Coltivazioni al veleno a Polvica

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Ancora emergenza, seppur non dichiarata, per l’incendio che il 26 Aprile ha distrutto un deposito di razzi. L’associazione Rifiutarsi denuncia ancora una volta il silenzio delle istituzioni e il pericolo per l’incolumità pubblica.

Sono passate tre settimane dall’incendio chimico di Polvica che ha interessato il deposito di una fabbrica di fuochi e razzi. Nell’incendio, domato dopo più di un giorno, bruciarono grosse quantità di zolfo, poliuretano e magnesio nel silenzio totale delle istituzioni, che non si sono ancora premuniti di avvisare i cittadini sui possibili rischi per la salute.

L’associazione Rifiutarsi denuncia ancora una volta l’indifferenza dei sindaci di quei comuni che tre settimane fa furono raggiunti dall’enorme nube tossica formatasi subito dopo le fiamme e che anche le campagne e gli abitati di tutta la zona. “Nessun comune si è degnato di rispondere alle nostre richieste e a quelle dei cittadini. È evidente che i sindaci di Nola, Tufino, Cicciano, Camposano e Comiziano stanno usando la classica tattica del “vuttamm a scurdà”. L’unico a rilasciare dichiarazioni è stato il sindaco di Roccarainola, Raffaele De Simone, il quale ha affermato che non ci sono rischi per la salute della popolazione. Pausa di riflessione: ne siamo proprio sicuri? Non bisogna dimenticare che il deposito chimico andato a fuoco sorge, o meglio sorgeva, in un’area di Polvica denominata località Difesa”, denuncia il gruppo chiosando:

“Località Difesa è una zona già nota alle cronache giudiziarie. Dagli anni ’80 e fino al 2000, per ben 20 anni, in quest’area sono stati scaricati rifiuti tossici e industriali in una cava a fossa chiamata Cava Difesa. La suddetta cava si trova a 100 metri dal punto dove sorgeva il deposito chimico andato in fiamme il 26 aprile. La cosa più imbarazzante è che su Cava Difesa esiste una sentenza definitiva della magistratura del 2008. Nella sentenza si parla di 500 mila metri cubi di solventi chimici, residui di fonderia, metalli pesanti e numerosi bidoni, che non si è riuscito a capire cosa contengano, presenti sul fondo della cava. Il problema è che l’avidità dei “soliti ignoti” li ha portati a scavare così in profondità da mettere in contatto il fondo della cava con la falda acquifera. Prova ne è un laghetto, dall’aspetto innocuo, che compare ogni anno verso maggio per poi riscomparire verso settembre-ottobre.

Le indagini della magistratura hanno appurato che purtroppo non si tratta di un lago d’acqua piovana. Infatti, la superfice del lago è in costante movimento poiché in collegamento con la falda sotterranea. Inoltre, la stessa acqua di falda, intrisa di sostanze tossiche, è usata dai contadini per irrigare i campi a valle. Il comune di Roccarainola si era offerto di bonificare il sito già nel 2006 ma ad oggi non è stata intrapresa alcuna azione di risanamento della cava”.

“Ora – dichiarano i membri del movimento – sapendo che i prodotti agricoli di Polvica hanno ormai assimilato le sostanze tossiche della nube del 26 aprile e che sono coltivati con acqua di falda inquinata, voi vi sentireste tranquilli nel portarli in tavola?”.
(Fonte foto: www.rifiutarsi.it)