FORUM DEI CATTOLICI SULL’UNITÁ D”ITALIA

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    L”Unità d”Italia non è conclusa ma quello che abbiamo è a rischio, per motivi che vanno oltre il contingente. Tra i temi del Forum, anche la necessità di dare più importanza alla famiglia, vero argine alle ricorrenti crisi. Di Don Aniello Tortora

    Nei 150 anni dell’Unità d’Italia. Tradizione e progetto” è il titolo del X Forum del progetto culturale che si è tenuto a Roma dal 2 al 4 dicembre 2010. Si è aperto con il saluto del Card. Angelo Bagnasco, Arcivescovo di Genova e presidente della CEI. Le tematiche affrontate hanno riguardato il rapporto tra la Chiesa e i cattolici in Italia, i cattolici e la cultura, le opere e la tradizione dei cattolici, i cattolici, la politica e le istituzioni. L’intervento del Card. Camillo Ruini, Presidente del Comitato per il progetto culturale ha concluso i lavori.

    E l’ex Presidente della CEI ha sottolineato che “questo X Forum, che riflette sui 150 anni dell’unità d’Italia in uno dei momenti delicati della vita della nostra nazione, ha rappresentato l’occasione favorevole per far emergere tale valenza civile, sociale e politica del progetto culturale, sempre nel quadro e alla luce della sua primaria finalità di incontro tra fede e cultura”. Lo stesso card. Bagnasco aveva auspicato che gli incontri potessero dare il proprio contributo perchè “possa sorgere una generazione nuova di italiani e di cattolici che sentono la cosa pubblica come fatto importante e decisivo”.

    In concreto, l’obiettivo di queste tre giornate di lavoro e di confronto è stato quello di indicare delle prospettive sia per l’Italia come popolo e nazione, sia per la Chiesa in Italia, sia specificamente per i laici cattolici, nelle loro proprie responsabilità . Si tratta indubbiamente di un compito arduo, anzi un poco temerario, come sembra risultare dalle tante questioni aperte e di difficile soluzione che sono emerse dal dibattito.
    Il forum si è concentrato principalmente sulla storia, l’identità, la vocazione, il presente e il futuro dell’Italia. Il Prof. Scarpati ha messo in risalto l’identificazione culturale, letteraria e artistica dell’Italia, che ha preceduto di molti secoli lo Stato unitario, dando forma, sia pure incompiuta, all’unità della nostra nazione.

    E il Prof. Ornaghi ha osservato che anche oggi l’itinerario verso l’unità sembra in qualche modo inconcluso e non esente da rischi. Nelle circostanze attuali è facile identificare le fonti di questi rischi da una parte nelle difficoltà del momento politico e dall’altra nella crisi economico-finanziaria internazionale, che pesa naturalmente anche sull’Italia. Si tratterrebbe però di una valutazione troppo sbrigativa, che non risale alle cause più vere e profonde non solo dei pericoli per l’unità nazionale ma più ampiamente degli ostacoli al bene-essere (preso in un senso non solo materiale) e allo sviluppo dell’Italia. Alcune di queste cause possono essere individuate sul versante politico e istituzionale, quali la difficile riformabilità del nostro sistema, conseguenza della difficile governabilità.

    Si è affrontato anche la questione del federalismo: da una parte – è stato ribadito – esso corrisponde alla ricchezza pluriforme della realtà storica, sociale e civile italiana e può contribuire a una più forte responsabilizzazione delle classi dirigenti locali; dall’altra parte, per non nuocere all’unità della nazione, il federalismo non solo deve essere solidale, ma va bilanciato con una più sicura funzionalità del governo centrale. Altro argomento su cui il forum ha riflettuto è stato quello della famiglia.

    L’Italia – si è detto – dovrebbe valorizzare ben di più quello che rimane un suo grande punto di forza, e cioè la profondità e la tenacia dei legami familiari, che spesso vengono invece considerati come un nostro motivo di arretratezza: ma simili valutazioni hanno ricevuto una smentita concreta dalle capacità di resistere all’attuale crisi economica, capacità che per l’Italia dipendono in larga misura dal ruolo e dal risparmio delle famiglie. Nel corso del dibattito sono state individuate, inoltre, varie altre fragilità e zone d’ombra del nostro paese, ma si è anche messo l’accento sulle sue potenzialità e specifiche risorse. Soprattutto, si è tentato di configurare un progetto e una “missione” che indichino un cammino per l’Italia, e in essa per la Chiesa e per i cattolici.

    Il card. Ruini, facendo riferimento a tal fine, ha riportato anzitutto quanto diceva Giovanni Paolo II agli inizi del 1994, in un momento di gravi difficoltà per l’Italia e per i cattolici: “Sono convinto che l’Italia come Nazione ha moltissimo da offrire a tutta l’Europa. All’Italia, in conformità alla sua storia, è affidato in modo speciale il compito di difendere per tutta l’Europa il patrimonio religioso e culturale innestato a Roma dagli apostoli Pietro e Paolo”. E queste parole di Giovanni Paolo II mostrano un senso davvero alto della missione storica dell’Italia e legano questa missione all’anima cattolica del nostro paese e alla speciale presenza anche istituzionale che in essa ha la Chiesa. Il problema vero però, dal nostro punto di vista di cattolici italiani, riguarda l’esistenza, oggi, delle condizioni effettive per corrispondere a una simile missione.

    Convinzione di Giovanni Paolo II era comunque che non si trattasse di mera utopia: “la Chiesa in Italia – diceva, ancora, Giovanni Paolo II – è una grande forza sociale che unisce gli abitanti dell’Italia, dal Nord al Sud. Una forza che ha superato la prova della storia”. E nell’ottobre 2006, parlando al Convegno di Verona, Benedetto XVI ha detto, a sua volta, che “L’Italia… costituisce… un terreno assai favorevole per la testimonianza cristiana. La Chiesa, infatti, qui è una realtà molto viva, che conserva una presenza capillare in mezzo alla gente di ogni età e condizione”.

    E allora sorge una necessità, per i cattolici italiani, di essere, nel loro impegno per il paese, anzitutto, genuinamente e concretamente “cattolici”, oggi. E, vorrei sottolineare, semplicemente cattolici. Mi sembra, questa, la premessa essenziale per un impegno che sia storicamente efficace e che possa contribuire a tenere unita un’Italia che qualcuno per “egoismo locale” vorrebbe dividere e in un momento epocale della nostra storia così delicato e complesso. Tocca ai cattolici “rimboccarsi le maniche” e spargere semi di solidarietà.
    (Fonte foto: Rete Internet)

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