Ad un anno di distanza si ripete il rito delle Gavete. Dopo due anni torniamo alle sorgenti riscattate, ed è subito festa!
Per i paranzari si tratta di devozione ed è giusto che si rispetti anche questo aspetto sincretico delle celebrazioni della Montagna, della nostra montagna che è il Somma/Vesuvio, ma per i più gaudenti trattasi di festa, e che festa! La sua connotazione non è soltanto godereccia ma è un modo, senz’altro più reale di quanto non lo si faccia a valle, di vivere il territorio di appartenenza, tra la natura selvaggia, rigogliosa e vera.
Su in montagna, i politici non ci salgono, salvo impellenze elettorali, e questo permette a chi si arriseca alle Gavete, così come presso tutti gli altri luoghi sacri del Somma, di vivere in una maniera più viscerale quei luoghi. Talvolta, alle Gavete ci sale anche qualche prete, ma quasi sempre in auto e dal lato di Castello e ce lo devono portare i devoti perché altrimenti non sale. Solo don Costanzo arriva fino in cima al Somma, per celebrare la messa ‘ncoppa ‘o Ciglio e lode a lui che vive realmente l’essenza della devozione, dandole quel tanto di religiosità popolare che merita.
Ieri, alle Gavete, c’era tanta gente, forse 300 persone, forse più, e se tutto è andato bene lo dobbiamo al buon senso e all’impegno della Paranza presieduta da Salvatore Lanzetta. Infatti, se escludiamo qualche sporadica apparizione della protezione civile, a mo’ di presenza simbolica, non abbiamo scorto nulla di istituzionale o che non sembrasse propagandistico per le venture Regionali. Se le autorità si sono mimetizzate con la folla, sperando magari che qualcuno le riconoscesse, ciò è stato un bene per la festa ma va notato che c’è il bisogno di qualcosa in più di un simbolico patrocinio per renderla tale, soprattutto quando in un luogo tanto impervio vi arrivano centinaia di persone. Per questo e a maggior ragione, il merito va alla Paranza che ha gestito a proprie spese e al meglio la situazione, offrendo agli ospiti, serenità, musica, vino e cibo a volontà.
La giornata è stata splendida tra canti e balli tradizionali e, accompagnato dal mio virgilio Salvatore, abbiamo discorso del serio e del faceto, passando il tempo sotto un cielo terso come non mai. Salvatore mi ha fatto capire che non sono il solo a ricordare, e quel che più conta è che il ricordo si tramandi ed è questo lo scopo, il nostro scopo.
Ma il paranzaro, e questo lo sa bene anche il buon Lucio, deve barcamenarsi con la sua essenza tribale e quella più tradizionalmente familiare per cui, anche a me, l’ultimo degli arrivati, è toccato di ritirarmi sul più bello della festa e tornare a casa.
Nel discendere la ripida stradina, a piedi come sono venuto, fin giù alla circonvallazione, avverto che gradualmente i canti delle Gavete si mescolano con quelli meno antichi della tradizione italiana, suonati nelle residenze private circostanti, o con quelli di uno stereo di un’auto che arranca sul tracciato di via cupa Fontana. Mentre cammino distinguo una voce familiare, un canto armonioso e gorgheggiante, quello che avevo ascoltato alle Gavete anni prima e che pensavo di riascoltare anche quest’anno intonare Muntagna ‘e ‘stu core! La voce intona splendidamente “Comm’è bella a muntagna stanotte” e si perde nello stormire delle fronde. Scendo ancora dalla mia Montagna e l’avvicinarsi alla civiltà mi viene annunciato da evidenti segnali di discarica, questo sarà un altro pro-memoria per chi ci amministra.
Ieri sera alle Gavete c’era un mare di gente e non solo proveniente da Somma ma anche da San Sebastiano, da Sant’Anastasia, da Portici e Torre del Greco e questo dimostra che, anche in assenza di una reale consacrazione civica, le Gavete stanno ormai ottenendo una consacrazione popolare.
Viva le Gavete e le paranze!