Malata di cancro costretta a pagarsi le cure: indagati i vertici di Villa Betania

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Gravi accuse per i dirigenti dell’ospedale convenzionato con la Regione e ubicato nel quartiere napoletano di Ponticelli.

Una donna ammalata di cancro costretta a rinunciare alle prestazioni gratuite coperte dal sistema sanitario pubblico e a pagarsi le cure in forma privata. Non è finita. I vertici dell’ospedale Villa Betania – secondo quanto sostengono gli inquirenti – in concorso tra loro hanno favorito e garantito l’impunità del principale accusato della presunta concussione ai danni della paziente, il medico Rosario Zappalà, omettendone la condotta illecita e riassumendolo con un altro contratto di consulenza esterna dopo una sorta di licenziamento soltanto formale deciso a causa dello scoppio dell’inchiesta sulla povera donna vessata dalla richiesta di danaro. E ancora: i dirigenti della Betania hanno anche assunto in ospedale la figlia di Zappalà. Riassunzione dell’indagato e assunzione della figlia che sarebbero avvenute nonostante la magistratura avesse già spiccato nei riguardi del camice bianco l’interdizione di un anno a svolgere la professione medica. Intanto l’avviso di conclusione delle indagini preliminari è stato consegnato venerdi mattina agli indagati dai carabinieri del Nas di Napoli, il Nucleo anti sofisticazioni. E’un’inchiesta, questa del Nas, coordinata dal pm della procura di Napoli Giuseppina Loreto, che fa emergere una storia da brividi perché la vittima della vicenda è una donna colpita nella Terra dei Fuochi da un tumore al seno e perché vede messi sotto inchiesta il noto medico Rosario Zappalà, accusato di concussione e falso materiale e ideologico, e i vertici dell’ospedale Villa Betania, la grande struttura sanitaria convenzionata con lo Stato, ubicata nel quartiere di Ponticelli, in via Argine, e di proprietà della fondazione evangelica. Insieme a Zappalà hanno infatti ricevuto gli avvisi anche Sergio Nitti, ex presidente dell’ospedale (sostituito subito dopo l’inizio dell’inchiesta, l’anno scorso), Pasquale Accardo, direttore generale, Antonio Sciambra, direttore sanitario, e Paolo Morra, direttore amministrativo. Sono accusati di concorso e omissione. Secondo carabinieri e pubblico ministero i quattro sapevano cosa stesse combinando Zappalà ma non hanno fatto niente per fermarlo.