Continua l”appuntamento quindicinale del prof. Ariola con la rubrica “Lingua in Laboratorio”. Oggi si parla dell”ambiguità delle parole e dell”indovinello.
Il prof. Eligio Ligio si chiama proprio così. Suoi sono sia il nome che il cognome. Stavolta non c”è lo zampino del collega ed amico Geremia, che da sempre confessa il suo disappunto per non aver potuto esercitare la sua creatività nomignolesca, dato che al curioso connubio aveva già provveduto il caso o qualcun altro all”inizio della catena generazionale degli Eligio/Ligio, quando si era accoppiato per la prima volta quel cognome con quel nome proprio, per burla, forse, o per un riconoscimento ufficiale di una coscienziosa osservanza dei doveri del proprio stato, chissà!
Il prof. Fantasia tuttavia si è autoconcesso e continua di tanto in tanto a concedersi, un modesto risarcimento per la defraudazione subita, ora apostrofando l”amico, che siede davanti a un tomo ponderoso, tra l”assente e il distratto: “Caro Eligio, stamane ti vedo un po” grigio!”. Battuta che serve a far sorridere l”apostrofato, alzandogli subito il livello d”umore depresso, ora sussurrando una battuta alquanto greve e salace ad altro amico, assente l”interessato, riferendosi alla sua (del prof, Ligio) abitudine di permettersi qualche apprezzamento su una bella donna accostandola alla Venere callipigia: “È insolitamente in ritardo il nostro Eligio Callipigio!”
Il prof. Eligio è un insigne docente di Latino e Greco e nutre una ammirazione per la classicità così fervida da sfiorare il fanatismo, alla quale accompagna, come è naturale, un profondo, viscerale e malcelato misoneismo. Spesso intavola brevi ma intense conversazioni con il collega Carlo, che si risolvono in uno scambio culturale di gran pregio ed interesse, per orecchie interessate, s”intende.
A proposito dell”ambiguità del linguaggio, il prof. Carlo ha appena finito di dire che un significativo esempio di ambiguità è dato dall”indovinello.
“L”indovinello –continua- è costruito proprio sulla caratteristica del linguaggio di avere due o più significati. Si tratta di un “breve componimento, spesso in versi”, nel quale coesistono due significati, uno proclamato ufficialmente e un altro nascosto da indovinare: si descrive una persona, un oggetto un fatto, una situazione con parole che possono riferirsi e quindi significare altra persona, altro oggetto e altra situazione. È come una medaglia con le sue due facce: se ne mostra una e si chiede di indovinare anche l”altra. Infatti basta un leggero movimento, della mano nel caso della medaglia e del pensiero nel caso dell”indovinello, per vedere e conoscere la parte nascosta”.
“Si potrebbe parlare –lo interrompe il prof. Eligio– del gioco della doppia verità o perfino della concezione relativistica della verità:”
“Senza andare necessariamente nel campo filosofico, mi sembra la tua una considerazione importante per individuare un qualche fine pratico di questa operazione della mente che a prima vista appare come un puro gioco, di intelligenza, ma sempre gioco, quello cioè di un allenamento mentale che permetta più agevolmente di non fermarsi, nel leggere e nell”interpretare la realtà, alle mere apparenze, ma di andare a vedere cosa c”è e ci può essere dietro e oltre.
Vorrei citare un indovinello tra i tantissimi che conosco, che mi sembra di rilievo per la sua attualità. È di Fan (Gianfranco Riva), ripreso da Stefano Bartezzaghi nelle sue “Lezioni di enigmistica” (Einaudi,Torino, 2001):
Thoeni si supera nello slalom
“Dopo un”evoluzione che in teoria
è apparsa piuttosto discutibile
col suo arrivo “mondiale” ha migliorati
nel tempo i precedenti suoi primati”.
Si tratta “di un vero e proprio discorso sull”uomo, nascosto sotto il discorso sullo sciatore: l”uomo infatti, dopo aver subito un”evoluzione antropologica (la cui “teoria” è stata molto controversa: discussa e quindi “discutibile”), con il suo “arrivo al mondo” ha costituito un “miglioramento” delle “specie dei primati” (in questo caso plurale di “primate” e non di “primato”) che lo hanno “preceduto””. (Bartezzaghi)”
“Scusami, caro Carlo, ma tra gli indovinelli che hanno come soluzione “l”uomo”, ritengo insuperato, per la sua icasticità significativa, quello classico per eccellenza, quello che la Sfinge, mostro con volto di donna e corpo di leone, figlia secondo Esiodo della Chimera, proponeva ai viandanti alle porte di Tebe, uccidendoli se non sapevano dare la soluzione:
“Qual è l”essere che di mattina ha quattro zampe,
di giorno ne ha due e di sera ne ha tre?
Si sa che fu Edipo a dare la soluzione e la Sfinge dalla rabbia per la sconfitta subita si gettò in un burrone e morì”.
(Continua)