In un comunicato Fim-Cisl, Uilm-Uil e Fismic hanno fatto sapere che Fiom non parteciperà ad un’eventuale assemblea sulla situazione Fiat. Domani i cassintegrati di Pomigliano scenderanno ancora in piazza. Dietro l’angolo il terzo stop alla nuova Panda.
Secondo fonti vicine alla Fiat i dati sull’ennesimo tonfo del mercato dell’auto faranno probabilmente anticipare a oggi la decisione del Lingotto circa l’ennesimo periodo di blocco delle produzioni a novembre.
Prospettiva che, se confermata, spianerebbe la strada al terzo stop da agosto nella grande fabbrica di Pomigliano produttrice della nuova Panda, la cui catena di montaggio è peraltro attualmente ferma fino alla ripresa prevista per il giorno 8 di ottobre. Dietro l’angolo, dunque, c’è ancora tanta cassa integrazione e questo capita proprio mentre la sinistra politica e sindacale affila di nuovo le armi della protesta. Per la mattinata di domani, infatti, sempre a Pomigliano, è prevista una manifestazione del comitato di lotta dei cassintegrati, che appena venerdì scorso qui sono scesi in piazza, con cortei e blocchi stradali, sotto le sigle della Fiom, della Confederazione Cobas e dello Slai Cobas.
La tensione dunque aumenta sullo sfondo di una sempre più preoccupante divisione nel sindacato confederale. Lo conferma il fatto che ieri Fim, Uilm e Fismic, cioè i sindacati firmatari del si al piano Fabbrica Italia, hanno comunicato alla Fiom, via fax, che convocheranno “le assemblee di tutti i lavoratori, ma senza la Fiom” e che quindi “non sarà possibile organizzare un’assemblea unitaria per discutere della situazione in cui si trova il settore automobilistico”. L’assemblea unitaria era stata invocata più volte dalla stessa Fiom e dal comitato di lotta dei cassintegrati, prevalentemente composto da iscritti ai metalmeccanici della Cgil (ma vi hanno aderito anche alcuni iscritti ai sindacati del sì).
“Visto che ci avevate già comunicato che non volete condividere l’accordo nuova Panda del giugno 2010 non ci sono le condizioni per dare il via a un percorso unitario”, la risposta dei sindacati firmatari, giunta alla stampa una settimana dopo la presa di posizione di Andrea Amendola, segretario regionale della Fiom, il quale aveva specificato che “l’oggetto dell’assemblea non poteva essere sottoposto allo strumentale diktat dei firmatari in quanto la necessità impellente è di fornire chiarimenti produttivi e occupazionali a tutti i lavoratori, di Fip ed Fga”, cioè agli addetti delle due aziende che coesistono nel perimetro dello stabilimento partenopeo. Della prima società, la Fabbrica Italia Pomigliano, fanno parte 2150 dipendenti riassunti sulla base del contratto newco, creato per Pomigliano e poi esteso a tutto il gruppo con il più complessivo contratto dell’auto.
Sotto le insegne di Fga, vale a dire di Fiat Group Automobiles, si trovano invece circa 3000 lavoratori, indotto compreso, in maggioranza in cassa integrazione da molto tempo. “Molti si chiedono quale sia il futuro di Pomigliano: io sono fiducioso sul futuro di Pomigliano perché sono convinto che la ripresa prima o poi ci sarà e perché sempre qui la Fiat ha investito 800 milioni”. Non la pensa così Maurizio Mascoli, della segreteria regionale Fiom: “Il fatto che i firmatari abbiano rifiutato l’assemblea unitaria è la dimostrazione che ancora una volta con un argomento strumentale si evita il confronto unitario con i lavoratori. Ed è ancor più grave perché le decisioni di Marchionne sugli investimenti in Italia, e quindi anche a Pomigliano, dove non basta la Panda, mettono in discussione l’occupazione di migliaia e migliaia lavoratori di fiat e dell’indotto: una decisione grave di cui dovranno assumersi le responsabilità”.