Lo scorso lunedì, in un incontro organizzato dal “Lions Club Terre del Vesuvio” e della’ I.S. “Caravaggio” di San Gennaro Ves.no, Umberto Saetta, Perfrancesco Ammendola e il sottoscritto hanno parlato ai ragazzi dei mestieri storici del nostro territorio. Oggi l’ “ammuinatore” si chiamerebbe “clacchista”.
I ragazzi hanno seguito con grande attenzione gli interventi di Saetta e di Ammendola, perché essi hanno parlato di esperienze personali: il primo è Guida del Parco Nazionale del Vesuvio, l’altro, nella sua azienda agricola, sta rinnovando, nel segno dell’ecosostenibilità, i fasti dell’agricoltura vesuviana, alleva le api e produce verdure “storiche”, e tra queste le mitiche “torzelle” che un tempo furono l’ingrediente fondamentale di un impareggiabile “piatto” napoletano: ‘a menesta mmaritata. Io ho parlato della coltivazione del tabacco a San Gennaro, del lavoro durissimo delle “tabacchine”, di cavallari e cocchieri che garantivano i trasporti lungo le strade più importanti del territorio, la Nola – Sarno, la Nola- Torre Annunziata, la Sarno- Palma- Ottajano. Quando Saetta e Ammendola hanno dichiarato, a voce alta e ferma, che un giovane non può individuare i suoi obiettivi se non conosce seriamente la storia del proprio territorio e dei suoi abitanti, ho invitato i ragazzi ad applaudire. Insomma ho fatto da “capoclaque”: e mi sono subito detto che avrei dovuto parlare ai ragazzi di questo mestiere immortale. Sull’origine della” claque” – di quel gruppo di persone che nei teatri davano agli spettatori il segnale degli applausi e indicavano con l’esempio anche il tipo di applauso – ho scritto un articolo alcuni anni fa ricordando i “clacchisti”- non mi piace usare questo orrido tema- che accompagnavano le pubbliche esibizioni di Nerone musicista e cantante. Da allora i “clacchisti” non sono più usciti dai teatri e hanno imparato a influire sui successi degli spettacoli, ma anche a determinare i “fallimenti”: nel 1911 il soprano Meta Reddish, durante il suo debutto al San Carlo, venne contestata duramente dalla “claque” dei loggioni perché non era stata molto generosa nell’offerta di danaro al “capoclaque”, che apparteneva, tra l’altro, a un clan di camorra. E ancora nel 1992, sempre a Napoli, mentre va in scena l’ “Adriana Lecouvreur” con Raina Kabaivanska e Nunzio Todisco, si scontrano due diverse “claques”. Ma i clacchisti non lavoravano e non lavorano solo a teatro: sono presenti dovunque sia necessario e possibile muovere la folla all’applauso e definire, dell’applauso, direzione, durata e intensità. Nel 1837 e nel 1876 i sindaci di Ottajano furono costretti a presentarsi, in compagnia di politici e di funzionari, in rioni periferici abitati da contadini per rendersi conto dei danni vistosi prodotti dalla pioggia intensa e “dall’acqua che correva a secchi”. L’impiegato che scrisse, nel 1837, il verbale della visita e delle promesse fatte dal primo cittadino non dimenticò di annotare che già al suo arrivo il sindaco era stato salutato “dalle alte voci, dal plauso e dalla reverenza” della folla. Nel verbale del 1876 si notava che “l’ammuina” della gente “era stata incitata”, “placata” e poi nuovamente “sollecitata” dal “copista” dell’ufficio del sindaco: l’” ammuinatore” si chiamava Giovanni Spataro. Del resto, la TV ci dimostra, a ogni ora del giorno, la vitalità del mestiere di clacchista. Ringrazio, per l’idea dell’incontro e per l’invito, i rappresentanti del “Lions Club” Maria Lucia Ambrosio, Rossana Bifulco, Francesco Ambrosio, presidente del club, Luciano De Angelis, presidente della “IX Circoscrizione del Distretto 108 Ya” e la Dirigente dell’Istituto dott.ssa Annarita Cortese. E’ stato un incontro prezioso per tutti.