Terra dei fuochi. Intervista ad Antonio Giordano

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L’oncologo e scienziato napoletano emigrato negli States e ringraziato pubblicamente per l’impegno scientifico dal Presidente della Repubblica, afferma: “Obiettivi ancora lontani, occorre sottoporre la popolazione ad una serie di screening”.

Oncologo tra i più stimati al mondo, il direttore dello Sbarro Institute for CancerResearch and Molecular Medicine di Philadelphia Antonio Giordano, con il suo libro “Campania, Terra di veleni”, tre anni fa aveva fatto luce sull’ “epidemia silente” da cui è travolta la nostra regione, ritenuta “un laboratorio di cancerogenesi dove le cavie non sono topi, ma i napoletani ed i campani”. Giordano, che ha ereditato il testimone del padre, Giovan Giacomo, continua a condurre numerose analisi scientifiche e indagini epidemiologiche e a denunciare il disastro ambientale che genera un aumento esponenziale dell’incidenza dei tumori. Oggi, il Presidente della Repubblica lo ringrazia pubblicamente per aver fatto luce su una realtà così grave.

Una grande soddisfazione per lei?
Sicuramente un motivo di grande orgoglio. È la conferma che il lavoro di mio padre e il mio sono stati compresi. Sono particolarmente grato al Presidente Napolitano per aver sottolineato l’indipendenza che ha caratterizzato il mio impegno nella ricerca scientifica.

Crede si stia facendo ancora poco per arginare la situazione?
Il dossier “Risultati delle indagini tecniche per la mappatura dei terreni destinati all’agricoltura della Regione Campania”, sembra, come ha evidenziato anche lo scrittore Roberto Saviano, minimizzare l’emergenza campana connessa allo sversamento di rifiuti tossici. Nel dossier si evidenzia che ad essere contaminata dai veleni è solo il 2% degli oltre 1000 Km quadrati mappati. Leggo questo dato e rabbrividisco perchè, purtroppo, credo si tratti solo della punta dell’iceberg e che, ancora, si taccia la gran parte della verità. Bisogna intervenire subito, ripulendo il territorio dai veleni cancerogeni attraverso le bonifiche. Su questo argomento voglio precisare che la mia è solo un’indicazione sul da farsi. Ovviamente, le modalità in cui verranno realizzate non sono di mia competenza, essendo un medico e non un politico.

Bonifiche, prevenzione e screening, siamo ancora molto lontani?
Secondo me le cose da fare sono molteplici e mi sembra che siamo ancora lontani dagli obiettivi: Primo passo: mappa geografica dei ritrovamenti dei rifiuti tossici in modo da individuare i territori contaminati, le falde acquifere e le coltivazioni compromesse; secondo passo: individuazione delle popolazioni da sottoporre a campagne di screening. “Incrociando” i dati relativi alla sostanze tossiche ritrovate nei territori campani con i dati scientifici in possesso dei medici di base e/o con quelli dei registri di invalidità civile a seguito di patologie neoplastiche e/o con le SDO, si potrebbero individuare le patologie locali. In sostanza, alla presenza di particolari sostanze tossiche potrebbe corrispondere un incremento di determinate patologie e si potrebbero realizzare dei mini registri di patologie locali.

Bisognerebbe sottoporre le popolazioni dei siti inquinati ad una serie di screening tesi a rintracciare le sostanze inquinanti ad esempio con esami ematici, esami delle urine, esame del capello, esame dell’espettorato, ecc.o anche attraverso il ricorso ad esami medici come mammografie, ecografie al seno, ecografia dell’addome, ecografia del torace o TC spinale. Diagnosticare tempestivamente le patologie conseguenti all’inquinamento da sostanze tossiche può essere determinante nell’avviare le terapie ad hoc.

Secondo lei c’è ancora poca consapevolezza da parte di cittadini e amministrazioni della correlazione tra siti inquinati e incidenza di tumori?
No, credo che a tal proposito siano tutti sufficientemente consapevoli.

Cosa ci dice a proposito del “Triangolo della morte Acerra-Nola-Marigliano”, viviamo ancora inconsapevoli dei rischi? Cosa potrebbero fare i giovani del nolano?
La consapevolezza c’è ed è tangibile. Ma ai giovani dico di continuare ad informarsi, di studiare, di sostenere le battaglie intraprese, di non scoraggiarsi.

Lei vive a Philadelphia. È mai accaduto qualcosa di simile in America? Se fosse successo lì, quali sarebbero stati le reazioni e le soluzioni individuate?
Basta ricordare la storia di ErinBrockovich, portata alla ribalta dal noto film che vede come protagonista l’attrice Julia Roberts. Anche in America è accaduto qualcosa di simile ma i responsabili sono stati condannati ad un risarcimento di alcune centinaia di milioni di dollari alle vittime dei tumori dei quali erano stati responsabili.

Sappiamo che viene spesso in Italia per lavoro. Che rapporto vive con la sua terra natìa, la stessa terra che ha denominato “dei veleni”?
L’unica verità è che amo profondamente la mia terra. Se così non fosse, non mi affannerei tanto a cercare di difenderla.

La cosa che ama di più?
Amo ritrovare le mie radici.

Quella che odia di più?
La rassegnazione.

Cosa pensa dei giovani che emigrano dal Sud Italia?
Che fanno bene a non rassegnarsi e a cercare nuove opportunità di realizzazione dei propri sogni.