato da psicologi specializzati, con lo scopo di recuperare sia l’autore del reato che la serenità delle vittime.
Tuttavia, sul territorio nazionale è già dato registrare interventi in tal senso, anche se a carattere eminentemente privato: sono sorte, difatti, associazioni volti al recupero degli autori di tali reati, mossi il più delle volte da sentimenti di gelosia, timore dell’abbandono, incapacità di digerire un rifiuto, tutti chiara espressione di un enorme disagio psicologico e personale non arginabile con la sola misura cautelare. (mail: simonacara@libero.it)
(Fonte foto: Rete Internet)