COME REAGISCONO I CITTADINI ALLA CULTURA POLITICA DOMINANTE

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Partendo da argomenti già affrontati in articoli precedenti, è necessario fare il punto sulle reazioni dei cittadini, se e quando contrastano la cultura dominante.

Nella città del tiranno si possono formare due tipi di reazioni: una di opposizione e una di ribellione. Entrambe sviluppano il tema della ricerca di un contrasto alla cultura imperante, ma le metodologie che usano sono diverse.

La diversità dipende dalla tipologia della tirannide: se il tiranno è persona intelligente, come quelli della prima età greca (ricordiamo Clistene, tra essi), che ebbero comunque il merito di indebolire la classe aristocratica, aprendo la strada a nuovi equilibri, allora la città gode di un’opposizione creativa, di una fascia della popolazione che è attenta ad altri ideali politici, rispetto a quelli dominanti, ma se il tiranno è accecato dalla follia del protagonismo a tutti i costi il contrasto diventa ribellione.

Con l’avvento della democrazia in Grecia, infatti, il tiranno si connotò negativamente come il capo crudele, che usava un potere assoluto in modo arbitrario come appunto Dioniso di Siracusa, già citato nel predente articolo. Questa tipologia di tiranno genera la ribellione, una reazione compatta nella parte più viva e creativa della popolazione, che adotta a sua volta strumenti violenti di opposizione.
Cosa c’entra tutto questo con Berlusconi e le nostre città moderne?

Berlusconi coarta la ribellione, perchè traveste di sè stesso i suoi sudditi e quindi impedisce abilmente di far germinare il bisogno di spodestarlo. Come se non bastasse, poi, trova il tempo e l’abilità di originare lui stesso un’opposizione, la crea ad arte, in mancanza di un’efficace risposta dei gruppi politici che oggi si dicono avversari politici sia a livello locale, sia a livello nazionale.

A livello locale il potere si esprime solo nella clientela e l’opposizione lo segue ossequiente. Opposizione vuol dire, sviluppare una progettualità alternativa, che si radichi gradualmente nella città, invece nei nostri territori, tranne che in rari esempi, si traduce in convegni a cui partecipano gli stessi che li organizzano; in qualche sgrammaticato manifesto che non riesce a comunicare nemmeno un’informazione precisa e in lotte intestine all’interno dei partiti, di quei pochi che ci sono sempre stati, che conducono riti stanchi e impediscono a chicchessia di interloquire con logica civile.

A livello nazionale poi l’opposizione è incapace di esprimere unità e il dissenso trova spazio solo sui giornali o nelle trasmissioni televisive e si traduce in un litigio perenne, infecondo e sostanzialmente ridicolo.
In definitiva la città invisibile dell’opposizione è segnata dal terrore di caricarsi di una responsabilità e dalla mancanza di coraggio nel coltivarla: così la follia berlusconiana continua imperterrita e pervasiva.

LE CITTÁ INVISIBILI