SE FINI SDOGANA LE PAROLE FORTI:

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    “Str:”, usata dal Presidente della Camera è una parola forte, di reazione contro i razzisti. Non tutti i termini, però, hanno lo stesso significato. “Vecchia volpe”, ad esempio, si può prestare a molteplici equivoci.

    Caro Direttore,
    se un giorno decidessi di andartene in giro per le balze del Somma-Vesuvio (piuttosto che attardarti tra file, e-mail e sms), toccheresti con mano le violenze perpetrate dall”uomo a danno della natura. E non solo. Daresti anche maggiore senso a quelle parole, pesanti più di un macigno, pronunciate dal sottosegretario Bertolaso, all”indomani dell”alluvione a Messina (ma anche di altre tragedie): “Ci sono grandi responsabilità da parte degli amministratori locali!”.

    A parte le graziose casette, che continuano a spuntare come funghi in un bosco, potresti notare, per esempio, le ardite opere di ingegneria (stradale e idraulica) messe in essere dalla fantasiosa mente e dall”operosa mano dell”uomo. Potresti scoprire che i sentieri di accesso al Somma-Vesuvio sono quasi tutti carrozzabili e, taluni, anche asfaltati. Vedresti che i lagni (è più elegante chiamarli alvei?), poi, sono diventati una sorta di autostrade, levigate, continuamente piallate da qualche compiacente proprietario di bobcat, che copre ed elimina quegli sbarramenti naturali con relative vasche per le acque reflue (per capirci, quelle che nel nostro vernacolo abbiamo sempre chiamato “catene”), mentre innalza ai suoi bordi cumuli di immondizia.

    E qui ci trovi di tutto: pneumatici usati, carcasse di automobili, inerti, televisioni e frigoriferi smessi, pezzi di eternit, infissi di alluminio anodizzato, recipienti in plastica, confetture scadute. E non so quante altre cose. I lagni con funzione di autostrade servono a facilitare e velocizzare il percorso per le case ed i condomini condonati, quelli abusivi non ancora condonati, quelli abusivi e basta.

    Ti devo confessare che una mia collega di Groppello Cairoli -piccola località in provincia di Pavia- non mi ha molto in simpatia, perchè –dice- sono un meridionale. Ella sostiene che al sud si fanno solo imbrogli: ultimamente, per rincarare la dose, mi rinfaccia, come se fosse una mia colpa, che anche la Gelmini, per superare l”esame di Stato per la professione di avvocato, preferì spostarsi alla Corte di Appello di Reggio Calabria.

    Quella mia collega di Groppello Cairoli (che si è laureata solo dopo essere diventata l”amante di un noto professore), poi, tentando di offendermi ancora oltre, ama definirmi “borbonico”. Se le chiedo il perchè di questa sua definizione, mi risponde che i Borbone (ma da ignorante, lei li chiama i Borboni) erano degli imbroglioni, superficiali nell”amministrazione, dediti a bagordi più che a compiti di difesa e sviluppo delle città e dei cittadini.

    Come al solito la verità non è mai da una sola parte. Borbonico si dice, generalmente, di un sistema antiquato, referenziale e, riferito ai Borbone di Napoli, di un sistema di governo retrivo, reazionario ed anche poliziesco. Ma i Borbone di Napoli, escluse le pecore nere che ci sono in ogni buona famiglia, si sono lasciati ricordare anche per altre cose. Essi, infatti, riordinarono l”esercito, revisionarono e rinnovarono gli studi universitari, la pubblica amministrazione e la giustizia, migliorarono l”assetto viario del paese, ripristinarono la fabbrica di porcellane di Capodimonte, inaugurarono il teatro “Mercadante” ed il “San Ferdinando”, la villa di Chiaia, il deposito dei Granili, diedero inizi agli scavi di Ercolano, vararono l”avanzata legislazione sociale del centro manifatturiero di San Leucio.

    E costruirono (1610) anche l”utile rete dei regi lagni, con un nobile ed intelligente intento: porre fine alle frequenti inondazioni che tormentavano, per lo straripamento del fiume Clanio, le popolazioni poste a valle nelle terre della Campania felix, impedendone il naturale sviluppo urbanistico.

    Allora, caro Direttore, i regi lagni servivano (e servono ancora) a qualcosa o no? E la definizione di “borbonico” è da considerarsi un”offesa o un complimento?
    “Moribondo paese che sai tutto di me e dei miei/ io so chi ha comprato chi ha venduto la casa e la terra,/ chi è partito e si è messo nei panni miei,/ contento di vivere al di là dell”ombra della stazione/ piuttosto che accrescere le carte notarili e i testamenti/ sulle tue carni nere di tegole e di muri”. (Rocco Scotellaro, dalla raccolta “Margherite e Rosolacci”, Mondadori, 1978).

    Il problema è quello di usare bene le parole e al momento opportuno. Invece, si generalizza sempre, specie con le cattive parole. Allora succede che Fini dica che i razzisti sono degli stronzi; che Calderoli rimandi l”epiteto a chi fa intravedere l”Italia come un eldorado per gli immigrati. Succede anche che il ministro Scajola, non sapendo come rispondere alla domanda di un operaio dell”Atitech di Capodichino, non gli riesca di meglio che chiamarlo stronzo.

    E, poi, accade che gli epiteti offensivi lanciati a ruota libera in televisione non si contino, in ogni trasmissione; che l”antesignano sia stato l”onorevole Sgarbi (oggi anche sindaco di Salemi), abituato ed abilitato ad apostrofare, con volgarità, a destra e a manca, donne ed uomini, santi e madonne. E così capita che il linguista Tullio De Mauro, in questo bombardamento giornaliero, finisca con l”issare bandiera bianca e dire che l”antico termine longobardo “strunz” (diverso dallo “strunz” di Trapattoni!), usato da Fini, è, sì, un”espressione forte, ma giustificata dalla volontà di reagire al razzismo!

    Caro Direttore, ma perchè massificare ed uniformare la lingua? Perchè ridurre un termine ad essere onnicomprensivo, nel senso che può significare una cosa ed anche un”altra o un”altra ancora? Diceva Michele Murri, uno dei personaggi creati da Eduardo De Filippo nella commedia “Ditegli sempre di sì” (1932), “[:] C”è la parola adatta, perchè non la dobbiamo usare? Parliamo con le parole appropriate, se no io mi imbroglio”.

    A me, per esempio, a quella mia collega di Groppello Cairoli verrebbe di chiamarla “zoccola” (dal latino “sorcula”), che dalle nostre parti significa, a secondo del contesto comunicativo, “donna di costumi leggeri” o “persona astutissima” (una vecchia volpe). Io, caro Direttore, vorrei dirle che, secondo me, avendo raggiunto l”apice della carriera, passando di letto in letto, è una donna di facili costumi. E se, invece, prendesse le mie parole come un complimento? Come perchè?

    Perchè potrebbe pensare, magari, di essere stata definita una persona astutissima, al pari di una volpe! E con i tempi che corrono, rischierebbe pure di non sbagliare! Vedi, infatti, quante persone astutissime sono ai posti di comando, al governo del paese, alle presidenze dei condomìni ed a quelle dei comitati per i festeggiamenti del santo patrono!
    Direttore, tu che sei una vecchia volpe (e che, immagino, non abbia scaldato troppi letti), potresti far qualcosa per aiutarmi a capire di più, a districarmi meglio, in questo mondo di parole globalizzate?
    (Fonte foto: Rete Internet)