A lungo gli apparati della Chiesa sentenziarono che i quadri a tema religioso del “comunista” Renato Guttuso erano solo testimonianze di empia blasfemia. Furono Padre David Maria Turoldo e Papa Montini a cambiare le carte in tavola dichiarando che in quei quadri era evidente la ricerca dei valori sociali del Cristianesimo. Il quadro di cui si parla in questo articolo, dedicato all’evento che si celebra la “Domenica delle Palme”, fu portato a termine dall’artista siciliano negli ultimi anni di vita.
Il “comunista” Renato Guttuso cercò ispirazione e temi nella religione cristiana: ma i suoi quadri, “Il pane”, “Saul e David”, “Conversione di San Paolo”, “Cena di Emmaus” e soprattutto la “Crocifissione” ne fecero il bersaglio dei rappresentanti intransigenti della Chiesa, che lo accusarono di essere un blasfemo sacrilego. Nel 1969 Padre David Maria Turoldo cercò di mettere un freno alla violenza verbale dei suoi colleghi e li esortò a meditare su aspetti importanti del “realismo sociale” del pittore siciliano, da lui definito “un narratore biblico, di una Bibbia in fiamme, mai finita, di una Bibbia che è la nostra storia”. Nel 1973 papa Paolo VI incontrò Guttuso, e si intrattenne a lungo con lui il giorno in cui venne inaugurata, nei Musei Vaticani, la Collezione di Arte Moderna, fortemente voluta dal papa quando era ancora il cardinale Montini. A quella collezione Guttuso donò tre sue opere, e avrebbe volentieri donato anche la “Crocifissione”, se non gli avessero posto una condizione che egli non poteva accettare, coprire il corpo nudo di Maria Maddalena. Successivamente anche qualche importante teologo, come don Crispino Valenziano, incominciò a sottolineare la dignità religiosa dei quadri “sacri” di Guttuso, “che credeva di non credere”, e invece dimostrava, nelle sue opere, fin dal primo momento, di aver “visto” chiaramente il “sacro” nei problemi sociali, e il dramma sociale della sofferenza nei valori della religione. Racconta Luigi Accattoli che quando capì che la morte era imminente, Guttuso chiese al cardinale Angelini di celebrare messa a casa sua, per lui e per pochi amici,su un altare costituito da un quadro dell’artista, che rappresentava il Crocifisso in una grotta e aveva un titolo significativo “La forza del destino”. Nel quadro “Cristo entra in Gerusalemme”, che fu portato a termine nel 1985 – Guttuso morì nel gennaio del 1987 – il “realismo sociale” è presente in tutti i suoi aspetti: non ci sono i mantelli, la solennità, le mura che vennero dipinti da Giotto, da Lorenzetti, da Rubens, da Van Dick nei quadri dedicati allo stesso “soggetto”: nel quadro di Guttuso a Cristo fanno festa gli umili, in maniche di camicia, gli stessi “umili” che vanno a far la spesa alla Vucciria. Gesù entra non in Gerusalemme, ma nel dolore delle donne e degli uomini. E infatti il “centro” del quadro è il muto sguardo che si scambiano Cristo e la donna vestita di nero, la sola che indossi la veste del lutto: Cristo è venuto per lei, per dirle che Egli la consolerà e le farà capire che la via del dolore può diventare la via della conoscenza di sé e della salvezza. Alle spalle di Cristo solleva le braccia una donna vestita di bianco, come il Salvatore: congiungendo la linea delle braccia alzate della donna con il vertice della chioma di Cristo e incrociando questa linea con quella che si ricava dal profilo dell’asino si ottiene una Croce, il fine ultimo per il quale il Salvatore è venuto sulla Terra e incomincia, da Gerusalemme, l’ultimo viaggio terreno. Il verde del drappo che copre il dorso dell’asino non solo è simbolo della speranza, ma serve anche a rendere più nitida quella linea verticale di cui prima si parlava. Qualcuno ha visto nell’uomo in rosso, inginocchiato accanto alla donna, un autoritratto dell’artista. Dal punto di vista tecnico, bisogna dire che Guttuso resta fedele fino all’ultimo alla scelta di “marcare” il profilo delle figure con “mobili” linee nere, che sembrano tracciate con l’inchiostro: serve, questa grafica, a sottolineare l’identità di ogni figura, a costringere il nostro sguardo a non limitarsi alla percezione di un indistinto gruppo di persone, ma a soffermarsi su ogni volto, su ogni gesto. L’intreccio di linee che muove la chioma dell’uomo in rosso basta da solo a dirci quanto raffinata fosse la tecnica di Guttuso: quella mossa capigliatura e le ombre stese a velature sul rosso della veste ci avvertono: il vostro sguardo deve entrare nel quadro dall’angolo in basso a destra. Buona “Domenica delle Palme”.