Ottajano, 1854: alla Congrega dell’Oratorio un “Natale” veramente speciale.

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Nel Natale di quell’anno Michele de’ Medici, figlio del principe Giuseppe IV, e i “notabili liberali” della città scelsero la Congrega dell’Oratorio per dimostrare concretamente agli Ottajanesi la loro intenzione di costruire un sistema sociale ispirato, soprattutto nel campo della “sanità pubblica”, ai valori dei moti del ’48. La figura del chirurgo Luigi Iovino.

 

La splendida mostra presepiale organizzata nella sede della Congrega “Santa Maria Visitapoveri”, (vedi immagine di apertura) l’impegno del priore, dott. Francesco Annunziata, dei confratelli tutti- consentitemi di citare, almeno una volta, Ciccio Annunziata – mi hanno convinto a tirar fuori dagli scaffali fogli e appunti e a progettare una storia dell’“Oratorio”, “luogo” importante, da molti punti di vista, per la storia di Ottajano. Così sono uscite dal buio dei mobili e dell’oblio le notizie che anni fa trassi dalla relazione che nel gennaio del 1855 Michele Ranieri, “facente funzione di sindaco”, inviò al Sottointendente sulla “celebrazione del Santissimo Natale di Nostro Signore” tenuta nella Chiesa di Santa Maria Visitapoveri. L’attenzione delle autorità centrali era dettata dalla situazione politica di Ottajano che da quasi due anni non era retta da un sindaco: inoltre, era lungo l’elenco degli “attendibili” che la polizia accusava apertamente di tramare contro la monarchia dei Borbone. E tuttavia era considerata solida la lealtà “borbonica” di Giuseppe IV Medici, a tal punto che egli, sollecitato dal figlio Michele, fece sì che le autorità centrali scegliessero proprio Ottajano come “domicilio coatto” per “liberali” dichiarati con i quali Michele aveva stretto rapporti di amicizia durante i moti del ’48: Enrico Pessina, che sarebbe diventato giurista di grande nome, il sarto Giuseppe Frattini, i fratelli Capuano. In realtà, era in corso l’ultimo tentativo di Ferdinando II di bloccare con la durezza del regime poliziesco gli effetti del ’48: e in questa “crociata” egli cercò – e ottenne – il sostegno delle autorità ecclesiastiche di livello alto. Tra il ’48 e il ’55 l’ 80% delle istituzioni scolastiche del Regno – università, collegi, scuole pubbliche di ogni ordine e grado – venne affidato alla gestione e alla direzione degli Ordini Religiosi e dei Vescovadi e divenne spietato, come vedremo, il controllo della censura sui libri da stampare e sull’attività teatrale. I Medici di Ottajano cercavano, come da tradizione, di non farsi sorprendere: Giuseppe IV faceva il “filoborbonico”, ma la moglie Donna Anna Maria Gaetani duchessa di Miranda, il figlio Michele e sua moglie, Giulia Marulli dei duchi di San Cesario, erano impegnati, con prudenza, ma anche con chiarezza di idee, a ridisegnare il sistema sociale ottajanese  prestando ai problemi degli “umili e dei miseri” un’attenzione che andava oltre l’episodico esercizio della carità cristiana e si apriva a soluzioni certamente non radicali, ma nuove, efficaci e durature. Li sostenevano, in questo disegno, una parte consistente della borghesia ottajanese e molti dei “proprietari”, convinti, anche dalla cronaca quotidiana e dal numero impressionante di fatti di sangue, che i “miseri” non erano più disposti a sopportare la loro “miseria” e che volevano uscire da questa condizione, in un modo o nell’altro. Michele de’ Medici e i suoi amici videro che le congreghe erano il luogo adatto, per statuto e per struttura sociale, a favorire l’incontro tra “potenti” e “umili”: e in questa prospettiva venne organizzata, nella Chiesa dell’Oratorio, la celebrazione del Natale 1854. Un “Maestro” napoletano, di cui la relazione non riporta il nome, “cantò i sacri inni” durante la Santa Messa officiata dal carmelitano Fra Roberto di Angri, “ospite del Principe di Ottajano”.A dieci “donne povere”venne consegnata la dote nuziale: 80 ducati, lenzuola, coperte e “faenze”, cioè piatti, bicchieri e zuppiere. Il giorno prima erano stati distribuiti a un gran numero di indigenti “canestri” di pane, di pasta, “di sale, di olio e di cacio”. Michele Ranieri non poté fare a meno di comunicare che tra i “signori” che avevano organizzato la manifestazione c’era anche il chirurgo Luigi Iovino, che la polizia aveva inserito nell’elenco degli “attendibili” per un motivo che merita di essere raccontato. Dai “liberali” del ’48 Ferdinando II fu invitato a riconsiderare sotto nuova luce “i doveri degli esercenti l’arte salutare, medici, chirurgi e levatrici”. Il re decretò, tra l’altro, che era obbligo di medici e chirurghi non rivelare ad estranei “i mali degli infermi”, di rispettare, nell’esercizio della professione, i valori del “pudore” e della “discrezione”, di “essere delicati” nel fissare l’importo degli “onorari” e “di essere totalmente disinteressati verso i poveri, nulla richiedendo per le loro visite”, di tener conto, “nelle loro ricette”, “della poca comodità degli ammalati”, evitando di “intendersela co’ farmacisti per abusare di una posizione sventurata”. Ai farmacisti venne ricordato, tra l’altro, che era necessario sostituire con “erbe fresche e recenti” le erbe salutari conservate da tempo e che, “soggette a guastarsi”, perdevano la loro efficacia. Questi pochi cenni spiegano chiaramente quale fosse il destino sanitario dei “poveri” negli ultimi anni della monarchia borbonica. Anche quando adottò una politica antiliberale, Ferdinando II non ritirò i decreti del ’48, ma l’apparato della sua burocrazia fece in modo che diventassero lettera morta. E invece Luigi Iovino e il notaio Achille Procida senza sosta continuarono a ricordare, in pubblico, ai medici, ai chirurghi, alle levatrici e ai cittadini tutti il valore fondamentale delle disposizioni indicate nei “provvedimenti Reali”.. Per questa insistenza Luigi Iovino entrò nella lista degli “attendibili” più pericolosi.