Per combattere sul serio i camorristi-amministratori occorrono nuove norme, estendendo la confisca dei beni anche ad amministratori, dirigenti e funzionari.
Di Amato Lamberti
La camorra è diventata quasi un genere letterario. Sono ormai diecine i libri dedicati alle “cronache infernali” della criminalità omicida che insanguina i territori della Campania. Sappiamo ormai tutto dei vari Schiavone detto Sandokan, Bidognetti detto Cicciotto “e mezzanotte, Giuseppe Setola, Di Lauro, Zagaria, Mazzarella, Sarno, ecc.,ecc., della loro violenza, della loro efferatezza, del modo in cui esercitano il loro potere, dei loro scontri, delle loro alleanze, delle loro ville, del modo opulento con cui vivono. Molti autori danno quasi l”impressione di essere affascinati da questi eroi del male, eccessivi in ogni loro manifestazione, ributtanti nella loro noncuranza della vita e di ogni regola di convivenza civile.
Ma si tratta pur sempre di delinquenti, organizzati in bande, clan, gruppi criminali, che fanno i delinquenti, cioè si occupano di affari criminali, dalle estorsioni, allo spaccio di droga, al traffico di rifiuti tossici e nocivi, al contrabbando di combustibili e carburanti. Sono feroci, spietati, animaleschi, come sono sempre stati i delinquenti-criminali. Ma la camorra, intesa come associazione mafiosa, è un”altra cosa. Mettere l”etichetta “camorra” ai fatti criminali, significa solo caricare simbolicamente fatti talmente banali, nella loro bestialità, da non meritare alcun alone leggendario.
Così come enfatizzarne la pericolosità e la capacità di colpire chiunque e dovunque significa accreditarli di poteri e capacità che non hanno e che non hanno mai dimostrato. Anche la magistratura dovrebbe cominciare a rivedere il suo registro d”azione. Gli studiosi più seri di questi fenomeni distinguono due livelli di criminalità organizzata, quella “orientata al denaro” e quella “orientata al potere”: la criminalità mafiosa, e, quindi, la camorra, è solo quella “orientata al potere”.
Il mafioso vuole governare, amministrare, decidere; vuole sostituirsi allo Stato impadronendosi dello Stato, a cominciare dalle sue articolazioni locali, i Comuni. Non si può pensare di combattere il disegno mafioso di occupazione dei poteri dello Stato, concentrando l”attenzione sulla delinquenza organizzata che è solo il braccio armato delle organizzazioni mafiose e camorriste. L”analisi dei provvedimenti di scioglimento dei Comuni per condizionamento mafioso, che sto portando avanti con una certa puntigliosità, ha proprio lo scopo di fare vedere come questa occupazione delle amministrazioni locali viene portata avanti dalla camorra, con la complicità anche di coloro che sarebbero chiamati a fare argine, a contrastare questo disegno criminale.
Ci sono realtà del nostro territorio vesuviano nelle quali viene il dubbio che questo processo di sostituzione dello Stato da parte della camorra si sia realizzato e stabilizzato per lungo tempo. Come nel caso di Poggiomarino, il feudo di Pasquale Galasso, sciolto una prima volta, il 30 settembre 1991; una seconda volta, il 4 dicembre 1995; una terza volta, il 9 febbraio 1999. Gli amministratori, dopo i 18 mesi, ogni volta, di commissariamento, restano sempre gli stessi. All”atto dello scioglimento del 1999, gli amministratori tornano ad essere quelli sciolti nel 1991, a testimonianza che il potere, sul territorio, non cambia di mano nonostante gli interventi dello Stato.
Una situazione paradossale che dovrebbe far riflettere, non per giudicare inutili i provvedimenti di scioglimento, ma per introdurre, ad esempio norme che escludano definitivamente dalla vita politica e amministrativa, il personale politico, tecnico e amministrativo delle amministrazioni colpite da provvedimenti di scioglimento; ma anche, l”estensione agli amministratori, dirigenti e funzionari, dei provvedimenti di confisca dei beni illecitamente accumulati che, ad oggi, riguarda solo gli appartenenti alle organizzazioni mafiose. Il problema di fondo è che bisogna spostare l”attenzione dai delinquenti sanguinari ai camorristi-imprenditori e ai camorristi-amministratori che, attraverso il controllo dei Comuni, si mangiano i fondi destinati alla collettività.
Certo sarà più difficile, per giornalisti, scrittori e magistrati, scrivere articoli e romanzi di successo, grondanti di facce lombrosiane e fiotti di sangue, ma, forse, il disegno della camorra, di conquistare la sovranità politica ed economica del territorio, potrà cominciare ad essere arginato.