La mania del condividere
La tendenza degli ultimi anni è lo sharing, un posto in macchina, un posto letto, un posto a tavola, un ufficio.
L’idea sottostante il co-working è quella di guardare al luogo di lavoro come ad un servizio da fornire. Si tratta di uffici in affitto, di cui principali fruitori sono liberi professionisti e startup: il risultato è quello di un ambiente di lavoro variegato, condiviso, composto di lavoratori, ognuno indipendente dagli altri.
Il coworking è un prodotto del nuovo millennio ed è un mercato in piena evoluzione. Lo si vede dal fatto che non ci sono ancora standard qualitativi, ogni realtà è a sé.
Un Partner di Hatch Today, il primo co-working space di San Francisco, ha detto: “La parola coworking non sarà una parola nel futuro, probabilmente sarà semplicemente il modo in cui lavoreremo”.
In effetti, alla matrice del successo di questo fenomeno possono essere individuate due distinte variabili. La prima è l’evoluzione tecnologica, che ha modificato profondamente la maniera di lavorare e di approcciarsi a un’occupazione; la seconda è il dinamismo in cui la nostra società è immersa, che genera un obbligo di flessibilità.
I pro di lavorare in uno spazio di lavoro condiviso sono molteplici: risparmiare sui costi fissi, creare network, sfuggire alla solitudine del telelavoro, sfruttare le sinergie derivanti dallo stare a contatto con realtà diverse, godere di servizi aggiuntivi che rendono lavorare a casa non paragonabile.
Ci sono anche dei contro. Il non avere un posto (fisicamente) fisso potrebbe avere un impatto negativo (da valutare) sulla stabilità di un’attività; tuttavia, nell’ottica di creare un’attività continuativa, tra stabilità e flessibilità, il valore aggiunto è il secondo. Non ci sono, dunque, svantaggi sostanziali per chi affitta un ufficio, o una scrivania attrezzata, o una sala riunioni; le valutazioni negative valgono, piuttosto, per i proprietari delle strutture, vale a dire per chi decide di investire in coworking. Si tratta, infatti, di un investimento rischioso, per la poca differenziazione degli introiti.
È questo il motivo per cui, sempre di più, nascono prodotti e servizi aggiuntivi: sala riunioni, organizzazione di eventi, caffetteria, palestra, mensa.
I prezzi, variabili a seconda dei servizi accessori, sono suppergiù i seguenti: €20 al giorno o €200 al mese per una postazione, €50 per una meeting room o €350 per una events room una tantum.
Il coworking non ha trovato resistenze in Italia. Solo a Napoli ci sono più di 10 strutture dedicate, ognuna rispondente ad esigenze diverse: ce n’è una per artisti, ad esempio, adibibile come open space o showroom.
L’ultima dal mondo, in particolare dalle cities Londra e New York, è l’aggiunta di un ulteriore servizio accessorio: la residenza. Quindi, oltre al co-working, anche il co-living: wifi, lavanderia, giardino, concierge.
Il successo di questi fenomeni non è però legato unicamente all’offerta di servizi e al taglio di costi, ma anche, e forse soprattutto, all’esigenza di condivisione, all’emergente necessità di vivere in realtà dinamiche, che arricchiscano: in particolar modo, far parte di una community.