I CASALESI. OVVERO “LA PIOVRA”

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    I vari processi contro il potere dei casalesi ne hanno indebolito la struttura criminale. Ma vediamo perchè è ancora forte questa “piovra”. L”economia e la società di quei luoghi vanno aiutate a rinascere. Di Amato Lamberti

    Si continua a parlare di casalesi. Anche l’ultimo arresto, quello di Caterino (foto), ha fatto tornare alla ribalta questa organizzazione di cui molti giornali favoleggiano sulla sua invincibilità ma non ci aiutano a capire dove sta la sua vera forza. Cominciamo dal processo Spartacus.

    Da Spartaco a Spartacus. L’accostamento è, penso volutamente, paradossale. Come lo schiavo trace che, nell’antichità, osò sfidare la potenza dell’Impero Romano, per liberare dalla schiavitù i popoli soggiogati, lo Stato italiano, in questi ultimi anni, ha scatenato una guerra contro i poteri criminali, quelli dei “casalesi”,, che avevano ridotto in schiavitù l’intera Terra di Lavoro, usando l’arma democratica del giusto processo.
    Anche se i poteri criminali, alias, i casalesi, non sono stati cancellati dal territorio, come dimostrano le notizie che riempiono i giornali di oggi, i vari tronconi dell’inchiesta Spartacus, e i processi che ne sono derivati, hanno consentito:

    1. di infliggere colpi pesantissimi, in termine di condanne e di sequestro e confisca dei beni illecitamente accumulati;
    2. di far crollare l’aura di strapotere e invincibilità che circondava “i casalesi”, disarticolando completamente una organizzazione mafiosa capace di controllare, sul suo territorio, la vita delle persone, le attività economiche, le attività delle Pubbliche Amministrazioni, i flussi della spesa pubblica, comprese le sovvenzioni europee;
    3. di conoscere, nelle sue articolazioni diffuse sul territorio, una organizzazione criminale capace di tenere dentro, in un unico disegno criminale:

    il delinquente abituale, il poliziotto, il carabiniere e il finanziere, il vigile urbano, il commerciante al minuto e all’ingrosso, il venditore ambulante extracomunitario, la prostituta nigeriana, i delinquenti albanesi, il costruttore edile, il piccolo padroncino di un camion, l’imprenditore camorrista fornitore di calcestruzzo, il proprietario di cave, l’amministratore locale, il funzionario regionale, il politico regionale, deputati e senatori della Repubblica, funzionari e dirigenti di istituti bancari, amministratori di grandi aziende nazionali.

    L’elenco potrebbe durare ancora a lungo, ma serviva solo per dare un’idea della rete di connivenza, complicità, compartecipazione agli utili, messa in piedi e gestita dai “casalesi”. In alcune zone sembra difficile trovare delle persone che siano del tutto fuori dalla “tela di ragno” tessuta dai “casalesi”. Persino alcuni giornali, alcune radio e alcune televisioni, facevano parte a pieno titolo dell’organizzazione criminale.
    Il risultato più significativo ottenuto da Forze dell’ordine e Magistratura è, però, forse quello di avere aperto nel sistema criminale dei casalesi una fase di conflittualità interna, di guerra di tutti contro tutti, che ne sta sfaldando quella coesione che era il suo punto di maggiore forza (Vedi la mappa del potere a fondo pagina).

    In pratica, in 40 Comuni, quelli più significativi dal punto di vista della popolazione e dell’attività economica, compreso il capoluogo, della provincia di Caserta, la criminalità organizzata, e in particolare i casalesi, esercitano un controllo diffuso e costante. Un controllo che non si limita all’area aversana e casertana, ma si estende ormai stabilmente nell’area del Basso Lazio, province di Frosinone e Latina, e, attraverso i rapporti con la banda della Magliana, investe anche la stessa Capitale. Si allarga, inoltre, alle province di Napoli e di Salerno, dopo aver consolidato una presenza stabile nella città di Napoli. Questo per quanto riguarda il controllo criminale e violento del territorio.

    Per quanto riguarda le operazioni economiche e finanziarie di reinvestimento dei capitali accumulati attraverso il controllo dei traffici criminali, i casalesi si muovono ormai sull’intero territorio italiano, privilegiando la dorsale adriatica, dal Molise al Friuli, passando per l’Emilia e il Veneto, con un occhio sempre più attento alle possibilità di affari criminali e di reinvestimento offerte dai paesi dell’Est europeo, in particolare Romania, Bulgaria, Russia, Polonia, Ucraina. Ma ad est, i casalesi hanno lo sguardo lungo tanto è vero che si registrano presenze sempre più numerose in Cina.
    Ma come si spiega questa capacità organizzativa sia a livello di gestione di affari criminali e sia nel reinvestimento in attività controllate dal mercato pubblico, soprattutto, e privato? Normalmente, nelle indagini della magistratura e nei resoconti giornalistici, ci si sofferma sui mezzi adoperati e sulle attività realizzate.

    Ma con quali mezzi i casalesi si affermano? Con la forza dell’intimidazione, cui si aggiunge un sistema di corruzione e di coinvolgimento attivo negli affari dei clan che si allarga praticamente a tutti i livelli della società civile, da quello amministrativo, a quello imprenditoriale e politico. Un modello di controllo del territorio che, da un lato, si fonda sulla violenza più feroce e spietata, usata anche per terrorizzare, dall’altro, sulla corruzione sistematica che permette di tenere definitivamente sotto controllo quanti, professionisti, dipendenti pubblici, amministratori, politici, finiscono nella rete di complicità che sostiene e protegge le attività del clan.

    Ma quali sono le attività privilegiate dall’azione di reinvestimento? Solo a tenere dietro ai risultati delle indagini della Magistratura, l’elenco sarebbe lunghissimo. Innanzitutto l’edilizia, pubblica, privata, autorizzata ed abusiva, perché i casalesi nascono come muratori, capi mastro, piccoli imprenditori titolari di aziende individuali. Poi i trasporti, perché molti casalesi sono camionisti-padroncini, titolari di imprese individuali, che poi nel tempo crescono, per il movimento terra, per l’espurgo fogne, per il trasporto di calcestruzzo, per il trasporto di rifiuti, per il trasporto di carni macellate ma anche di residui di macellazione, ecc. Non c’è settore del trasporto in cui i casalesi non siano presenti e questo li rende spesso interlocutori obbligati delle imprese private come delle pubbliche amministrazioni.

    Il controllo dei trasporti ha permesso ai casalesi di espandersi, fino a diventare egemoni, nel settore dello smaltimento rifiuti, urbani e industriali, con tutte le conseguenze che i rapporti sulle ecomafie evidenziano costantemente, dallo smaltimento illegale, in discariche abusive o in terreni agricoli, di rifiuti tossici e nocivi delle aziende di tutta l’Italia nel casertano, nel giuglianese, nel nolano, con inquinamento permanente del territorio e delle falde acquifere, fino al controllo della raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani dei Comuni, acquisito spesso attraverso operazioni di corruzione di funzionari e pubblici amministratori e di intimidazione nei confronti di aziende concorrenti.

    Edilizia e trasporti sono i settori portanti delle attività economiche dei casalesi che, poi, si allargano ai settori del commercio all’ingrosso, della produzione e commercializzazione della mozzarella, dell’import-export di capi d’abbigliamento, scarpe e pelletterie prodotte dalla miriade di aziende sommerse del casertano e del napoletano, al controllo della produzione e commercializzazione di prodotti agricoli, soprattutto per lucrare sulle sovvenzioni regionali e statali e sui fondi messi a disposizione dalla Comunità europea.

    Un altro comparto importante è quello delle forniture ad enti pubblici, come ospedali, carceri, scuole, dai generi alimentari, alle suppellettili, alle apparecchiature, realizzate attraverso lo scoraggiamento violento della concorrenza, la corruzione di dirigenti e funzionari, ma anche delle direzioni politiche, anche per ottenere, oltre l’appalto di fornitura, anche l’assunzione di persone legate all’organizzazione criminale e interventi manutentivi di somma urgenza.
    Il settore che oggi appare in maggiore espansione, e nel quale i casalesi utilizzano anche la capacità di violenza della loro organizzazione criminale, è quello della rappresentanza di prodotti di largo consumo, come il latte, di aziende di rilievo nazionale, come la Parmalat.

    Le indagini della Magistratura hanno evidenziato come l’acquisizione della rappresentanza sull’intero territorio meridionale dei prodotti della Parmalat, aveva consentito alla stessa azienda di acquisire una quota di mercato molto più elevata di quella stabilizzata in altre zone d’Italia, e questo non solo per la bontà del prodotto o per la politica di acquisizione di altri marchi già presenti sul mercato locale, ma grazie alla forza di intimidazione che i casalesi erano stati in grado di mettere in atto nei confronti di supermercati e dettaglianti. La partecipazione dei casalesi non si è però limitata al piazzamento del prodotto sul mercato, ma si è estesa alla gestione delle aziende di produzione e trasformazione del latte, installate o acquisite sul territorio casertano e meridionale.

    Nessuna indagine è stata finora effettuata per quanto riguarda altri comparti produttivi di beni di largo consumo, come alimenti surgelati, gelati confezionati, piatti pronti, nei quali si registrano anomalie rispetto alle quote di mercato acquisite da alcune aziende, anche multinazionali.
    Come si è potuto osservare, i casalesi, sono una organizzazione criminale che ha imposto il suo potere su un territorio che si allarga continuamente, grazie al controllo malavitoso di segmenti importanti dell’economia, quasi sempre dipendenti da interventi delle pubbliche amministrazioni o dalle sovvenzioni regionali, statali, europee. Questo spiega l’interesse costante dei casalesi per il controllo delle pubbliche amministrazioni e per i rapporti con la politica, dal livello locale a quello nazionale, fino al tentativo spesso riuscito di partecipazione diretta, con propri uomini, alle competizioni elettorali, soprattutto di livello amministrativo locale.

    La forza del clan dei casalesi possiamo dire che riposa proprio sulle rete di collusioni e complicità che nel tempo è riuscito a costruire, tanto da poter affermare che uomini legati, anche solo da rapporti di corruzione, ai casalesi sono presenti in quasi tutte le amministrazioni locali, almeno nel casertano, così come negli Enti pubblici che sono centri di spesa, come le ASL, e in molte istituzioni, anche nei settori deputati al controllo della produzione e del lavoro, come al contrasto alla criminalità.

    Un modello “mafioso” nello stretto significato del termine, che meriterebbe una attenzione diversa da parte della Magistratura, intesa a portare alla luce e distruggere proprio quella rete di complicità, di connivenza, di corruttela, che coinvolge impiegati, funzionari, dirigenti di Enti pubblici e Pubbliche Amministrazioni, camionisti, commercianti, operai, artigiani, imprenditori, commercialisti, fiscalisti, avvocati, direttori sanitari, medici, infermieri, vigili urbani, poliziotti, carabinieri, finanzieri, consiglieri comunali, provinciali e regionali, assessori comunali, provinciali e regionali, sindacalisti, dirigenti politici, portaborse di politici nazionali, funzionari e dirigenti di Istituti di credito (tanto per limitarsi alle tipologie delle persone inquisite e condannate, nei diversi tronconi dell’inchiesta “Spartacus”) e che stringe la società e l’economia del casertano e del napoletano in una morsa di comportamenti e di mentalità così consolidati nella testa delle persone da apparire quasi ovvii e naturali perché non si coglie più nemmeno la loro natura illegale e criminale.

    Qualcuno dovrà pure avviare quell’opera di risocializzazione civile e culturale che, a chi vive ancora consapevolmente su questi territori, appare sempre più necessaria ed urgente. Gli strumenti possono essere quelli della scuola, del teatro, della musica, della cultura in tutte le sue espressioni. Ma il governo di un cambiamento così profondo e radicale può essere solo opera della Politica, con la P maiuscola, non certo di quella che conosciamo.
    Quanto tempo ancora il Mezzogiorno dovrà attendere i cento uomini di ferro, di cui parlava Guido Dorso, capaci di liberare il Mezzogiorno dall’arretratezza e dalla corruttela?
    Nel frattempo la Magistratura facesse almeno un poco di pulizia.
    (Fonte foto: Rete Internet)

    LA MAPPA DEL POTERE DEI CASALESI