L’ÉLITE POLITICA CAMPANA HA MENTALITÁ CLIENTELARE

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    La classe politica degli ultimi 20 anni si è posta solo il problema della sopravvivenza e in quell”ottica ha gestito i fondi pubblici. Naturale la saldatura con la camorra. Il nodo può scioglierlo solo la politica.
    Di Amato Lamberti

    La questione rifiuti può servire, almeno a mio avviso, ad aprire scenari nuovi rispetto ai ragionamenti, riguardo alla camorra, che da anni si portano avanti un po” a tutti i livelli, da quello della pubblicistica a quelli della politica e della magistratura, e che negli ultimi tempi hanno ripreso particolare vigore. Tutti, infatti, sembrano convinti che il problema “camorra” si riduca alla lotta contro i gruppi criminali che degli affari criminali, come estorsioni, usura, traffico e spaccio di droga, fanno la loro principale attività e proprio per raggiungere i loro obiettivi hanno messo sotto controllo “militare” il territorio.

    La politica, naturalmente, per allontanare da sè gli sguardi e le inchieste, sostenuta anche dagli apparati di controllo dello Stato, spinge nella direzione di bande criminali isolate ed estranee rispetto alle logiche economiche e politiche del territorio, “corpi estranei” da colpire e sradicare anche con l”aiuto dell”esercito. L”emergenza rifiuti, qualunque sia l”esito delle indagini giudiziarie, dimostra, invece, che, per comprendere la funzione della camorra, e, quindi, le stesse ragioni del suo diffuso radicamento, bisogna partire dai fondi pubblici e dalle manovre congiunte, a tenaglia, per gestirle a proprio vantaggio, messe in opera da parte della politica e dell”imprenditoria operanti sul territorio.

    L”immagine della tenaglia vuol dire chiaramente che se politica e imprenditoria sono i bracci della leva, la camorra è il fulcro che li tiene insieme e permette, ad entrambi, di raggiungere i risultati: schiacciare i concorrenti e appropriarsi a proprio vantaggio della gestione dei fondi pubblici. Continuare a credere e a sostenere che la camorra sta solo nel braccio dell”impresa, fa comodo alla politica, che si erge a difesa della legalità mentre rivendica la più ampia e incontrollata discrezionalità nella scelta dei progetti, dei partner e delle procedure per affidare appalti e forniture.

    Senza il braccio della politica, i fondi pubblici non sono nè raggiungibili nè utilizzabili: per questo, la camorra, come sta nell”impresa sta anche nella politica e nelle amministrazioni pubbliche. E fa da fulcro con la sua logica, fatta di un mix di violenza, intimidazione, corruzione, che riesce a tenere insieme imprenditori e politici che puntano comunque a ottimizzare a proprio vantaggio le rispettive rendite di posizione.

    L”aspetto più preoccupante, quindi, quando si parla di camorra, è sicuramente quello della saldatura sempre più frequente e vistosa tra ceto politico/amministrativo e organizzazioni/consorzi criminali di imprese e d”affari. Il politico e l”amministratore non hanno, certo, nè interessi nè convenienza a stabilire rapporti con la manovalanza del crimine e nemmeno con le organizzazioni che si occupano della gestione del mercato criminale, ma si trovano sempre più spesso a dover fare i conti, avendone piena consapevolezza, con il livello legalizzato o semilegalizzato delle organizzazioni criminali: vale a dire col sistema delle imprese con personale e/o capitale camorristici che forniscono beni e servizi.

    Al di là delle collusioni e delle connivenze personali, pure presenti e numerose, resta il fatto che il ceto politico e amministrativo non sembra in grado di far fronte alla pressione costante che queste imprese, solo apparentemente legali, operano sul mercato della distribuzione dei fondi pubblici e delle opportunità di lavoro e assistenza.

    Due le ragioni di questa incapacità: da un lato, l”inadeguatezza di alcuni sistemi amministrativi, oltre che di tutta una serie di norme procedurali, specie per quanto riguarda tutto il complesso settore degli appalti per la fornitura dei servizi e per la realizzazione di opere pubbliche; dall”altro, una incapacità che è anche il risultato di mentalità e atteggiamenti che tendono a sottovalutare la presenza di organizzazioni criminali e, nello stesso tempo, a privilegiare rapporti, spesso informali, con forti potenziali di ricaduta, in termini di benefici personali, sia sul piano politico che, a volte, su quello strettamente economico.

    Il problema di fondo della Campania appare, quindi, essere quello della solidificazione, in questi ultimi venti anni, di una èlite politica che per formazione, interessi e mentalità, oltre che per mere ragioni di sopravvivenza, fa, della gestione delle sue prerogative decisionali e dei fondi pubblici, un uso sempre più spesso particolaristico, orientato a rinsaldare posizioni di potere personali e di gruppo e a togliere spazi e possibilità di manovra politica agli avversari. Di qui il ricorso sempre più accentuato a meccanismi clientelari di distribuzione di favori, prebende, assunzioni e denaro pubblico.

    Di qui la saldatura con gli interessi delle imprese e dei gruppi, come quelli “camorristi”, che sulle reti clientelari fondano la loro capacità di controllo del mercato economico e delle pubbliche amministrazioni. Quando quote significative del mercato politico e del mercato economico sono tenuti insieme dallo stesso reticolo di clientele, è scontata una rappresentanza politica espressione di interessi precisati, ma anche di una gestione della cosa pubblica che non si cura più nemmeno del rispetto formale delle procedure amministrative.

    L”intervento della Magistratura testimonia che questa saldatura si è ormai realizzata in molte realtà locali, ma la “cura” non può essere demandata ai magistrati, visto che si tratta di un problema squisitamente, come si diceva una volta, politico.
    (Fonte foto: Rete Internet)

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