La canzone neomelodica si può dire che sia diventata una industria, sia pure culturale, usata dalla camorra come lavanderia di denaro ma anche come veicolo per messaggi camorristici. Di Amato Lamberti
Recenti operazioni antimafia hanno portato alla luce le connessioni tra business neomelodici e clan camorristici. Nel settore dei cantanti neomelodici il giro d’affari è tuttora molto elevato, con fatturati da milioni di euro tutti regolarmente in nero. Un sommerso calcolato dagli esperti in non meno di 200 milioni di euro l’anno e che parte dagli investimenti dei clan sui personaggi del gorgheggio attraverso etichette, radio e tv private di riferimento. Il giro di affari va avanti poi con matrimoni, battesimi e feste di piazza dove i cantanti vengono imposti dai clan agli organizzatori, con cachet da decine di migliaia di euro a serata.
Organizzatori come Tommaso Prestieri che posano a manager di spettacoli con una loro scuderia di cantanti, ma che sono organici a clan criminali e adottano modalità camorristiche per controllare il territorio e i loro affari. Come nel caso di una festa di piazza a Secondigliano, con protagonista Carmelo Zappulla, famoso cantante neomelodico, organizzata dal manager musicale Enrico Assante senza l’autorizzazione del Prestieri, visto che si trattava del suo territorio. Il risultato fu che venne dato incarico a Vincenzo Esposito, del clan Di Lauro, di dare una lezione all’impresario che aveva osato fare l’affronto al Prestieri.
La canzone neomelodica si può dire che sia diventata una industria, sia pure culturale, usata dalla camorra come lavanderia di denaro ma anche come veicolo per messaggi camorristici. A preoccupare è oggi il fatto che sempre più sono coinvolti giovanissimi, anche di 10 anni, per allargare l’area dei fruitori di certa musica e di certi messaggi.
Uno spaccato della situazione interna al mondo dei neomelodici l’ha offerta Gigi D’Alessio, cantante oggi di livello internazionale ma che nasce neomelodico, diventandone anzi l’icona più importante, in una intervista al mensile "Vanity Fair" nel novembre 2008. Molte delle vicende raccontate dal cantante erano già note in quanto erano emerse nel 2001, quando il cantante fu incriminato per concorso esterno in associazione camorristica. Accusa dalla quale venne poi prosciolto.
Ciò che colpisce, nella conversazione con la rivista "Vanity Fair", è la completezza del racconto e la precisione dei dettagli. "Se a Napoli vuoi fare il cantante e cominci a essere un po’ conosciuto, è inevitabile finire in quel giro: ma un conto è fare il proprio lavoro, un conto essere colluso", tiene a precisare D’Alessio, che aggiunge, "a certi banchetti ho incontrato anche colleghi come Renato Carosone o Riccardo Cocciante. Tutte le foto in cui mi si vede in compagnia dei boss sono state scattate durante quelle feste. Cosa potevo fare? Rifiutarmi di posare con loro?"
In pratica, il cantante, si trovava in uno stato di soggezione, costretto a mettersi a disposizione e a rispondere all’appello ogni volta che i boss chiamavano. "Sono stato minacciato di morte -racconta il cantante-. Mi fermavano per strada dicendomi di tutto: se non vieni a cantare alla festa per il matrimonio di mio figlio, ti taglio la gola. Oppure: se non canti le tue cose al pranzo per il battesimo di mio nipote, ti spacco la testa. Ma c’era anche chi preferiva concentrarsi su altre parti del mio corpo: il naso, le gambe, la lingua, le mani. E io ci andavo, eccome se ci andavo. Sono arrivato a fare quindici feste al giorno, dall’ora di pranzo all’alba. Se in quegli anni avessi detto no a qualcuno e sì ad altri, avrei passato guai seri".
Anche le canzoni scritte a quattro mani con il boss di Forcella, Luigi Giuliano, rientrano nelle offerte che non si possono rifiutare, anche perché la camorra non si è mai limitata alle minacce verbali. Per chi non ascolta le minacce diventano aggressioni, ferimenti, sangue e morte.
Anche Nino D’Angelo fu costretto ad abbandonare Napoli, come racconta nella sua autobiografia "L’ignorante intelligente", dopo che i camorristi gli avevano frantumato a pistolettate le finestre di casa. La svolta per Gigi D’Alessio fu il grande concerto al San Paolo di Napoli, del 7 giugno 1997, con 38.000 spettatori che lo consacrò alla ribalta nazionale. Fece sapere subito che non avrebbe più cantato alle feste e va a vivere a Roma: da re dei neomelodici a divo del pop nazionale.
(È di ieri la notizia che un noto neomelodico è stato indagato per istigazione a delinquere. LEGGI)