Il libro – un sapiente percorso nella storia, a partire dall’antichità – si propone di far conoscere “non solo poetesse, protofemministe, mistiche, filosofe, musiciste e cantanti, pittrici, storiche, alchimiste, medichesse, guerriere, ma anche le donne “comuni” che con la loro sapienza pratica e il loro faticoso lavoro hanno contribuito al progresso dell’umanità”. La scrittrice vuole sottrarre all’oblio le donne che hanno saputo rovesciare il ruolo della “subalternità femminile teorizzata fin dall’antichità da scrittori e filosofi”.
Anche questo libro, come tutti i libri della storica Gaetana Mazza, è una “pietra angolare”, è la base su cui si può costruire un nuovo “edificio” della conoscenza e si possono aprire nuovi spazi all’indagine culturale: si pensi all’impatto che sugli studi storici ebbe, nel 2009, “Streghe, guaritori e istigatori”. Tutti i capitoli del libro sono importanti per la qualità e la quantità delle notizie e dei ritratti, ma un particolare fascino sul lettore esercitano quelli dedicati ai “saperi femminili”, alle “medichesse” e alle “protofemministe” Maria di Francia, Bettisia Gozzadini, Leonora della Genga, Ortensia di Guglielmo, Christine de Pizan, Laura Terracina, Moderata Fonte, Lucrezia Marinelli e Giuseppa Eleonora Barbapiccola. Un articolo a parte meritano il tema del matriarcato femminile, che Gaetana Mazza affronta nella prefazione, e le pagine dedicate a Ipazia d’Alessandria, l’intellettuale fatta uccidere nel 415 d.C. dal vescovo Cirillo, e alla tesi di Silvia Ronchey sulle ragioni che spinsero all’omicidio il vescovo “accecato dalla gelosia e dall’ambizione”. Il ruolo delle “donne comuni” viene illustrato dalle interessanti notizie tratte dai “regesti del protocollo del notaio Nardo De Marino di Sarno (1475- 1476). Per esempio, nel maggio del 1476, Masella Marciano, vedova di Matteo di Fontana, assegna in eredità ai 4 figli “una casa costituita da due locali sita “ad Mortaro”, confinante con la via pubblica ed altri beni di famiglia, pervenutale come legato testamentario”. Masella si riserva “vita natural durante” l’usufrutto dei beni e “impone agli eredi di sostenerla e di passarle le seguenti victualia: 4 tomola di grano; 6 tomola di miglio; 2 tomola di grano germano; una botte di vino; un fusto d’olio; una “quarta” di sale; una “pezza” di lardo.”. Nell’agosto del 1476 Rosella Scuterio, vedova di Pietro Mancuso, dimorante alla “Croce”, nomina suoi eredi i figli Angelillo, Roberto e la figlia Cipriana in modo che possa essere dotata come lo è stata la sorella Menechella…Lega un tarì a Menechella sua figlia già maritata. Dispone che nel caso in cui sua figlia Cipriana non pervenga al matrimonio le sue doti siano destinate a sua nipote Diana, figlia di Menechella, e se anche costei manterrà lo stato nubile, vuole che quella somma sia donata ai confratelli di Santa Maria Maddalena”. Gaetana Mazza sa quanto sia importante la storia “bassa” per la comprensione della storia “alta”, e perciò nel suo libro Masella e Rosella trovano posto accanto a Plotina (55- 121 d.C.), moglie dell’imperatore Traiano, una delle “poche filosofe romane di cui si abbia memoria” (immagine in appendice).
Plotina e Traiano non ebbero figli, e lei fece di tutto perché il marito adottasse Adriano. Quando, nel 117 d.C., Traiano morì in Cilicia, Adriano era già Cesare, ma non era stato ancora adottato dall’imperatore con la procedura prevista dalla legge. Raccontano gli storici che Plotina tenne nascosta la morte del marito, fece spegnere ogni luce nella camera in cui il suo corpo giaceva e ordinò a Attiano, che di Adriano era stato tutore, di far la parte del morto Traiano e di annunciare, nel buio, con voce da moribondo, che egli adottava Adriano e lo proclamava suo erede e successore. Plotina scrisse e firmò le lettere con cui Traiano comunicava al senato le sue ultime decisioni. Non meritano di essere citati- e Gaetana Mazza non l’ha fatto – i calunniosi sospetti di Dione Cassio sulle ragioni che avrebbero indotto Plotina a favorire in ogni modo la carriera di Adriano. Mi piace chiudere questo primo articolo dedicato al libro di Gaetana Mazza con un passo della scrittrice: “Gli studiosi ipotizzano che Plotina si sia avvicinata alla filosofia di Epicuro perché prometteva agli uomini la liberazione dal dolore e la serenità dello spirito. Questa ipotesi appare attendibile: se si osservano i volti delle statue che la raffigurano, si notano i segni di un’intima sofferenza. L’imperatrice, paziente e devota, sopportava con tristezza i tradimenti del marito con i giovinetti ai quali si accompagnava.”. E’ necessario che tutti prendano coscienza “che, tra ricadute e passi in avanti, nonostante le colpevoli dimenticanze storiografiche”, le donne hanno contribuito, e contribuiscono, in misura significativa allo sviluppo della cultura, al progresso delle scienze, al potenziamento del sistema sociale.