Un aspetto di Somma poco conosciuto è il bosco del Monte Somma che sovrasta l’abitato. E’ una vera meraviglia naturalistica che si estende per circa un terzo del vasto territorio comunale con i suoi quasi 10 chilometri quadrati di castagneti, querceti e relativo sottobosco. E’ un vero polmone verde centrato sulla montagna comprendendone la Punta Nasone (1121 metri).
E’ una ricchezza enorme dal valore inestimabile. A beneficio di pochi ed, almeno all’apparenza, molto trasandata. Con all’interno oltre a veri e propri monumenti vegetali anche irripetibili opere idrauliche in muratura del periodo borbonico. In effetti buona parte sono boschi di proprietà privata. Anche se il Comune è proprietario della sommità, vale a dire zona “ciglio”. Tutte proprietà che appaiono ormai abbandonate. E inibite anche alla possibilità della produzione di legno.
Tutto però insiste nell’area Parco Nazionale del Vesuvio con il vincolo di protezione integrale. Ebbene qual è il problema? In pratica sono irraggiungibili ed impercorribili. Ovviamente interdetti ai mezzi a motore. Ma sono impraticabili anche a piedi. Soprattutto perché non sono più visibili i diversi sentieri che li attraversavano. Erano sentieri privati, di lavoro, ma c’erano anche quelli pubblici. Anche perché c’erano e ci sono ancora proprietà pubbliche (Comune di Somma in testa).
Sono vari decenni che non si fa né coltivazione né manutenzione. Tranne rarissimi casi nessuno dei centinaia di proprietari assicura un minimo di intervento di servizio. Il paradosso è che Somma che ha il più vasto territorio asservito al Parco non ha un sentiero “ufficiale” per raggiungere le aree più in alto. E dove tradizionalmente si svolge parte della festa. Non è poi un gran problema per la verità ma pone degli interrogativi. In pratica questo handicap non vieta ai Sommesi di frequentare il “ciglio” nelle feste dette della montagna. Anzi bisogna dire che questo cozza con quanto poi realmente succede in montagna. La festa permette di suo la frequentazione dei boschi e del ciglio. C’è o non c’è il sentiero. C’è o non c’è l’area picnic. C’è o non c’è l’area per le tammurriate.
Non c’è il sentiero pedonale ma poi si usa una pista carrabile non proprio riconoscibile sotto l’aspetto della sicurezza. Ebbene c’è sicuramente un po’ di ipocrisia.
Detto questo sarebbe utile pensare che l’ Amministrazione cominciasse a ragionare per pianificare un qualche intervento necessario. E’ difficile che i privati possano risolvere come è difficile che il Parco possa intervenire. Invece ritenere un intervento del Comune fattibile per tentare una soluzione non è bestemmiare. Magari coinvolgendo le Paranze tradizionali e l’associazione che le rappresenta. E ogni altra associazione competente. Le feste di Castello stanno portando un numero sempre più crescente di visitatori sul Monte. Quindi bisognerebbe cominciare a preoccuparsi di questa gente di cui una parte sono addirittura stranieri. Arrivano dalla Francia, dalla Germania, dalla Gran Bretagna ecc. Non si può far finta di niente.
Ci vorrebbe un piano che mettesse insieme le varie esigenze. A partire dalle “paranze” e dal culto religioso senza trascurare minimamente la salvaguardia della natura. C’è margine per la tutela della tradizione. Una proposta operativa. Il Comune potrebbe “espropriare” i terreni abbandonati risarcendo i proprietari ed avviare così una grande opera di sistemazione idraulica e ambientale. Con piccoli e puntuali interventi migliorativi solo dove e per cose indispensabili.