Nuove forme di scambio prendono piede grazie alla rete. Il baratto ai tempi di Internet sembra essere una valida risorsa per fronteggiare la crisi economica.
La Storia si ripete, ciclicamente. Alterna fasi di crescita a fasi di declino: corsi e ricorsi storici, in poche parole. L’assunto di Vico è, a ragione, famoso. Il progresso e la sua inevitabile nemesi, la decadenza, sembrano ripercorrere il filo delle umane vicende da sempre, irrimediabilmente. Questo vale per le tante crisi economiche che seguono regolarmente i molteplici boom e attraversano i secoli. E sembra valere anche per i modi proposti a risollevarsi dalla depressione. Per farvi fronte è rinato il mezzo più antico per lo scambio diretto di beni: il baratto.
Prima forma di compravendita, il baratto ha origini incerte: nato con la storia sociale dell’uomo, con molta probabilità fin dal Paleolitico, venne superato con l’introduzione della moneta (circa dal V secolo a.C.), ben più funzionale agli acquisti rispetto allo scomodo pagamento merce-per-merce. Eppure, se è vero che la crisi economica mondiale in atto frena i consumi e rallenta gli acquisti, una nuova frontiera del baratto si è affacciata sulla rete ed è diventata una valida alternativa, evidentemente conveniente, all’acquisto tradizionale.
Su internet, che fin dalla sua nascita ha rivoluzionato le regole del marketing, è, infatti, possibile imbattersi su una miriade di siti dove chiunque può pubblicare annunci per scambiare ogni cosa, nuova o usata, senza alcuna transizione monetaria. Veri e propri negozi in cui ci si può organizzare per un incontro ed effettuare la compravendita. Vestiti, scarpe e accessori la merce più richiesta sui siti di “swap”. Ma c’è di più; le potenzialità immense della rete hanno reso possibile un’organizzazione capillare di questo fenomeno contemporaneo, comodo, efficace e senza sbavature: il sistema Barter (foto). Per ogni azienda che aderisce al circuito viene aperto un conto online, secondo un criterio dove domanda e offerta non solo vengono rispettate, ma migliorate attraverso lo standard della virtualità.
Un esempio concreto: se un ristoratore vuole cambiare il look al suo locale, può servirsi di un decoratore d’interni affiliato al sistema Barter e, anziché con la “vile moneta”, ne paga le prestazioni in Bartercrediti, che il decoratore potrà a sua volta spendere presso un’altra impresa presente sul circuito. Il risparmio di questa neo-forma di baratto virtuale è innegabile, perché prevede un trattamento particolare per gli associati e perché ci si muove al di fuori del circolo monetario convenzionale.
La creatività partenopea ha investito anche questo settore, con un’alternativa innovativa: nel 2007 è nato lo Scec. Il celebre buono, evocato da Totò nel capolavoro “Miseria e nobiltà”, assume una nuova valenza, prestandosi al network. Acronimo di solidarietà che cammina, lo Scec di nuova generazione è un’obbligazione non convertibile che permette di offrire sconti in molti negozi; il tutto deve essere speso presso gli esercizi convenzionati e consente di ottenere degli sconti semplicemente effettuando l’acquisto online:
gli Scec, dunque, si usano solo insieme alla moneta corrente ma, permettendo una diminuzione della spesa, aumentano di fatto il potere di acquisto degli adepti del circuito, ma soprattutto innescano circuiti economicamente e socialmente virtuosi.
(Fonte foto: Rete Internet)