Il Sinodo sulla e:per la famiglia

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    Con il Sinodo affrontati temi caldi: si guarda con occhi diversi alla complessità della realtà odierna delle famiglie, riconoscendo il buono che si trova in tutte le situazioni.

    Spenti i riflettori sul Sinodo, credo che, un po’ a mente fredda e, senza la manipolazione mass-mediatica, possiamo fare una riflessione più pacata e serena su quanto è avvenuto a Roma nei giorni scorsi.

    Papa Francesco, alla fine dello scorso maggio, aveva già avvertito. «A me non è piaciuto che tante persone, anche di Chiesa, preti, abbiano detto: "Ah, il Sinodo per dare la comunione ai divorziati…", e sono andati proprio lì, a quel punto. Io ho sentito come se tutto si riducesse a una casistica. No, la cosa è più e più ampia». E aveva aggiunto: «Non vorrei che noi cadessimo in questa casistica: si potrà, non si potrà…?». A leggere certi resoconti giornalistici si è consegnato alle cronache il Sinodo per quello che non è, e non deve essere. Impossibile, nel notare quanto è avvenuto su una parte della scena mediatica, non ricordare il discorso che papa Benedetto XVI, quasi all’indomani dell’annuncio della sua rinuncia, nell’ultimo incontro con i preti di Roma, il 14 febbraio del 2013, disse a proposito del Concilio:

    «C’era il Concilio dei Padri, il vero Concilio, ma c’era anche il Concilio dei media. Era quasi un Concilio a sé, e il mondo ha percepito il Concilio tramite questi, tramite i media. Quindi il Concilio immediatamente efficiente arrivato al popolo è stato quello dei media, non quello dei Padri. E mentre il Concilio dei Padri si realizzava all’interno della fede, ed era un Concilio della fede che cerca l’intellectus, che cerca di comprendersi e cerca di comprendere i segni di Dio in quel momento, che cerca di rispondere alla sfida di Dio in quel momento e di trovare nella Parola di Dio la parola per oggi e domani… il Concilio dei giornalisti non si è realizzato, naturalmente, all’interno della fede, ma all’interno delle categorie dei media di oggi, cioè fuori dalla fede, conun’ermeneutica diversa».

    Ed è quello che, in misura non piccola, sta succedendo ancora oggi. E, per la verità, con qualche “complicità ecclesiale”. Qualcuno, pur di apparire, è caduto nella “trappola mediatica”, spostando il problema. L’argomento dei "divorziati risposati" è , sì, importante, soprattutto oggi, ma credo che il vero nodo sia quello di far ri-scoprire a tutti la bellezza del “Vangelo dell’amore” nel matrimonio cristiano. Il Sinodo è servito, nel segno di un confronto reale, di un libero e acceso dibattito, espressione di collegialità, a rendere esplicito un cammino di discernimento spirituale e pastorale. E anche nell’affrontare i punti cosiddetti “caldi”, la sostanza è quella di uno sguardo nuovo, di amore e di apertura, di accoglienza verso la complessità della realtà odierna delle famiglie e di riconoscenza del buono che si trova in tutte le situazioni.

    Quello sguardo che era stato espresso felicemente nella Gaudium et Spes, teso a «ricercare ciò che oggi il Signore chiede alla sua Chiesa, prestando orecchio ai battiti di questo tempo e percepire l’odore degli uomini d’oggi fino a restare impregnati delle loro gioie e speranze, delle loro tristezze e angosce».Il cammino del Sinodo è aperto, rispettoso della pluralità, delle sensibilità e delle divergenze di opinioni emerse dall’ampio dibattito, vivace e franco, svoltosi in questi giorni. E tutto questo in continuità con quanto auspicava il beato Paolo VI nella sua Apostolica Sollecitudo istituendo per la Chiesa universale il Sinodo.

    Egli parlava della «sollecitudine apostolica, con la quale, scrutando attentamente i segni dei tempi, cerchiamo di adattare le vie ed i metodi del sacro apostolato alle accresciute necessità dei nostri giorni ed alle mutate condizioni della società». Pur tenendo presente tutto ciò, sono personalmente convinto che oggi più che mai noi come Chiesa abbiamo un compito arduo, ma nello stesso tempo molto bello: formare le nuove generazioni a vivere la bellezza dell’amore, nonostante tutto. E’ bello (e anche possibile) essere fedeli. E’ bello (e anche possibile) trasmettere la vita. E’ bello (e anche possibile) amarsi PER SEMPRE.

    Questa è la VERITA’del matrimonio cristiano. Poi tanta misericordia e accoglienza con chi non ce la fa. Ma noi parroci questo atteggiamento pastorale lo viviamo da anni. A contatto con i veri problemi, aiutiamo, ogni giorno, la gente a curare le ferite, a guardare avanti con fiducia e a credere nell’amore. Credo che particolarmente nell’attuale contesto storico la testimonianza cristiana sia davvero lievito e fermento per questa società. Il cristianesimo non è stato mai, lungo il corso dei secoli, un fenomeno di massa. Chi si sposa in chiesa sceglie, consapevolmente e liberamente, di essere, nel mondo, segno dell’amore di un Dio fedele, fecondo e “sino alla fine”. Questa è la vera “profezia” del cristiano, oggi. Direi, un “segno dei tempi”.
    (Fonte foto: Rete Internet)

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