EMIGRAZIONE. COME ERAVAMO, COSA SIAMO

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    Presentato il 6° Rapporto Italiani nel mondo, ad opera della Fondazione Migrantes, della CEI. Di Don Aniello Tortora

    È stato presentato martedì 21 giugno a Roma il sesto “Rapporto Italiani nel mondo” della Fondazione Migrantes (Conferenza episcopale italiana) sull’emigrazione. Un’opera ricca di dati statistici e di notizie storiche.

    Ad abitare all’estero, mantenendo o avendo acquisito la cittadinanza, sono 4.115.235 italiani, aumentati di quasi 90 mila unità nel corso di un anno. Concentrati in larga misura in Europa (2 milioni e 263 mila) e in America (1 milione e 629 mila), hanno realizzato consistenti insediamenti anche in altri contesti, come in Sudafrica e in Australia, mentre, con numeri più contenuti, sono presenti praticamente in tutti i paesi del mondo.

    Una volta si emigrava anche dalle regioni italiane attualmente più ricche, come pure dall’isola di Lampedusa, oggi teatro di sbarchi. La vita media, che alla fine dell’Ottocento era di appena 31 anni, aiuta a capire questo esodo di massa. Si viaggiava stipati come una merce umana, inizialmente nei velieri e poi nelle navi a vapore (talvolta vere e proprie carrette del mare destinate a naufragare), per inseguire un futuro da sogno che tale non era, indebitandosi per il biglietto, trattati dalla burocrazia poco garbatamente. “Mamma mia dammi cento lire che in America voglio andar” sottolinea i rischi insiti in un avventuroso viaggio per mare dall’esito incerto.

    Anche le mete europee erano caratterizzate dal disagio. La considerazione per gli italiani poteva essere infima tanto in Francia quanto nel Sudafrica, tanto nella vicina Svizzera come negli Stati Uniti, dove nel 1897 il salesiano don Raffaele Maria Piperni, che operò a San Francisco, scrisse: «Gli italiani sono così in bassa stima presso tutti, che i buoni arrossiscono di chiamarsi italiani».
    I flussi di massa sono cessati verso la metà degli anni ’70. I flussi attuali, sottostimati negli archivi, si compongono di 45.000 persone in uscita e 35.000 di ritorno, ma resta insediata all’estero una consistente collettività di cittadina italiani, alla quale si aggiunge quella degli oriundi che, secondo alcune stime, sono 20 volte di più (quasi 80 milioni), molto al di sopra dell’attuale popolazione italiana: in Brasile, nel passato grande sbocco per i nostri flussi, gli oriundi italiani raggiungono il picco di 25 milioni.

    Non è questo l’unico motivo per ricordare la realtà dell’emigrazione italiana. Vi sono flussi qualificati, come quelli dei circa 20.000 studenti che, nell’ambito del Programma Erasmus, studiano per un semestre all’estero. Secondo un’indagine della Banca d’Italia vi sono 20 milioni che ogni anno affrontano quelli che la Fondazione Migrantes ha chiamato “i viaggi della memoria” (11 milioni in entrata e 9 milioni in uscita) per passare un certo periodo in una casa di proprietà (il sogno dei migranti, oggi come ieri) o presso parenti e amici. La stessa indagine evidenzia che sono 14,6 milioni gli italiani che lasciano l’Italia effettuando dei brevi pernottamenti all’estero (specialmente in Europa) per motivi di lavoro o professionali,
    L’Italia all’estero non è una realtà lontana, fa parte integrante del “Sistema Paese” al quale è in grado di fornire un importante apporto.

    È quanto mai utile fare una riflessione sui Paesi dove si sono inseriti gli emigranti, ai quali il Rapporto ha dedicato diversi capitoli. Non può e non deve essere un esercizio di maniera, ma un utile confronto dialettico, derivante dalla consapevolezza di dover contribuire al rinnovamento dell’Italia anche attraverso la valorizzazione della presenza italiana nel mondo. Ma tutto questo non a parole, non secondo progetti approssimativi e inconcludenti e, soprattutto, non secondo previsioni di corto respiro o ispirate a interessi di partito.
    Nel “villaggio globale” che è il mondo di oggi, sarà sempre più necessario educarci all’accoglienza del diverso, al dialogo interreligioso, al confronto con le culture. Solo così cresceremo insieme, nella giustizia e nella pace e nella giustizia. “Ogni uomo è mio fratello”: è sempre bene ricordarcelo.
    (Fonte foto: Rete Internet)

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