La cattura di “pericolosi” latitanti incide poco o niente sulla lotta al crimine organizzato. Ciò che dovrebbe essere intaccato, invece, sono connivenze e complicità, vero motore della camorra.
Di Amato Lamberti
In questi ultimi mesi si è fatto un gran parlare di svolta nella lotta alla criminalità mafiosa da parte del ministro Maroni, in conseguenza di numerosi arresti di “pericolosi” latitanti e del sequestro di beni a delinquenti e prestanome. Persino giornali notoriamente ostili al governo hanno inneggiato a quello che è stato indicato come un cambiamento di atteggiamento lungamente atteso. Nessuno sembra essersi reso conto che nel mentre si arrestano, e giustamente, malavitosi di manovalanza, non si sciolgono Comuni neppure quando sono i prefetti a chiederlo e non si perseguono amministratori accusati di collusioni e connivenze.
L”impressione è quella dell”ennesima operazione mediatica per rassicurare i cittadini sulla capacità dello Stato di fronteggiare il crimine, senza intaccare i poteri mafiosi che con lo Stato intrattengono rapporti consolidati , come dimostrano le dichiarazioni del figlio di Ciancimino, ma anche i risultati dell”inchiesta Spartacus, che ha portato alla condanna di tanti delinquenti come Schiavone e Bidognetti, ma ha prosciolto politici, amministratori, tecnici e professionisti.
Eppure, la forza del clan dei “casalesi” possiamo dire che riposa proprio sulle rete di collusioni e complicità che nel tempo è riuscito a costruire, tanto che molti magistrati possono affermare che uomini legati, anche solo da rapporti di corruzione, ai “casalesi” sono presenti in quasi tutte le amministrazioni locali, almeno nel casertano, così come negli Enti pubblici che sono centri di spesa, come le ASL, e in molte istituzioni, anche nei settori deputati al controllo della produzione e del lavoro, come al contrasto alla criminalità.
Come dice il magistrato Raffaello Magi, “La rete economica e relazionale di una organizzazione camorrista è rappresentata da un intreccio di interessi e di fenomeni che, per quanto è dato comprendere, restano in buona parte immuni alle verifiche giudiziarie. Le organizzazioni criminali si alimentano attraverso la penetrazione nel mercato, sfruttano le maglie di una imprenditoria spesso bisognosa di protezioni, si pongono come “mediatori del consenso” in occasione di competizioni elettorali, realizzano investimenti che offrono lavoro a soggetti affiliati e non, condizionano spesso le scelte delle piccole amministrazioni locali”.
E aggiunge che: “:sono stati presi in esame i rapporti dell”organizzazione con alcuni esponenti politici -ma nel processo (Spartacus 2) non si è raggiunta la prova di una responsabilità penale di tali soggetti- e alcuni appartenenti alle forze dell”ordine, con alcune condanne”.
In pratica, l”apparato di controllo repressivo dello Stato, riesce solo a colpire il livello criminale delle organizzazioni camorriste, quelli che sparano ed ammazzano, mentre sulle reti di connivenza e di complicità che permettono alle organizzazioni di diventare tanto potenti da metterle in grado di condizionare ed alterare l”economia, l”amministrazione pubblica, la politica di interi territori non riesce ad ottenere risultati se non quando si accertino comportamenti criminali.
(Fonte foto: Rete Internet. Repertorio)