LA SALVAGUARDIA DEL MINORE: IN PARTICOLARE, L’AFFIDO INTRAFAMILIARE

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    Ci sono casi (rari) in cui è lo stesso genitore naturale del minore a chiedere l”intervento degli assistenti sociali, per far fronte alle difficoltà di sostentamento. Il caso di oggi. Di Simona Carandente

    Numerosi e variegati sono gli istituti, sia del diritto sostanziale che processuale, volti alla salvaguardia dei diritti del minore, specie se questi si trova a vivere momenti di difficoltà all’interno del nucleo familiare di origine, o al di fuori qualora ne sia privo.

    Scopo principale di tali istituti è quello di sostenere il minore nel proprio, delicato, percorso di crescita psicofisico, cercando di non allontanarlo dalla propria famiglia naturale, favorendo anzi il graduale reinserimento al proprio interno, contenendo al contempo i danni derivanti dalla momentanea perdita delle figure genitoriali di riferimento. In alcuni, rari casi, è il genitore naturale del minore che può chiedere l’intervento dell’autorità giudiziaria, o per meglio dire degli assistenti sociali, specie laddove si trovi a doversi misurare con condizioni di vita non facili, se non addirittura di particolare allarme sociale, incapace di gestire da solo ed in prima persona.

    Nel caso di specie, la sig.ra A. si è rivolta al legale in quanto raggiunta, pochi giorni prima, da un provvedimento di decadenza dalla potestà genitoriale in relazione ai due propri figli minori, uno dei quali con gravi problemi di autismo, che ella stessa aveva collocato in Casa Famiglia qualche mese addietro, trovandosi nell’impossibilità materiale di poterli accudire e provvedere al loro sostentamento. Nonostante l’impugnazione ritualmente proposta, il Tribunale rigettava il ricorso della sig.ra A., dichiarando la stessa decaduta dall’esercizio della potestà genitoriale assieme al padre naturale dei minori, conducendo i minori stessi verso un provvedimento di adozione da parte di una famiglia esterna al nucleo familiare.

    Tuttavia, su consiglio del legale la sig.ra A, consapevole della propria inidoneità rispetto al ruolo di madre, specie in relazione ai gravi problemi di salute di uno dei minori, prospettava la possibilità che la propria sorella C., sposata e madre di due bambini, onesta lavoratrice ed avulsa da ogni contiguità con ambienti criminali, prendesse in affido i propri figli.
    Attraverso l’istituto dell’affido intrafamiliare i parenti dei minori, entro il quarto grado, possono dichiararsi disponibili ad accogliere gli stessi nel proprio nucleo, senza che questo comporti l’uscita di questi dalla famiglia di origine, con il sostegno e l’accordo del Servizio Sociale competente per territorio, chiamato a pronunciarsi sull’idoneità della famiglia affidataria e a stilare un progetto socio- educativo del tutto individualizzato.

    La procedura intrapresa dalla sig.ra C, potenziale affidataria, è allo stato ancora in corso, essendo all’attenzione del Giudice tutte la valutazioni sull’idoneità, affettiva ed economica, ad accogliere i due minori in casa; l’augurio è quello che il Tribunale, in ossequio ad un principio di salvaguardia dei valori familiari, affidi i minori agli zii materni, evitando la complessa via dell’adozione etero familiare, con ulteriore trauma per il già delicato equilibrio psicofisico dei due piccoli. (mail: simonacara@libero.it)
    (Fonte foto: Rete Internet)

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