Se volessimo approfondire il tema della città invisibile, a cui abbiamo fatto riferimento quindici giorni fa, dovremmo parlare della città di Berlusconi.
Di Michele Montella
Anche Berlusconi come Minosse ha una civiltà a cui può intitolare il suo nome e come quella minoica la sua è una città inestricabile, in cui presto o tardi ci si trova di fronte ad un inestricabile labirinto. La città di Berlusconi viene considerata l’evoluzione naturale del dedalo labirintico: egli tiene prigionieri eppure, in qualche modo, ci dà l’impressione di essere liberi e di poterci muovere come vogliamo. Il vero mostro non è lui, siamo noi che non riusciamo a raccapezzarci e troviamo inutile ormai anche riflettere su ciò che avviene.
Questa città non è, come qualcuno può incautamente immaginare, la città del “grande fratello” di George Orwell, in cui il capo ti vede, ma al contrario è la città dello specchio, in cui ciascuno, passeggiando per le vie, affacciandosi ai palazzi, stando comodamente al bar, vendendo e comprando mercanzie, non vede altri che se stesso. Il cittadino della città di Berlusconi non si duole di questa condizione, anzi le attribuisce un indice di gradimento altissimo, perchè così non corre il rischio di trovarsi di fronte a qualcosa o a qualcuno di sconosciuto, ritenuto il nemico capitale proprio perchè ignoto, distante, altro da sè.
Il labirinto è costituito da specchi misteriosi che riflettono alla perfezione la realtà, sebbene nessuno dei cittadini riesca a capire (e nemmeno gliene importa di capire) quale sia la realtà riflessa.
Il labirinto dei berlusconiani mescola realtà e verità: “È vero ciò che vedo e siccome vedo solo me stesso è vera solo la mia immagine”.
Tutti gioiscono di questa felice condizione, tutti ne partecipano e nessuno più, ormai da vent’anni, aspetta un Dedalo intelligente che provi a costruire un paio di ali per scappare via.
(Fonte foto: Rete Internet)